Si tratta della questione dell’aniconismo nell’islam, che si traduce nel divieto di rappresentare o personificare l’immagine di Dio, e più anche immagini umane [sic!]. Nell’arte islamica la necessità di relazionarsi a Dio con lo sguardo, di rivolgersi a una qualche immagine divina, è stata ripresa dal ruolo della calligrafia. L’arte calligrafica nell’islam compensa e sostituisce l’immagine, la rappresentazione iconica di Dio. È soprattutto la cultura araba che ha fatto proprio e amplificato questo divieto; al contrario nelle culture periferiche dell’islam — intendiamo per periferiche le culture che escono dalla geografia araba — il divieto di rappresentare le figure dei santi musulmani o dello stesso Profeta è stato meno rispettato nel corso della storia. In effetti, nelle miniature moghul (il regno musulmano dell’India), dell’impero turco-ottomano o della civiltà persiana, soprattutto nei periodi di maggiore apertura dei sovrani, si possono trovare miniature che rappresentano anche il volto del Profeta. Tutto ciò richiede di ragionare sul piano giuridico, forse più che sul piano teologico, e di chiedersi se davvero nell’islam esistano testi che vietano espressamente la rappresentazione. [⇒]
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K E Y W O R D S
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◊ authp_K_F_A_l_l_a_m
◊ authp_A_l_l_a_m
◊ press_art, presshdr_R_e_p_u_b_b_l_i_c_a
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