Liberazione (30/10/2005) • Amore amico della guerra… (18-20)

  •  I n g r a o  (2 0 0 5)  •  … d a i  t e m p i  d i  P l a t o n e  e  d e l l a  B i b b i a  •

Nel rapporto uomo-donna, che è il rapporto interumano privilegiato, le due identità umane diverse cimentano non la loro realtà sociale, ma la loro realtà interna; solo in questo rapporto è possibile che si realizzi una reciproca trasformazione.

La differenza tra identità maschile e identità femminile è la garanzia contro il razzismo di ogni natura perché non c’è specchio, non c’è identificazione, non c’è annullamento dell’altro-altra.

A me sembrano pensieri semplici, che non sconvolgono l’esistente, perché non confrontarsi?

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Liberazione (30/10/2005) • Amore amico della guerra… (16-17)

  •  I n g r a o  (2 0 0 5)  •  … d a i  t e m p i  d i  P l a t o n e  e  d e l l a  B i b b i a  •

Ritorniamo all’immagine femminile comparsa sulla copertina di quel libro sull’incontro dell’Analisi collettiva con Pietro Ingrao e Fausto Bertinotti, che riporta i testi in un dibattito sulla non violenza, ma da cui è emerso ben altro. L’immagine che ne viene fuori è di una realtà umana che si forma alla nascita come fusione tra realtà biologica e realtà mentale umana, che cerca il rapporto e poi si sviluppa nel rapporto con l’altro essere umano. Non c’è il peccato originale, non c’è tendenza al nulla, ci saranno cause e motivi di malattia mentale ma c’è la cura.

La sessualità non è violenza né principio del piacere, è realizzazione della propria identità nel rapporto con l’essere umano diverso. Uso la parola “diverso” fuori dal senso comune; la parola diverso si attiene come fondamento base e cardine del rapporto uomo-donna, non è rapporto con il diverso il rapporto tra persone dello stesso sesso. Rapporto dialettico di identità, la maschile e la femminile, che si definiscono specificatamente nel confronto uomo-donna.

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Liberazione (30/10/2005) • Amore amico della guerra… (14-15)

  •  I n g r a o  (2 0 0 5)  •  … d a i  t e m p i  d i  P l a t o n e  e  d e l l a  B i b b i a  •

Scalfari che si professa illuminista fa appello alla ragione perché insegni ai piccoli diavoli a «contenere l’istinto primordiale». Si tratta di controllare il male che ci portiamo dentro, che lui stesso definisce “peccato originario” (mi viene anche adesso spontaneo un nesso: non sarà il peccato originale? Non siamo ancora di fronte a un pensiero religioso nella testa di un laico?).

Non si concepisce un rapporto interumano che sia investimento di interesse, nella norma il rapporto interumano ha sempre alla base il sospetto, questo nega il rapporto e impone il controllo o addirittura il dominio. Gli aspetti più sconcertanti della natura umana sono dunque innati, quindi nessuna possibilità o speranza di cambiamento. Leggerlo su ‹Repubblica› non mi stupisce, ma ipotizzarlo su ‹Liberazione› non mi piace.

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Liberazione (30/10/2005) • Amore amico della guerra… (13)

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Lasciamo stare le false icone, i santini sui bambini, ma immaginarli per sopravvivere «[…] appropriarsi di tutto ciò che desiderano togliendolo agli altri. Vincendo sugli altri. Sottomettendo gli altri»; tutto ciò mi farebbe ridere se non fosse una brutta violenza. I bambini si litigano un giocattolo, tutto qui! Immagino Scalfari anziano come me, nonno come nonna sono io, che ha avuto accanto, ha accarezzato bambini, figli e nipoti, mi domando come li abbia potuti vedere attraverso questa lente. Mi domando ancora come abbiano fatto questi bambini nei pochi anni della loro vita a corrompersi a tal punto, allora sono nati cattivi? Bambini così cattivi io non ne ho conosciuti, ho avuto tre figli, nipoti e li ho sempre dovuti difendere dalla violenza mentale degli adulti, qualche volta anche dalla mia.

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Liberazione (30/10/2005) • Amore amico della guerra… (11-12)

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A questo punto la dialettica, il confronto con questi cosiddetti “pensatori”, che ripetono luoghi comuni dai tempi di Platone e della Bibbia, non basta, ci vuole l’indignazione, la condanna, il rifiuto netto di certe proposizioni.

