CorSera (16/3/2007) • Heidegger cattolico (4)

  •  T o r n o  (2 0 0 7)  •  H e i d e g g e r  c a t t o l i c o  •

Nel secondo scritto polemico (10 aprile), tra l’altro, Heidegger confuta l’idea che le ricerche dei gesuiti siano viziate dalla «non libertà di pensiero», invita l’avversario a leggere bene Kant e nota che con il suo procedere logico «non si dimostra assolutamente nulla». Peccato che il 19 aprile la replica non sia di Martin, giacché l’articolo ricorda l’impossibilità di dimostrare la derivazione dell’uomo dalla scimmia; comunque il terzo colpo è del 17 maggio di quel 1911. In esso sottolinea: «Aspetto a tutt’oggi ancora una risposta alle questioni che ho posto», facendo intendere che tutte le repliche sono di modesto parere, o meglio da «scrittori di mezza tacca». La quarta — 22 maggio — si acutizza sui concetti di conoscenza e dimostrazione; la quinta — il 31 — offre un affondo finale contro il modernismo in senso lato: «È un’affermazione insostenibile quella che identifica l’essenza della dimostrazione con l’esperimento. Dimostrare è una funzione del pensiero che si serve del comprendere, del giudicare e del concludere». Dunque: in questi frammenti c’è un giovane che sta passando alla filosofia. Il suo nome, nel volgere di qualche anno, diventerà centrale per il pensiero. Ancora oggi lo si maledice o lo si ringrazia, ma i conti con lui occorre farli. E tutto è iniziato tirando fendenti ai modernisti.

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CorSera (16/3/2007) • Heidegger cattolico (3)

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Ma c’è altro. Egli trova i mezzi per argomentare contro l’epistemologia che si fa largo nella teologia del primo ’900, contro le contaminazioni tra piano logico e psichico. Nella prima risposta «al filosofo del Grenzbote» (7 aprile 1911), che resta anonimo, Heidegger nota che come lo Stato punisce ciò che minaccia la sua esistenza e il buon costume, allo stesso modo la «Chiesa ha il diritto e il dovere di tutelare i credenti, mettendo in guardia dai pericoli che minacciano fede e morale; può perciò chiedere che i più alti beni dell’uomo possano non venire umiliati, derisi ed esposti al ridicolo da chiunque, in discorsi e scritti, liberamente e senza ostacolo». Tra l’altro, rimanda a un testo del reverendo Heiner, uscito in terza edizione a Mainz nel 1905, dove si difende il Sillabo di Pio IX. Roba da causare, già in quell’epoca, l’orticaria ai liberali (o a coloro che tali si credevano e credono). È ancora Heidegger in questa prima polemica a ricordare all’avversario di conoscere poco e male la logica: «Una cosa è il concetto di tolleranza dogmatica, un’altra quello di tolleranza borghese e un’altra ancora quello di tolleranza statale. In linea di principio, la Chiesa, come custode della verità, deve respingere l’idea secondo cui tutte le religioni sarebbero vere allo stesso modo; infatti c’è solo una verità». Di più: la frase «extra ecclesiam nulla salus» (al di fuori della Chiesa non c’è salvezza), Heidegger sottolinea che «non è enunciazione di fatto, ma un principio. Resta quindi sempre la possibilità di partecipare alla grazia della redenzione per chi si trovi nell’errore senza colpa».

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CorSera (16/3/2007) • Heidegger cattolico (2)

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Non staremo a indicarvi altre vicissitudini, diremo soltanto che Alfred Denker ha da poco scoperto alcuni scritti di Heidegger rimasti finora sconosciuti. Sono due brevi saggi, due recensioni, una dichiarazione firmata da alcuni studenti (tra i quali c’è, appunto, Martin), dei resoconti di conferenze e soprattutto cinque articoli con i quali il futuro autore di ‹Essere e tempo› polemizza — scrivendo sul foglio cattolico locale «Heuberger Volksblatt» — contro la rivista liberale edita a Messkirch «Oberbadischer Grenzbote», vero e proprio covo modernista. Saranno esaminati in un saggio di Alberto Anelli («Heidegger e il modernismo») e pubblicati in italiano per la prima volta, con una serie di considerazioni sui nuovi ritrovamenti, sul bimestrale «Humanitas», che nel prossimo numero (in uscita a fine mese) ospita appunto una sezione sul modernismo in Europa, coordinata da Maurilio Guasco. «Humanitas» è pubblicata dalla Morcelliana di Brescia e diretta da Ilario Bertoletti. Che valore hanno tali polemiche giovanili della primavera 1911, quando Heidegger aveva 22 anni? Basta dare un’occhiata ai cinque articoli per rendersi conto che qui c’è la traccia di una svolta epocale che si era dimenticata: in essi è possibile indicare il suo passaggio dalla teologia alla filosofia. Vicino ai valori tradizionali del cattolicesimo, ai gesuiti, contrario ai venti modernisti che in quegli anni spiravano nella Chiesa, apologeta del papato: ecco sommariamente il giovane Martin.

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CorSera (16/3/2007) • Heidegger cattolico (1)

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Nel 1972 furono pubblicati per la prima volta gli scritti giovanili di Martin Heidegger che fecero conoscere a un vasto pubblico i testi da lui elaborati tra il 1909 e il 1919. Oltre alle opere più note di quel tempo — citiamo la dissertazione per la libera docenza a Friburgo ‹La teoria delle categorie e del significato in Duns Scoto› (tradotta da Laterza) — non mancavano studi di logica, corsi e seminari su Kant, Aristotele, Fichte. È un periodo fecondo, che più tardi si arricchirà con ricerche sui mistici medievali, la fenomenologia religiosa, i rapporti tra Agostino e i neoplatonici. L’opera fondamentale, ‹Essere e tempo›, è lontana (uscirà nel 1927), così come Hitler e le polemiche che investiranno il filosofo. Nel 1980, un articolo di Bernhard Casper apparso in «Freiburger Diözesan-Archiv», dava il via alle indagini biografiche sul giovane pensatore, spostando l’attenzione sul periodo che precedeva il dottorato. Victor Farias e Hugo Ott, poi, individuavano nuovi testi e nel 2000 li pubblicavano nel volume 16 delle ‹Opere› che stanno uscendo presso Klostermann di Francoforte (102 volumi previsti, dei quali sono disponibili in tedesco poco più della metà).

