Forse sintonizzandosi con questa visione del mondo e della composizione letteraria, Sabina Knight sceglie di arricchire i titoli dei cinque capitoli in cui suddivide il suo libro con parole che possono sorprendere, almeno in quattro casi su cinque. Leggiamo infatti di pesci, alcolici, sogni, fermate d’autobus… Viene spontaneo chiedersi cosa c’entrino, nel primo capitolo, i pesci con l’etica e le parabole (termine che va inteso secondo l’accezione latina e non cristiana). E le fermate d’autobus, cosa hanno a che fare con i traumi della letteratura moderna? Si tratta certo di una strategia per incuriosire il lettore, ma la motivazione profonda forse è un’altra: l’autrice sceglie una piccola parte per rappresentare simbolicamente un tutto dotato di senso, una parte che, come appunto una sineddoche, rappresenta una totalità più ampia e complessa, ma in fondo risonante delle stesse caratteristiche. Ciò è particolarmente evidente nel quinto capitolo, i cui contenuti sembrano essere una sorta di ampliamento progressivo, quasi per cerchi concentrici, delle tematiche toccate nella ‹pièce› teatrale ‹Fermata d’autobus› (1983) di Gao Xingjian, Nobel per la letteratura nel 2000. Lo stesso intento “sineddotico” può essere colto nell’uso che l’autrice fa dei brani antologici, scelti non soltanto per il loro valore letterario intrinseco, ma anche come vere e proprie chiavi di accesso a tematiche, modalità espressive, caratteristiche stilistiche particolarmente rilevanti nella produzione letteraria cinese.
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K E Y W O R D S
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[] S. K n i g h t, ‹L e t t e r a t u r a c i n e s e›, H o e p l i, 2 0 2 1.
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