«[…] l’innocenza dei bambini, il loro candore, la loro bontà è un falso […] l’innocenza dei bambini è solo mancanza di conoscenza […] Ma la bontà dei bambini non esiste».

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Liberazione (30/10/2005) • Amore amico della guerra… (10)

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«Il solo, l’unico diritto innato deriva dall’ente, che esiste e vuole esistere». Ci precisa che nella nostra specie quell’ente si chiama persona e per la nostra specie persona significa individuo. Non ci dice però quando questo ente-persona-individuo comincia ad esistere e questo comporta molti grossi interrogativi (dallo zigote? dall’embrione? dalla nascita? da quando acquisisce il linguaggio verbale?). «… Il diritto dell’individuo-persona ad esistere è innato, proviene dalla natura che lo fornisce anche ad altre specie (albero, falcone)». Ma non sarà il caso di fare una netta distinzione tra vita vegetale, vita animale e vita umana? La prima distinzione che mi viene in mente è che nella vita umana c’è il rapporto interumano che è ben diverso dalla simbiosi delle piante e dall’organizzazione in branco degli animali. Ci dice Scalfari che per soddisfare il diritto “biologico”, e di nuovo qui mescola piante, animali e uomini, l’individuo entra in conflitto con tutto ciò che lo circonda fino all’estinzione di chi gli contende lo spazio vitale, fino a farlo diventare «… uno stecco senza più fronde né linfa». Il paragone ci propone un’immagine inquietante, anche se si parla di piante. Proseguendo la lettura dell’articolo scopriamo che questa guerra all’ultimo sangue per la sopravvivenza inizia dall’infanzia, è presente nella vita dei bambini che non fanno che sopraffarsi l’un l’altro, come se fosse una lotta selvaggia tra specie di animali diversi.

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Liberazione (30/10/2005) • Amore amico della guerra… (9)

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Stranamente su ‹Repubblica› di domenica 23 ottobre 2005 (“Quando il Papa vuole fare le leggi”) di un’altra firma importante, Eugenio Scalfari, propone idee simili arrivando quasi alle stesse conclusioni fuori dalla storia. Dopo un lungo riassunto di vicende storiche che hanno avuto protagonisti la Chiesa Cattolica e lo Stato italiano, Scalfari si concede “qualche breve riflessione” sull’enorme problema dei diritti innati e del diritto naturale.

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Liberazione (30/10/2005) • Amore amico della guerra… (8)

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E veniamo a Freud, e mi meraviglio come ancora possa essere un punto di riferimento quando è stato dimostrato dallo psichiatra Massimo Fagioli da circa cinquant’anni l’assoluta ignoranza di Freud sulla realtà mentale umana, il suo disprezzo per l’essere umano e per il diverso, giudizio condiviso in recenti studi di cui ha ampliamente parlato la stampa. Comunque, per Freud Eros e Thanatos si accoppiano, quindi la coppia vita e inanimato è l’essenza della realtà umana, ancora «l’essenza dell’Eros è di fare di più d’uno uno» ossia uccidere sempre l’altro, il diverso da sé. Mi piace ricordare un altro bel pensierino: nel 1929 Freud in un articolo definisce «un’illusione priva di fondamento» la teoria marxista come possibilità di trasformazione dell’esistente, naturalmente perché la natura umana perversa è immodificabile. Mi sarei aspettata dalla Melandri il rifiuto di tali pensieri, meglio di un tale credo; non mi è sembrato fosse così.

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Liberazione (30/10/2005) • Amore amico della guerra… (7)

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Altra ipotesi-risposta all’interrogativo: «[…] la coppia amore e violenza ha a che fare con tutti i dualismi che conosciamo - natura e storia, individuo e società ecc. - e prima di tutto con quello che ha diviso come poli opposti e complementari il maschile e il femminile». Dunque la donna e l’uomo, poli opposti destinati a congiungersi da ineluttabili “logiche d’amore” e insieme odiarsi fino al “rifiuto” ed alla cancellazione del diverso. Un dualismo che condanna ad una tragica simbiosi, Amore e Morte, la vita e il nulla.