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CorSera (16/3/2007) • Heidegger cattolico (0)

  •  T o r n o  (2 0 0 7)  •  H e i d e g g e r  c a t t o l i c o  •

Heidegger cattolico


INEDITI — Negli scritti giovanili il passaggio dalla teologia alla filosofia

Un profilo sconosciuto del pensatore antimodernista e vicino alla Chiesa

di Armando Torno
Corriere della Sera - (Archivio) — 16/3/2007
(16 marzo 2007), p. 57.

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Repubblica (3/2/2006) • Il volto del Profeta… (…2b)

  •  A l l a m  (2 0 0 6)  •  … S t o r i a  d i  u n  d i v i e t o  •

[⇐]  Inoltre, per capire meglio la questione del divieto di raffigurazione, bisogna considerare il livello antropologico, per osservare che questa cultura di rifiuto della personificazione iconica corrisponde anche a un rifiuto del corpo nelle società islamiche. D’altra parte, sin dall’inizio l’islam si è opposto a tutte le forme di idolatria, e ai culti delle diverse divinità che venivano rappresentate con immagini o statue; vietando la rappresentazione, l’islam nascente si distingueva dal cristianesimo e da altre religioni. Ma, come già detto, a livello giuridico non esiste un vero e proprio divieto. Perciò la questione è sempre stata molto dibattuta nella storia dell’islam, e ancor oggi il dibattito è aperto. Il wahabismo — la dottrina puritana dell’islam, nata alla fine del XVIII secolo nell’attuale Arabia Saudita — ha ulteriormente irrigidito quel divieto, considerando la sua trasgressione come infedeltà all’islam. All’epoca il wahabismo distrusse ad esempio le tombe di importanti santi musulmani, perché considerava blasfemo [sic!] qualunque rappresentazione iconica o culto che non fosse quello del Dio unico. Anche oggi un segmento del mondo musulmano è attraversato dal wahabismo, sotto diverse forme. Ciò spiega in parte le vivaci reazioni di molti musulmani alle vignette satiriche comparse su alcuni quotidiani europei. Questo episodio porta alla questione del rapporto fra sensibilità musulmana e democrazia come libertà di espressione. E in questo caso sono ambedue penalizzate.

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Repubblica (3/2/2006) • Il volto del Profeta… (…2a…)

  •  A l l a m  (2 0 0 6)  •  … S t o r i a  d i  u n  d i v i e t o  •

[⇐]  Nel testo coranico non vi sono indicazioni di questo tipo riguardo alla figura del Profeta. Mentre esistono riferimenti di questo tipo nella tradizione profetica degli Hadith (testi che riportano detti e gesta del Profeta), in particolare la Sunna di al-Bukhari. Un verso di quest’ultima recita: La’ an Allah al-mussawwirin (“La maledizione di Dio su coloro che rappresentano immagini”). Con tutta probabilità quelle parole del Profeta erano riferite all’idolatria della società preislamica; ma in seguito l’islam le ha interpretate in modo estensivo e massimalista, finendo per costruire una psicologia che rifiuta l’immagine come modalità di accesso alla spiritualità. Questa tendenza ha finito per diventare un divieto quasi assoluto, che però non è stato sempre rispettato. Ciò che si può affermare è che una parte del mondo islamico ha fatto prevalere un’interpretazione massimalista, vietando anche la raffigurazione iconica del Profeta, e indirettamente ponendo un blocco su tutta la creazione artistica nell’islam: perché, secondo un’interpretazione rigorista, anche altre arti come la musica sarebbero da vietare. Nei periodi di ripiegamento dell’islam o di irrigidimento delle società musulmane, tali questioni divengono facilmente anche questioni politiche.  [⇒]

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Repubblica (3/2/2006) • Il volto del Profeta… (2…)

  •  A l l a m  (2 0 0 6)  •  … S t o r i a  d i  u n  d i v i e t o  •

Si tratta della questione dell’aniconismo nell’islam, che si traduce nel divieto di rappresentare o personificare l’immagine di Dio, e più anche immagini umane [sic!]. Nell’arte islamica la necessità di relazionarsi a Dio con lo sguardo, di rivolgersi a una qualche immagine divina, è stata ripresa dal ruolo della calligrafia. L’arte calligrafica nell’islam compensa e sostituisce l’immagine, la rappresentazione iconica di Dio. È soprattutto la cultura araba che ha fatto proprio e amplificato questo divieto; al contrario nelle culture periferiche dell’islam — intendiamo per periferiche le culture che escono dalla geografia araba — il divieto di rappresentare le figure dei santi musulmani o dello stesso Profeta è stato meno rispettato nel corso della storia. In effetti, nelle miniature moghul (il regno musulmano dell’India), dell’impero turco-ottomano o della civiltà persiana, soprattutto nei periodi di maggiore apertura dei sovrani, si possono trovare miniature che rappresentano anche il volto del Profeta. Tutto ciò richiede di ragionare sul piano giuridico, forse più che sul piano teologico, e di chiedersi se davvero nell’islam esistano testi che vietano espressamente la rappresentazione.  [⇒]

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Repubblica (3/2/2006) • Il volto del Profeta… (1)

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In una celebre miniatura del XVI secolo custodita nel museo Topkapi di Istanbul, è rappresentato l’angelo [sic!] Gabriele che offre la città di Medina su un sontuoso vassoio al Profeta Mohammed. Accanto a lui ci sono altri personaggi, probabilmente i compagni del profeta, i famosi “califfi ben diretti” (Rashidun). Si nota una particolarità: il volto del Profeta che sta per ricevere in dono la città è uno spazio vuoto, privo di segni e di colori. Nel ritrarre il Profeta senza rappresentare il suo volto, il miniaturista più che una tradizione giuridica ha espresso un riflesso culturale, quasi antropologico, per cui nella civiltà islamica si è sempre trovata difficoltà nel ritrarre ciò che appartiene all’ordine divino.

