Homo sapiens… • 9.6. Che cosa si proverebbe… (8-9)

  •  P i e v a n i  (2 0 1 8)  •  9.6.  … a  e s s e r e  u n  N e a n d e r t h a l ?  •

Le strutture dell’intelligenza ‹sapiens› sarebbero, in questo senso, il frutto di una deriva evolutiva singolare, l’esito di una sequenza di eventi contingenti, un’innovazione tardiva innescata da cambiamenti exattativi o cooptazioni funzionali. Fra due forme di intelligenza contigue nel cespuglio del genere ‹Homo›, quindi, vi saranno certamente molti elementi comuni derivanti da analoghi vincoli ambientali, da pressioni selettive convergenti e da una parentela genetica strettissima, ma sapere “che cosa si proverebbe a essere un Neanderthal” è un compito impossibile. Non erano intelligenti quasi come noi, erano un’altra forma di intelligenza.

Le ragioni di queste svolte storiche mostrano come sia fuorviante interpretare l’esito attuale come l’unico possibile, come il solo approdo necessario di una storia prevedibile di progresso e di presunta emancipazione dalla condizione animale. La nostra solitudine di specie e il nostro invasivo successo sono un dato di fatto contingente, non la causa ultima della storia naturale: non abbiamo vinto perché eravamo i più forti; semplicemente, ci consideriamo più forti perché abbiamo vinto.

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K E Y W O R D S
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[]  T.  P i e v a n i,  ‹H o m o  s a p i e n s  e  a l t r e  c a t a s t o f i›,  M e l t e m i,  2 0 1 8³  (r i v.).
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