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Liberazione (30/10/2005) • Amore amico della guerra… (6)

  •  I n g r a o  (2 0 0 5)  •  … d a i  t e m p i  d i  P l a t o n e  e  d e l l a  B i b b i a  •

James Hillman (“Un terribile amore per la guerra”, Adelphi, 2004) parla della guerra come una componente primordiale dell’essere. Penso parli della vita in generale, ma una distinzione tra vita animale e vegetale e vita umana andrebbe pure fatta (mi viene spontaneo un nesso con l’idea che la Chiesa ha della sessualità umana: annulla la fantasia del rapporto tra uomo e donna per ridurla a pura procreazione, come per gli animali). Dunque la violenza, la guerra è una “fatale necessità”.

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Liberazione (30/10/2005) • Amore amico della guerra… (5)

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Questa legge da dove e da chi è venuta? L’hanno scoperta, direi inventata, illustri pensatori. Barbara Ehrenreich (“Riti di sangue”, Feltrinelli, 1998) parla della guerra come di «un’unità culturale contagiosa […] autoreplicante che ha le sue radici in un “trauma originario” ossia il salto di civiltà che l’uomo ha fatto scegliendo lo strumento della violenza per riscattarsi dalla condizione di preda e diventare predatore» assimilando senza nessun trauma l’uomo all’animale.

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Liberazione (30/10/2005) • Amore amico della guerra… (4)

  •  I n g r a o  (2 0 0 5)  •  … d a i  t e m p i  d i  P l a t o n e  e  d e l l a  B i b b i a  •

Leggo giornalmente ‹Liberazione›. Prima pagina, l’occhio va alla colonna a destra, certamente un editoriale, una firma invitante. Sabato 22 ottobre 2005 “Amore amico della guerra?” di Lea Melandri. Confesso di aver fatto fatica a seguire le varie ipotesi che la giornalista fa per trovare una risposta a questo sconcertante interrogativo; fatica nel comprendere oltre che nell’accettare pensieri di illustri “pensatori” che a me sembrano lontani dalla realtà degli esseri umani, dei popoli. La conclusione: esiste tra amore e odio, amore e morte un legame “invariabile” e “inalterabile” nel tempo e nello spazio, che vive di una vita propria, quasi fuori dalla storia, quindi amore è amico della guerra, se si ama contemporaneamente si odia e odiando si esercita la violenza, qualunque essa sia, anche la guerra ossia l’assassinio strategicamente preparato. Questa legge non riguarda solo la vita animale e vegetale, ma anche la vita umana.

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Liberazione (30/10/2005) • Amore amico della guerra… (1-3)

  •  I n g r a o  (2 0 0 5)  •  … d a i  t e m p i  d i  P l a t o n e  e  d e l l a  B i b b i a  •

“Una ricerca sui nuovi fondamenti teorici per la sinistra”, la copertina di un libro edito dalle Nuove Edizioni romane. Al centro un volto femminile, un’immagine di donna; intorno i titoli di quattro libri, le date di tanti incontri all’università e una grossa realtà, l’Analisi collettiva. ‹Repubblica› venerdì 14 ottobre 2005, stessa immagine.

Una teoria, una ricerca; che ci sia un nesso tra questa teoria e questa ricerca e una nuova identità femminile? Che sfogliando le pagine di quei libri, ascoltando i contenuti di quella ricerca si possano avere idee più chiare sulla realtà umana, sulla realtà mentale umana, sul pensiero umano cosciente, sul pensiero umano senza coscienza, sui rapporti interumani, su quello privilegiato uomo-donna che tocca realtà profonde della vita, sessualità, amore, identità?

Tutto da vedere, da verificare.

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Liberazione (30/10/2005) • Amore amico della guerra… (0)

  •  I n g r a o  (2 0 0 5)  •  … d a i  t e m p i  d i  P l a t o n e  e  d e l l a  B i b b i a  •

Amore amico della guerra? Luogo comune dai tempi di Platone e della Bibbia


Leggerlo su “Repubblica” non mi stupisce; ma su “Liberazione” non mi piace

È come dire che è impossibile ogni trasformazione dell’esistente, che non abbiamo nessuna possibilità o speranza di cambiamento, perché la natura umana perversa è immodificabile.