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Repubblica (3/2/2006) • Il volto del Profeta… (0)

  •  A l l a m  (2 0 0 6)  •  … S t o r i a  d i  u n  d i v i e t o  •

Il volto del Profeta


Storia di un divieto


di Khaled Fouad Allam
Repubblica — 3/2/2006 (venerdì 3 febbraio 2006)

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L’anello… • a3. Gatto falso, cane bugiardo (11)

  •  L o r e n z  (1 9 4 9)  •  a3.  G a t t o  f a l s o,  c a n e  b u g i a r d o  •

La mia cagna Stasi ricorreva ad altri espedienti per i suoi imbroglietti. È noto che molti cani non solo sopportano male le sofferenze fisiche, ma amano anche molto farsi compatire, e, se sanno di poterci ricavare qualcosa, imparano con sorprendente rapidità il modo per influenzare in un determinato senso una persona compassionevole. Durante un lungo giro in bicicletta che facemmo a Posen, Stasi per l’eccessiva fatica si era provocata una leggera infiammazione a un tendine della zampa anteriore sinistra. Poiché zoppicava molto, per alcuni giorni io dovetti rinunciare alla bicicletta e camminare a piedi con lei, e anche in seguito cercai di risparmiarla: quando osservavo che era stanca o che incominciava a zoppicare, pedalavo lentamente. L’astuta bestia se ne rese conto ben presto, e dopo poco tempo incominciò a zoppicare ogni volta che io imboccavo una direzione a lei sgradita: se da casa mia mi recavo all’ospedale dove lavoravo abitualmente, o ancor peggio se andavo all’ambulatorio di un altro ospedale, dove per molte ore avrebbe dovuto far la guardia alla mia bicicletta in un posto che le era antipatico, si metteva a zoppicare in un modo così compassionevole che mi buscavo i rimproveri dei passanti. Se invece io andavo al maneggio militare, dove l’attendeva una corsa per i campi, il dolore scompariva. Ma l’inganno divenne particolarmente trasparente un sabato pomeriggio in cui io ero libero dal lavoro: la mattina, quando ero di servizio, la povera bestia non riusciva quasi a tener dietro alla mia bicicletta, neppure alla velocità più ridotta; il pomeriggio, quando percorsi di gran carriera i sedici chilometri che mi separavano dal lago di Ketsch, Stasi non si limitò a correre ‹dietro› alla bicicletta, ma mi precedette sulla strada a lei ben nota con un indiavolato galoppo. E il lunedì ricominciò a zoppicare!

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L’anello… • a3. Gatto falso, cane bugiardo (9-10)

  •  L o r e n z  (1 9 4 9)  •  a3.  G a t t o  f a l s o,  c a n e  b u g i a r d o  •

Si potrebbe spiegare questo comportamento anche in modo più semplice, ricorrendo alla fisiologia degli stimoli, ma il fatto che Bully imparò a ricorrere alla stessa bugia anche per un inganno del tutto diverso dimostra chiaramente la presenza di una funzione conoscitiva.

Come per tutti i nostri cani, anche per lui vigeva la legge di non perseguitare i nostri numerosi volatili. Egli però si irritava molto se i nostri polli si interessavano ai resti dei suoi pasti, benché anche in questo caso non avesse il coraggio di perseguitarli apertamente, o meglio, non avesse il coraggio di ammettere che li perseguitava: quindi si avventava abbaiando furiosamente sulla schiera delle galline che si sparpagliavano schiamazzando, ma poi, invece di inseguirne e agguantarne una, proseguiva abbaiando sempre nella stessa direzione, e anche in questo caso arrivava spesso in un luogo dove non c’era nulla contro cui abbaiare. Infatti la sua furberia non arrivava al punto di fargli scegliere previdentemente una direzione che lo conducesse, al di là dei polli, verso un oggetto che potesse giustificare la sua ira.

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L’anello… • a3. Gatto falso, cane bugiardo (8)

  •  L o r e n z  (1 9 4 9)  •  a3.  G a t t o  f a l s o,  c a n e  b u g i a r d o  •

Appena entrai dal cancello, prima ancora che avessi avuto il tempo di chiuderlo, il cane mi si precipitò addosso abbaiando rumorosamente. Poi mi riconobbe, rimase un momento interdetto ed esitante, quindi ricominciò ad abbaiare, mi oltrepassò, uscì in strada e si portò fin sulla porta del vicino, continuando ad abbaiare furiosamente, come se fin da principio non avesse avuto altra «intenzione». All’inizio gli ‹prestai fede›, e credetti che quel momento di imbarazzo fosse frutto di un mio errore di osservazione: infatti dietro quella porta c’era effettivamente un cane ostile, contro il quale sarebbe stata giustificata la rumorosa aggressione di Bully. Ma poiché questo comportamento si ripeteva quasi tutti i giorni, mi resi conto che il cane aveva proprio bisogno di una «scusa» per non dare a vedere che aveva abbaiato contro il padrone. Col tempo quell’attimo di esitazione divenne sempre più breve; cioè, per così dire, egli imparò a mentire con sempre maggior facilità e disinvoltura; ma accadeva a volte che andasse a finire in un luogo dove non c’era proprio nulla contro cui abbaiare, per esempio in un angolo vuoto del cortile, dove poi rimaneva abbaiando furiosamente contro il muro.

