Non avrai altro dio
Il monoteismo e il linguaggio della violenza
Jan Assmann
Sommario ▫▫▷ (scheda)
▫▫▷ ‹Introduzione› [pp. 7-12]
▫▫▷ I. Critica della violenza religiosa [pp. 13-24]
▫▫▷ II. Non avrai altro Dio [pp. 25-36]
▫▫▷ III. Trauma e rimozione. La diagnosi di Freud [pp. 37-52]
▫▫▷ IV. Genesi della violenza iconoclasta [pp. 53-66]
▫▫▷ V. Legge e violenza [pp. 67-86]
▫▫▷ VI. Il linguaggio della violenza e la sua origine politica [pp. 87-103]
▫▫▷ VII. Dal linguaggio della violenza all’esercizio della violenza [pp. 105-119]
▫▫▷ VIII. Rivelazione e violenza [pp. 121-131]
▫▫▷ Conclusione [pp. 133-134]
• ‹Note› [pp. 137-147]
In copertina (in verticale, sotto l’ultima parola del titolo)
Bisognerebbe far in modo che le religioni monoteiste, nate dallo spirito della politica, fossero radicalmente depoliticizzate, così che all’ordine del politico, inconcepibile senza la violenza, si possa contrapporre un altro ordine, il cui potere si fondi sulla non violenza.
2ª di copertina
Jan Assmann è professore di Egittologia nell’Università di Heidelberg. Fra i suoi libri: «La memoria culturale» (1997), «Potere e salvezza» (2002), «La morte come tema culturale» (2002), pubblicati da Einaudi, e «Mosè l’egizio» (Adelphi, 2000).
3ª di copertina
Cover design: Miguel Sal & C.
4ª di copertina
Perché la violenza nel nome di Dio?
Di fronte alla violenza inaudita che viene commessa nel nome di Dio e delle Scritture è lecito chiedersi se esista una violenza intrinseca del discorso religioso monoteista.
Rileggendo alcuni brani dell’Antico Testamento, Assmann ritrova le radici storiche di tale violenza nel carattere esclusivo dell’unico Dio e nell’immagine di una divinità che si mostra irata e punitiva.
Tuttavia contesta che la violenza rappresenti una conseguenza necessariamente inscritta nel monoteismo, e conclude che essa nasce, piuttosto, dall’uso che della religione è stato fatto in senso politico e fondamentalista.
A pagina 4
[…] Traduzione dal tedesco di Francesca Rigotti. […]
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RICERCHE NEI POST
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Per visualizzare solo i post relativi all’autore, immettere nella casella di ricerca (Cerca nei post) la stringa “authp_J_a_n_A_s_s_m_a_n_n” (senza virgolette), oppure fare click qui.
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Ovviamente è possibile ricercare le occorrenze di un termine, ad esempio “accadico”, senza restingere la ricerca né all’autore, né all’opera, immettendo, nella casella di ricerca (Cerca nei post), soltanto il termine cercato: “accadico” (senza virgolette); per vedere il risultato, fare click qui.
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NOTA: al momento, è possibile cercare soltanto parole intere e non è implementato l’uso delle ‹wildcards› (caratteri jolly).
Gli stessi criteri di ricerca sono utilizzabili anche nell’archivio di origine (Scaffale, accesso su invito), in cui la copertura del testo è maggiore; in questa ‹Collectanea› sono riportate solo eventuali premesse o introduzioni, più qualche post significativo.
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ANNOTAZIONI E SPUNTI
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COMMENTO – Una recensione, tratta dai commenti sul sito delle Biblioteche di Roma (https://www.bibliotechediroma.it/) è la seguente:
Nella sua Conclusione, volendo condensare in un unico capoverso il percorso seguito nell’intero volume, Assmann ne evidenzia al contempo la contraddittorietà; il monoteismo si sarebbe affermato per reazione alla crescente pressione del potere politico sull’individuo, e il “linguaggio della violenza” sarebbe insito nella sua valenza rivoluzionaria; ma la violenza pertiene (perterrebbe) alla politica, piuttosto che alla religione (al monoteismo); occorre quindi depurare quest’ultima (quest’ultimo) dalle scorie della commistione con la politica perché se ne possa realizzare appieno la funzione intrinsecamente liberatoria; come se la religione e il monoteismo non fossero essi stessi promotori dell’oppressione e dello sfruttamento dell’uomo sull’uomo, ‹instrumentum regni›. Ma c’è di più: nell’analisi di Assmann è completamente assente il concetto di “alienazione religiosa”; se la religione intende costituirsi come superamento della politica, il suo fondarsi sull’alienazione religiosa, cioè sul mettere fuori dell’uomo ciò che gli è interno, la pulsione, ne fa inevitabilmente un ponte verso la malattia mentale, e ci pare un “superamento” tutt’altro che auspicabile. Lettura comunque interessante, per i numerosi riferimenti a testi più o meno canonici, dall’Antico Testamento a Mendelssohn.
NOTA 1: il titolo originale non è riportato nella traduzione italiana, ma deve trattarsi di ‹Monotheismus und die Sprache der Gewalt› (Picus, Wien 2006), che corrisponde al sottotitolo dell’edizione italiana – ma potrebbe, per la solita ambiguità tra “lingua” e “linguaggio” nella lingua tedesca, essere tradotto come “Il monoteismo e la lingua della violenza” – ed è stato pubblicato un anno prima. Curiosamente, nella pagina di wikipedia in italiano (https://it.wikipedia.org/wiki/Jan_Assmann), l’opera non compare nell’elenco dei titoli in lingua originale (quasi tutti in tedesco, tranne uno in francese e uno in inglese, vedi pagina di wikipedia alla sezione “Opere”), mentre viene menzionata l’edizione italiana tra le traduzioni in italiano; l’opera originale compare invece nell’elenco delle opere della pagina di wikipedia in tedesco (https://de.wikipedia.org/wiki/Jan_Assmann).
NOTA 2: il passo riportato sulla copertina, ma in verticale, in forma di stele o di colonna sotto il titolo principale, o forse a formare con questo una croce, è tratto dalla breve ‹Conclusione› con la quale Assmann chiude il volume.
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[] J. Assmann (2006), ‹Non avrai altro dio›, il Mulino, 2007.
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