Mi viene spontaneo un nesso: non sarà il peccato originale?

di Giulia Ingrao
Liberazione — 30/10/2005 (domenica 30 ottobre 2005)

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L’anello… • 5. Le mie perenni compagne (b30-31)

  •  L o r e n z  (1 9 4 9)  •  5.  L e  m i e  p e r e n n i  c o m p a g n e  •

Cioc è scomparsa da molto tempo, vittima di un destino ignoto. Giallorosso perì in tarda età ad opera di un caro vicino che le sparò con un fucile ad aria: la trovai morta in giardino… Ma ad Altenberg la mia colonia di taccole è più prospera che mai, e segue sempre le vie tracciate a suo tempo da Cioc, sfruttando, per prendere quota, quelle correnti ascendenti che essa aveva imparato a conoscere. Le mie taccole seguono fedelmente tutte le tradizioni che regnavano nella prima colonia, e che furono trasmesse a quella attuale da Giallorosso…

Come sarei grato al mio destino se anch’io nella mia vita potessi trovare anche una sola via che fosse ancora seguita dai miei simili dopo qualche generazione, o, figuriamoci poi, se potessi scoprire anche una sola «corrente ascensionale» che in un lontano futuro aiutasse qualcuno a «prendere quota»!

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[]  K.  L o r e n z,  ‹L’ a n e l l o  d i  R e  S a l o m o n e›  (1 9 4 9),  A d e l p h i,  2 0 0 6²².
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L’anello… • 5. Le mie perenni compagne (b28-29)

  •  L o r e n z  (1 9 4 9)  •  5.  L e  m i e  p e r e n n i  c o m p a g n e  •

Molto prima dell’ultima guerra mio padre, nella sua autobiografia, a proposito delle taccole di Altenberg, scrisse quanto segue: «Stormi di questi neri amici, soprattutto verso sera, si aggirano attorno alle alte cime dei tetti, e si intendono tra loro con grida penetranti. A volte mi sembra di capirli, mi sembra che dicano: “Perenni e fedeli compagne, noi voleremo sempre attorno al nostro nido finché poggerà pietra su pietra a nostra protezione”».

Perenni compagne! È forse questa loro qualità di indipendenza dal tempo che ce le rende particolarmente care. Quando in autunno o in una mite giornata invernale intonano i loro canti primaverili, quando si trastullano pazzamente con la forza del vento, io provo la stessa sensazione che mi coglie quando vedo il verde di un abete nella neve o quando odo il canto dello scricciolo in una limpida giornata di gelo, quel senso di speranza e di continuità di cui è divenuto simbolo l’albero di Natale.

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[]  K.  L o r e n z,  ‹L’ a n e l l o  d i  R e  S a l o m o n e›  (1 9 4 9),  A d e l p h i,  2 0 0 6²².
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L’anello… • 5. Le mie perenni compagne (b26-27)

  •  L o r e n z  (1 9 4 9)  •  5.  L e  m i e  p e r e n n i  c o m p a g n e  •

Non posso dimostrare in modo scientifico e irrefutabile che quel vecchio maschio fosse Gialloverde, lo sposo perduto di Giallorosso. I variopinti anelli di celluloide si erano rotti e smarriti da molto tempo, e anche Giallorosso non li aveva più. Ma indubbiamente l’uccello era un membro della vecchia colonia, come dimostrarono la sua docilità e la tranquillità con cui veniva all’interno della soffitta: le taccole cresciute in libertà, che solo da adulte si erano insediate presso di noi, avevano sempre tenuto un comportamento assai diverso. Certamente egli era uno dei quattro o cinque anziani, uno dei vecchi «consoli», ma io credo e spero che quel vecchio gigante fosse proprio Gialloverde.

I due poi hanno covato e allevato ancora molti piccoli. Oggi ad Altenberg ci sono più taccole che nicchie per nidificare: in ogni rientranza del muro, in ogni camino c’è un nido.

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[]  K.  L o r e n z,  ‹L’ a n e l l o  d i  R e  S a l o m o n e›  (1 9 4 9),  A d e l p h i,  2 0 0 6²².
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L’anello… • 5. Le mie perenni compagne (b25)

  •  L o r e n z  (1 9 4 9)  •  5.  L e  m i e  p e r e n n i  c o m p a g n e  •

E Giallorosso la regina, Giallorosso la despota, capitolò senza un attimo di esitazione. L’autoritaria virago si trasformò di nuovo in una timida e docile fanciulla, che, come qualunque giovane taccola innamorata, agitava tanto bene la coda e faceva tremolare le ali con tanta trepida grazia. Poche ore dopo l’arrivo del nuovo maschio i due erano un corpo solo e un’anima sola, e si comportavano sotto tutti gli aspetti come una coppia di vecchia data. È assai interessante notare che il grosso maschio non dovette sostenere quasi alcuna lotta con gli altri membri della colonia: a quanto pare, il fatto che quella che era stata fino allora la regina lo riconoscesse come despota lo fece diventare automaticamente il «numero uno» per tutti. Solo presso i cani conosco qualcosa di simile!