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L’anello… • a3. Gatto falso, cane bugiardo (6-7)

  •  L o r e n z  (1 9 4 9)  •  a3.  G a t t o  f a l s o,  c a n e  b u g i a r d o  •

Con ciò non intendo attribuire al gatto un merito speciale per il fatto che non è capace di fingere: anzi, secondo me, un segno della grande intelligenza del cane è proprio la capacità di simulare! A questo proposito vi racconterò alcune cose che ho osservato.

Il mio vecchio Bully era estremamente sensibile alle brutte figure che faceva. È indubbio che i cani intelligenti si rendono ben conto di quando fanno una figura un po’ miserevole e comica nel senso degli uomini: molti si arrabbiano furiosamente o piombano nella più cupa depressione quando si ride di loro. Bully era già vecchio e la sua vista si era considerevolmente ridotta, così che gli accadeva assai spesso di abbaiare per errore contro di me o contro qualche membro della famiglia che rincasava. Per lui questa era evidentemente una grossa vergogna, e anche se io con molto tatto cercavo di non fargli notare il suo errore, egli ne rimaneva terribilmente imbarazzato. Un giorno però, in una situazione del genere, egli tenne un comportamento veramente strano, che io in un primo tempo attribuii al caso, mentre in seguito dovetti riconoscerlo frutto della sua acuta intelligenza: si trattava di una vera e propria simulazione di fatti non reali!

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L’anello… • a3. Gatto falso, cane bugiardo (…5a)

  •  L o r e n z  (1 9 4 9)  •  a3.  G a t t o  f a l s o,  c a n e  b u g i a r d o  •

[⇐]  Quanto più cresce la paura, tanto più obliqua è la posizione dell’animale, che alla fine solleva una zampa con gli artigli sfoderati. Se il terrore diviene ancora più grande, la reazione di difesa giunge all’estrema disperata misura di cui dispone il gatto, quella di rivoltarsi sulla schiena volgendo tutte le sue armi contro il nemico. In questi casi perfino il buon conoscitore dei gatti resta stupito della tranquillità con cui gli esperti giudici prendono in mano l’animale che, pronto ad aggredire con gli artigli e coi denti, emette quel suo intermittente brontolio; eppure, anche se con tutto il suo atteggiamento il gatto intende inequivocabilmente dire: «Non toccatemi, altrimenti morderò e graffierò», al momento decisivo esso non lo fa, oppure lo fa soltanto debolmente, in modo inibito. Anche in queste difficili condizioni funzionano le inibizioni acquisite della «graziosa» tigre addomesticata! Dunque il gatto non cerca di apparire dapprima cordiale, per poi mettersi improvvisamente a mordere e a graffiare, ma con le sue minacce cerca di sottrarsi alle molestie dei giudici, che dal suo punto di vista sono insopportabili; eppure non ha il cuore di mettere veramente in atto tali minacce. È questa dunque la cosiddetta «falsità» del gatto?

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[]  K.  L o r e n z,  ‹L’ a n e l l o  d i  R e  S a l o m o n e›  (1 9 4 9),  A d e l p h i,  2 0 0 6²².
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L’anello… • a3. Gatto falso, cane bugiardo (5…)

  •  L o r e n z  (1 9 4 9)  •  a3.  G a t t o  f a l s o,  c a n e  b u g i a r d o  •

Ancora diversa, e accompagnata questa volta da gesti di sottomissione, è la minaccia che il gatto rivolge a un uomo ‹amico› che lo ha eccessivamente seccato. Questi atti di minaccia repressi e coperti da gesti di sottomissione imploranti grazia si possono osservare spesso nelle esposizioni, quando gli animali che si trovano in ambiente estraneo devono lasciarsi toccare da sconosciuti, per esempio i membri della giuria. Se in queste circostanze il gatto si spaventa, esso si piega sempre più fin quasi ad appiattirsi al suolo con il corpo. Con le orecchie minacciose schiacciate, la coda eccitata che distribuisce frustate a destra e a manca, il gatto, se è molto agitato, a volte si mette persino a ringhiare. Quando si trova in questo stato d’animo l’animale cerca sempre una ‹copertura alle spalle›: si infila come un fulmine dietro un armadio, in un caminetto, o sotto il calorifero, e se non riesce a raggiungere un riparo del genere, si stringe almeno contro la parete, sempre in modo da volgere ad essa le spalle e da appoggiarvisi contro in posizione obliqua. Perfino quando, tutto spaventato, deve starsene sul tavolo di fronte alla giuria, esso si mette in questa posizione, che indica la sua minacciosa disposizione ad aggredire con una delle zampe anteriori.  [⇒]

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[]  K.  L o r e n z,  ‹L’ a n e l l o  d i  R e  S a l o m o n e›  (1 9 4 9),  A d e l p h i,  2 0 0 6²².
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L’anello… • a3. Gatto falso, cane bugiardo (4)

  •  L o r e n z  (1 9 4 9)  •  a3.  G a t t o  f a l s o,  c a n e  b u g i a r d o  •

In un unico caso il gatto continua a mantenere aggressivamente la schiena inarcata: quando si tratta di una madre che crede i suoi piccoli minacciati da un cane. In questi casi la gatta si avventa sul nemico anche da una distanza maggiore, e siccome mantiene la sua posizione inarcata e obliqua, essa è costretta a muoversi in un modo assai singolare: galoppa verso l’avversario in direzione ‹trasversale› al proprio asse longitudinale. In un maschio adulto non ho mai osservato un simile comportamento se non nel giuoco, e del resto il gatto non si trova mai nella necessità di dover aggredire in questo modo un nemico a lui superiore. Invece, nelle femmine che allattano, un attacco in posizione trasversale significa sempre un coraggio disperato e deciso anche al sacrificio estremo, e in queste circostanze anche la più mite gattina diviene quasi invincibile. Di fronte a un simile attacco ho visto capitolare e fuggire anche dei grossi cani che erano famigerati uccisori di gatti. Ernest Seton Thompson descrive molto vivacemente un episodio del genere, assai divertente e certo accaduto davvero: nel parco di Yellowstone una gatta che allattava mise in fuga… un orso, inseguendolo poi fin che questo, spaventatissimo, finì per arrampicarsi su di un albero!

