Un aspetto particolarmente piacevole e simpatico di quella legge non scritta in un codice, ma incisa da epoche primordiali nel sistema nervoso centrale dei cani, in quei comandamenti ereditari che regolano i loro usi e costumi, riguarda il trattamento cavalleresco riservato alle donne e ai fanciulli, cioè alle cagne e ai cuccioli: nessun cane normale morsicherà mai un suo simile di sesso femminile; la cagna è assolutamente tabù e può permettersi qualsiasi arditezza nei confronti del maschio, come per esempio pizzicarlo e tirargli i peli, o addirittura morderlo seriamente; e il maschio non dispone di alcuna contromisura che non sia il gesto di sottomissione o il tentativo di volgere in scherzo l’attacco della femmina arrabbiata, ricorrendo alla già menzionata «aria di cortesia». Ci sarebbe un’unica altra possibilità, cioè un’esplicita fuga, ma la vieta la dignità maschile, poiché proprio di fronte alla cagna il maschio si preoccupa molto di «salvare la faccia».
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K E Y W O R D S
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[] K. L o r e n z, ‹L’ a n e l l o d i R e S a l o m o n e› (1 9 4 9), A d e l p h i, 2 0 0 6²².
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