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[]  K.  L o r e n z,  ‹L’ a n e l l o  d i  R e  S a l o m o n e›  (1 9 4 9),  A d e l p h i,  2 0 0 6²².
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L’anello… • a3. Gatto falso, cane bugiardo (3)

  •  L o r e n z  (1 9 4 9)  •  a3.  G a t t o  f a l s o,  c a n e  b u g i a r d o  •

Di fronte alle minacce di un cane, o in genere di un grosso animale da preda, il gatto notoriamente risponde inarcando la schiena: la gobba, assieme al pelo arruffato del dorso e della coda (che viene tenuta un po’ obliqua), lo fanno apparire al nemico più grosso di quanto non sia in realtà, tanto più che esso offre un poco il fianco all’avversario, in un atteggiamento che è simile a quello di «imposizione» di alcuni pesci. Le orecchie sono appiattite, gli angoli della bocca tirati indietro, il naso arricciato. Dal petto della bestia sale un lieve brontolio metallico che suona terribilmente minaccioso, e che di tanto in tanto, mentre si fanno più profonde le increspature del naso, si trasforma in quel caratteristico «soffiare», fatto di sbuffi emessi a fauci spalancate e con i canini bene in evidenza. In sé questa mimica minacciosa ha intenzioni indubbiamente ‹difensive›, e la si osserva per lo più quando un gatto si trova di fronte a un grosso cane, ‹inaspettatamente›, cioè senza aver avuto la possibilità di fuggire. Se però questo continua ad avvicinarsi nonostante l’avvertimento, il gatto non fugge, e se viene superata una determinata «distanza critica», si avventa sul cane aggredendolo al muso, e cerca di colpirlo con le grinfie e coi denti nei punti più delicati, possibilmente agli occhi e al naso. Se l’avversario retrocede anche per un solo istante, di solito il gatto approfitta di questa minima pausa per fuggire, e quindi il breve assalto non è che un mezzo per togliersi dai pasticci.

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[]  K.  L o r e n z,  ‹L’ a n e l l o  d i  R e  S a l o m o n e›  (1 9 4 9),  A d e l p h i,  2 0 0 6²².
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L’anello… • a3. Gatto falso, cane bugiardo (2)

  •  L o r e n z  (1 9 4 9)  •  a3.  G a t t o  f a l s o,  c a n e  b u g i a r d o  •

E come sono espressivi i gesti di minaccia del gatto, come si differenziano radicalmente secondo l’oggetto cui essi si rivolgono, secondo che si tratti di un uomo amico che si è preso un po’ troppa confidenza, o di un vero, temuto nemico. Ma sono anche molto diversi se si tratta di una minaccia puramente difensiva, oppure se il gatto, sentendosi superiore all’avversario, gli annuncia la sua intenzione di aggredirlo. E non manca mai di farlo: a parte gli esemplari psicopatici, infidi e folli, che tra i gatti di razza molto selezionata non sono più frequenti che tra i cani di pari condizioni, il gatto non graffia e non morde mai senza prima aver messo seriamente e chiaramente in guardia l’offensore, e anzi di solito, subito prima dell’attacco, si assiste a un improvviso aggravamento dei gesti di minaccia, che già erano andati facendosi sempre più decisi. È come se il gatto volesse in questo modo notificare un ultimatum: «Se non la smetti immediatamente, sarò costretto mio malgrado a passare alle rappresaglie!».

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L’anello… • a3. Gatto falso, cane bugiardo (1)

  •  L o r e n z  (1 9 4 9)  •  a3.  G a t t o  f a l s o,  c a n e  b u g i a r d o  •

Una delle tante idiozie assurte a dignità proverbiale, e contro le quali la scienza vanamente si batte, è l’opinione che i gatti siano falsi. È escluso che il gatto si sia procacciato questa fama per il modo circospetto con cui si accosta alla preda, perché anche le tigri e i leoni usano la stessa identica tattica. D’altra parte al gatto non si rimprovera di essere sanguinario, benché, al pari di quegli altri animali feroci, anch’esso uccida la preda mordendola. Non conosco alcun comportamento specifico del gatto per cui lo si potrebbe definire «falso», magari a torto, ma con una qualche plausibilità. Sulla faccia di pochi animali il conoscitore può in ogni momento leggere così chiaramente lo stato d’animo come del gatto: si capisce sempre ciò che gli passa per la testa, e sempre si può sapere quel che ci si deve attendere da lui il prossimo istante. Come è inconfondibile la sua espressione di fiduciosa cordialità, quando volge all’osservatore il suo musetto liscio con le orecchie dritte e gli occhi bene aperti, come si traduce immediatamente nella mimica dei muscoli del muso ogni ondata di eccitazione, ogni moto di paura o di ostilità! Nel gatto che ha mantenuto i colori della forma selvatica, la striatura del muso rende ancor più evidenti i lievi movimenti della pelle, aumentando così l’intensità espressiva della mimica, ed è questa una delle ragioni per cui io preferisco a tutti gli altri il gatto tigrato, che ha ancora i colori della forma selvatica: basta un minimo cenno di diffidenza, ancora ben lontano dalla paura, e i suoi occhioni innocenti si fanno un po’ lunghi e obliqui, le orecchie abbandonano la loro posizione eretta e «affettuosa», e non occorrerebbero neppure le sottili variazioni della postura e le oscillazioni della punta della coda per avvertirci del suo cambiamento di umore.

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L’anello… • a2. Consigli per la scelta di un cane (13)

  •  L o r e n z  (1 9 4 9)  •  a2.  C o n s i g l i  p e r  la  s c e l t a  d i  u n  c a n e  •

Ciononostante credo che il mio consiglio sia giusto: una femmina è molto più fedele di un maschio, i moti del suo animo sono molto più complessi, ricchi e sottili, e nella maggior parte dei casi, a parità di condizioni, essa è anche più intelligente. Io, che mi lusingo di conoscere bene molti animali, sono profondamente convinto che fra tutte le creature non umane quella che maggiormente si avvicina all’uomo per il comportamento sociale, per la finezza dei sentimenti e per la capacità di una vera amicizia, cioè l’animale più nobile dal punto di vista umano, sia una buona cagna; ed è ben strano che in inglese questo nome sia divenuto uno degli epiteti più insultanti!

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L’anello… • a2. Consigli per la scelta di un cane (12)

  •  L o r e n z  (1 9 4 9)  •  a2.  C o n s i g l i  p e r  la  s c e l t a  d i  u n  c a n e  •

E per finire vi darò ancora un buon consiglio che deriva dal mio gusto personale e che quindi potete accettare o rifiutare a vostro piacere: se appena è possibile, scegliete una ‹femmina›! Naturalmente due volte all’anno, quando è in calore, essa vi procura un mucchio di seccature, e, se per combinazione non si ha in casa un maschio della stessa razza, quasi immancabilmente prima o poi ci si troverà fra i piedi una cucciolata di bastardi per cui è difficile trovare una sistemazione, se non li si vuole sopprimere. Però tutti i conoscitori concorderanno sul fatto che chiunque ama il cane per le sue qualità d’animo debba preferire la femmina al maschio. In certi periodi in casa nostra ad Altenberg c’erano quattro cagne: la mia pastore tedesco Tito, la piccola chow di mia moglie, la bassotta Kathi di mio fratello e una bulldog, appartenente a mia cognata. Solo mio padre possedeva un maschio, che aveva un bel da fare a tener lontani dal nostro giardino i corteggiatori non graditi. Una volta due delle cagne, la chow Pygi I e la bassotta, erano in amore, ma poiché non c’era da temere che si lasciassero coprire da un partner indesiderabile (Pygi era assolutamente fedele al nostro maschio Bubi, e per la minuscola bassotta non esisteva un compagno possibile in tutto il circondario), permettemmo che ci accompagnassero in una passeggiata lungo il Danubio. Io ero, sì, abituato ad essere seguito anche da cani non nostri, ma quando fui fuori dal paese rimasi colpito dalle dimensioni della muta che ci veniva dietro: contando i cani vidi, che, oltre ai nostri cinque, c’erano sedici altri maschi, e quindi eravamo scortati dalla bellezza di ventuno animali!

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L’anello… • a2. Consigli per la scelta di un cane (11)

  •  L o r e n z  (1 9 4 9)  •  a2.  C o n s i g l i  p e r  la  s c e l t a  d i  u n  c a n e  •

I nostri ammonimenti non devono però assolutamente distogliervi dall’allevare voi stesso il vostro cane prendendovelo in casa il più presto possibile: non solo l’animale rimarrà più saldamente legato al suo padrone, ma anche il padrone amerà incomparabilmente di più il proprio cane, quando, contemplando la bella bestia adulta, ripenserà a tutte le fatiche che gli è costata. E questi ricordi valgono bene un paio di pantofole ridotte in briciole e qualche macchia sul pavimento!

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L’anello… • a2. Consigli per la scelta di un cane (10)

  •  L o r e n z  (1 9 4 9)  •  a2.  C o n s i g l i  p e r  la  s c e l t a  d i  u n  c a n e  •

In generale all’alimentazione di un cane giovane si deve dedicare maggior cura di quanto non si faccia di solito. Soprattutto i cani di razza grossa hanno bisogno di molta carne, se si vuole che diventino poi degli esemplari perfetti. La diffusa opinione che siano sempre sufficienti gli avanzi di cucina, e che la «zuppa» sia un cibo nutriente per il cane, è una grossolana superstizione. Perciò è assai raro vedere un Doberman, un San Bernardo o un Terranova in mano di privati che non presenti, al conoscitore, segni inequivocabili della denutrizione sofferta in gioventù.

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L’anello… • a2. Consigli per la scelta di un cane (…9a)

  •  L o r e n z  (1 9 4 9)  •  a2.  C o n s i g l i  p e r  la  s c e l t a  d i  u n  c a n e  •

[⇐]  Il cane molto giovane è qualcosa che fa talmente tenerezza che, per le persone come me, dotate dalla natura di un forte senso di protezione, è grande la tentazione di prendersi il piccolo troppo presto. La gioia di curarlo e allevarlo è in questo caso assai grande, ma in seguito la si paga inevitabilmente con la triste constatazione che il nostro animale è cresciuto di gran lunga meno sano e robusto dei suoi fratelli, che all’origine non erano affatto più robusti di lui, ma che hanno potuto usufruire più a lungo del fortificante latte materno. Questo avvertimento è tanto più opportuno in quanto l’allevatore, nell’interesse della madre e degli altri cuccioli che per il momento rimangono ancora con lei, è comprensibilmente incline a dar via qualcuno dei piccoli al più presto possibile. Se ciononostante, per qualche motivo imprescindibile, si prende un cucciolo in età ancora molto tenera, non si deve assolutamente risparmiare sul nutrimento, che deve essere buono e abbondante soprattutto di latte e di carne; e si abbia cura di aggiungere, in dose sufficiente, del calcio e dei preparati antirachitici.

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L’anello… • a2. Consigli per la scelta di un cane (9…)

  •  L o r e n z  (1 9 4 9)  •  a2.  C o n s i g l i  p e r  la  s c e l t a  d i  u n  c a n e  •

Così, di fronte al cucciolo giocherellone l’acquirente non può purtroppo rendersi conto se col passare degli anni questi diventerà un leccapiedi oppure, maturando, acquisterà la necessaria riservatezza di fronte agli estranei. È quindi consigliabile, per le razze in cui questa riservatezza si sviluppa tardi, comprare cani che non abbiano meno di cinque o sei mesi. Ciò vale soprattutto per gli spaniel e per altri cani da caccia con le orecchie lunghe, mentre i chow da questo punto di vista sono molto precoci, e cominciano a mostrare essenziali differenze di carattere già a otto o nove settimane. Però in tutti i casi in cui si può escludere il «leccapiedismo», o perché la razza in questione non vi è incline, o perché si conoscono bene i genitori, io consiglio a tutti di comprare il cane al più presto possibile, cioè appena è in grado di staccarsi dalla madre senza risentirne danni. Per i cani di razza piccola, che giungono a maturità prima, situerei l’età minima a otto settimane, per quelli di razza più grossa a dodici.  [⇒]

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L’anello… • a2. Consigli per la scelta di un cane (8)

  •  L o r e n z  (1 9 4 9)  •  a2.  C o n s i g l i  p e r  la  s c e l t a  d i  u n  c a n e  •

Il «leccapiedismo», che Nestroy nel suo divertente mandato di cattura contro i cani vagabondi attribuisce a tutti i muffoli, è in realtà una delle peggiori qualità che può possedere un cane. Però, secondo la mia esperienza, Nestroy fa torto ai muffoli: l’unico esemplare che io conosca di questa razza quasi estinta è una bestia estremamente ammodo e molto fedele, che difende rabbiosamente la sua padrona contro chiunque simuli il gesto di aggredirla. Come ho già detto altrove, la mancanza di carattere è connessa al perdurare dell’indiscriminata cordialità e sottomissione che i cani molto giovani dimostrano verso tutti gli uomini, e così pure verso tutti i cani adulti. Questo infantilismo costituisce quindi un difetto solo nei cani adulti, mentre in quelli giovani è una qualità perfettamente normale e per nulla biasimevole.

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L’anello… • a2. Consigli per la scelta di un cane (7)

  •  L o r e n z  (1 9 4 9)  •  a2.  C o n s i g l i  p e r  la  s c e l t a  d i  u n  c a n e  •

Spesso le persone genericamente zoofile, ma che non hanno una particolare conoscenza dei cani, cadono nell’errore di comprare un determinato cane proprio perché al primo incontro si è dimostrato particolarmente cordiale e festoso: quando un acquirente si trova a dover scegliere tra parecchi cagnolini pressappoco identici, è naturale che sia tentato di preferire quello che l’ha saputo commuovere con un’accoglienza particolarmente cordiale; egli dimentica però che in questo modo sceglie infallibilmente il più leccapiedi di tutti, e che in seguito non sarà troppo entusiasmante vedere il cane accogliere festoso e scodinzolante qualunque estraneo. Quando io ho scelto la mia piccola Susi tra nove cuccioli chow tutti uguali, non ultima ragione della mia preferenza è stato il fatto che tra i nove buffissimi batuffolini di pelo che mi abbaiavano addosso furiosamente, lei era quella che ringhiava più forte e che più ferocemente si era difesa contro di me, l’estraneo, quando avevo cercato di afferrarla.

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L’anello… • a2. Consigli per la scelta di un cane (6)

  •  L o r e n z  (1 9 4 9)  •  a2.  C o n s i g l i  p e r  la  s c e l t a  d i  u n  c a n e  •

Prima di procurarsi un cane bisogna ben soppesare la capacità di sopportazione dei nostri nervi. I cani eccessivamente vivaci, come ad esempio il fox-terrier a pelo lungo, possono dar del filo da torcere anche a persone non particolarmente nervose, soprattutto se, come accade spesso negli esemplari molto puri, più che di una genuina vivacità si tratta in realtà di nervosismo e irrequietezza. E della vivacità si deve anche tener conto nel calcolare il rapporto tra le dimensioni del cane e quelle dell’appartamento, della casa o del giardino in cui dovrà vivere. Il setter, un cane sentimentale per cui la massima felicità consiste nella silenziosa contemplazione del padrone, soffre meno per l’angustia di un appartamento cittadino che non un irrequietissimo piccolo terrier. Se si ha il tempo di far fare abbastanza moto all’animale, anche un appartamento molto piccolo non costituisce una controindicazione per il possesso di un grosso cane. E d’altronde, dovendo portare a spasso il cane, l’uomo è costretto a fare due volte al giorno un giretto all’aria aperta, cosa che è bene egli faccia comunque, nell’interesse della sua salute.

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L’anello… • a2. Consigli per la scelta di un cane (…5a)

  •  L o r e n z  (1 9 4 9)  •  a2.  C o n s i g l i  p e r  la  s c e l t a  d i  u n  c a n e  •

[⇐]  Se nei genitori o nei figli si osserva anche il minimo segno di una qualche degenerazione, cosa tutt’altro che rara nelle razze molto selezionate, si rinunci subito all’acquisto. E soprattutto si faccia attenzione a quelle razze straniere che qui da noi vengono allevate solo in ceppi relativamente ridotti (e quindi per lo più richiedono degli incroci tra consanguinei). È preferibile avere un ‹pedigree› un po’ meno lungo (destinato comunque a rimanere in un cassetto, a meno che non siate voi stessi degli allevatori), e un animale più vitale e un po’ meno esigente! Io ho così poca simpatia per gli allevatori di professione, per i quali la bellezza fisica conta sempre troppo, e le qualità psichiche troppo poco, che sono quasi tentato di darvi un consiglio eretico: il principiante che non comprende ancora molto dell’animo del cane non compri mai un animale con un lungo ‹pedigree›. Insomma, per dirla nel modo più brutale, le probabilità che il cane sia nervoso, pazzoide, psichicamente tarato, sono enormemente minori in un bastardo che in un discendente da otto antenati premiati. Però se si vuole un pastore tedesco, un cane da guardia, ci si rivolga senz’altro a un allevamento di cani di questa razza: in tale caso certamente ha un senso la garanzia che il cane discende da campioni pluridecorati.

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L’anello… • a2. Consigli per la scelta di un cane (5…)

  •  L o r e n z  (1 9 4 9)  •  a2.  C o n s i g l i  p e r  la  s c e l t a  d i  u n  c a n e  •

Forse è più necessario dire al cinofilo principiante quali animali ‹non› deve comprare e avvertirlo sulle qualità indesiderabili del suo futuro inquilino, piuttosto che dargli consigli positivi. Prima però di addentrarmi nei particolari, vorrei esortare il lettore a non lasciarsi comunque distogliere dall’acquisto di un cane. Avere un cane è comunque sempre meglio che niente, e anche contravvenendo a tutte le nostre regole l’acquirente ricaverà pur sempre molte soddisfazioni dal suo animale. Le soddisfazioni saranno però molto maggiori se vi si atterrà. Ecco la prima regola: comprate soltanto un cane che sia perfettamente ‹sano› dal punto di vista sia fisico che psichico. In mancanza di validi motivi che costringano a una scelta diversa, da una cucciolata si scelga sempre il più forte, il più grosso e il più vivace, caratteristiche che con notevole regolarità si trovano unite nello stesso individuo. Naturalmente, fin da cuccioli, le femmine sono in generale più piccole e più delicate dei maschi, e di questa circostanza si deve tener conto nella scelta.  [⇒]

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L’anello… • a2. Consigli per la scelta di un cane (4)

  •  L o r e n z  (1 9 4 9)  •  a2.  C o n s i g l i  p e r  la  s c e l t a  d i  u n  c a n e  •

Con ciò non intendo affatto sminuire il valore del cane più «bonaccione» e psichicamente meno complicato; anzi mi sono particolarmente simpatici i boxer e i terrier più grossi, in cui anche educatori poco sensibili non riescono a guastare la gioia di vivere e il disinteressato attaccamento. Bisogna anche dire espressamente che tutte le considerazioni fatte finora sulle caratteristiche delle diverse razze canine hanno soltanto un valore generale, e ammettono ogni possibile eccezione. In fondo, ogni generalizzazione di questo tipo è inesatta, come è sempre inesatta la descrizione del carattere tedesco, inglese o francese. Per esempio io conosco dei boxer estremamente sensibili, e dei chow del tutto privi di carattere, e perfino uno spaniel dalla personalità spiccatissima e con un gran senso di indipendenza. Anche la mia Susi dal pelo bluastro, nella quale però si fa particolarmente sentire l’eredità psichica dei cani da pastore, è molto cordiale e amabile coi buoni amici della famiglia, e non ha affatto la scontrosità degli altri chow.

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L’anello… • a2. Consigli per la scelta di un cane (3)

  •  L o r e n z  (1 9 4 9)  •  a2.  C o n s i g l i  p e r  la  s c e l t a  d i  u n  c a n e  •

Naturalmente ‹de gustibus non est disputandum›, e comprendo bene come il cane feroce e selvatico a me tanto caro non possa andar bene per chiunque. Inoltre i cani dal sangue lupino non sono facili da educare a causa del loro peculiare carattere così sensibile e riservato, e della loro tendenza ad avere una propria «vita privata»; potranno procurare vere soddisfazioni solo al buon conoscitore, capace di attingere fino in fondo alla ricchezza insospettata della loro anima. Altri trarranno più piacere dai boxer, più bonaccioni e grossolani, oppure dai terrier Airedale, per gli stessi motivi per cui un fotografo principiante ottiene migliori risultati con un apparecchio semplice che non con uno strumento più sensibile ma anche più complicato.

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L’anello… • a2. Consigli per la scelta di un cane (…2a)

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[⇐]  Di questo fatto mi resi conto pienamente solo in occasione di un incidente in sé terribile: in un inverno molto rigido un capriolo era entrato nel nostro giardino attraverso la siepe coperta di neve, ed era stato letteralmente sbranato dai miei tre cani; quando, sconvolto, mi trovai di fronte al corpo dilaniato, mi resi conto della fiducia assoluta che riponevo nelle inibizioni sociali di questi animali sanguinari: a quel tempo i miei bambini erano molto più piccoli e indifesi di quel capriolo, i cui resti insanguinati mi stavano di fronte sulla neve. Allora con profonda meraviglia pensai all’assoluta tranquillità con cui affidavo ogni giorno le tenere membra dei miei figlioletti alle terribili mandibole di quei lupi: quante volte in estate i bambini erano rimasti in giardino a giocare con i cani, senza sorveglianza! Eppure chi ha mai sentito dire che un cane ha fatto del male al figlio del padrone?

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L’anello… • a2. Consigli per la scelta di un cane (2…)

  •  L o r e n z  (1 9 4 9)  •  a2.  C o n s i g l i  p e r  la  s c e l t a  d i  u n  c a n e  •

A chi cerca non solo un amico, ma anche una creatura veramente genuina, consiglio un cane di tutt’altro tipo, e proprio per questo motivo io preferisco le razze che non si discostano troppo dalla forma selvatica originaria. Per esempio i miei incroci tra chow e pastore sono molto vicini, sia nelle qualità fisiche sia in quelle psichiche, ai loro antenati selvatici. Quanto meno il cane si è alterato a causa dell’addomesticamento, quanto più è rimasto simile a un animale feroce e selvatico, tanto più preziosa e meravigliosa mi sembra la sua amicizia. Per tali motivi non amo che l’addestramento gli faccia perdere troppo la sua natura originaria. Io non vorrei neppure rinunciare al brutto istinto rapace dei miei cani, che ha sempre conseguenze poco piacevoli: se i miei cani fossero miti come agnelli, incapaci di nuocere a una mosca, mi sembrerebbe meno straordinario di poter affidare loro senza preoccupazione la vita dei miei bambini.  [⇒]

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