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L’anello… • 5. Le mie perenni compagne (b24)

  •  L o r e n z  (1 9 4 9)  •  5.  L e  m i e  p e r e n n i  c o m p a g n e  •

Tre anni dopo la disastrosa scomparsa delle taccole, in una bella giornata ventosa di primavera piena di sole, una vera giornata da uccelli migratori, in cielo passavano l’uno dopo l’altro tanti stormi di taccole e di corvi neri; da uno di questi stormi si distaccò un proiettile privo di ali, a forma di siluro, che venne giù in picchiata. Ma poco al di sopra del nostro tetto il proiettile si trasformò in un uccello, che terminando con una lieve impennata la sua caduta venne delicatamente a posarsi sulla banderuola. Era una gigantesca taccola maschio, con fulgide ali blu scuro e la peluria setacea del collo così splendida e lucente come non ne avevo mai visto una simile: sembrava quasi bianca.

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L’anello… • 5. Le mie perenni compagne (b22-23)

  •  L o r e n z  (1 9 4 9)  •  5.  L e  m i e  p e r e n n i  c o m p a g n e  •

Dieci minuti dopo tutti e quattro i ragazzini erano di ritorno a casa, assieme a Giallorosso, che non era meno stanca di me, e che da quel giorno si prese assiduamente cura dei giovani e non li lasciò più volar via. I quattro si moltiplicarono e con gli anni si sviluppò una popolosa colonia, al cui vertice stava una femmina, Giallorosso. Data la grossa differenza di età fra lei e gli altri uccelli, essa aveva più autorità su di loro di quanta ne abbia normalmente un capo, e nell’abilità di tenere insieme lo stormo superava ogni altro precedente signore della mia colonia. Proteggeva assiduamente tutti i piccoli, a tutti faceva da madre, essendo rimasta senza figli propri.

Non sarebbe forse un brutto finale per il romanzo della vita della taccola Giallorosso questa immagine della vestale nubile, dimentica di sé, tutta dedita al bene della comunità… sì, questo sarebbe proprio un bell’accordo conclusivo. In realtà però il romanzo ebbe un lieto fine, talmente roseo e banale che quasi non oso neppure raccontarlo.

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L’anello… • 5. Le mie perenni compagne (b21)

  •  L o r e n z  (1 9 4 9)  •  5.  L e  m i e  p e r e n n i  c o m p a g n e  •

Giallorosso volteggiava in alto, ma non ancora abbastanza, e io lanciavo un urlo indiano dopo l’altro, agitando come un folle il vessillo di Francesco Giuseppe. In strada cominciò a radunarsi una piccola folla, ma io rimandai a più tardi la spiegazione, continuando a urlare e a sventolare il drappo. Giallorosso si innalzò ancora di un paio di metri, e allora una giovane taccola incominciò a chiamarla dalla collina. Io smisi di agitare il vessillo, e ansimando guardai in alto, dove volteggiava la vecchia taccola. E, per tutti gli dèi dalla testa d’uccello dell’Egitto, essa modificò il battito delle sue ali, cominciò a innalzarsi e a prendere molto decisamente la direzione del bosco gridando «chiu, chiu… tornate indietro!». Io ripiegai la bandiera più in fretta che potei e scomparvi precipitosamente nella finestrella della soffitta.

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L’anello… • 5. Le mie perenni compagne (b20)

  •  L o r e n z  (1 9 4 9)  •  5.  L e  m i e  p e r e n n i  c o m p a g n e  •

Salii in soffitta e un istante dopo sbucai fuori sul tetto con sotto il braccio una gigantesca bandiera giallo-nera che usava sventolare dalla casa di mio padre nei numerosi compleanni del vecchio Francesco Giuseppe. E dall’alto del tetto, presso il parafulmine, cominciai a sventolare disperatamente quell’anacronismo politico. Che cosa mi proponevo con un simile gesto? Con quello spauracchio cercavo di attirare Giallorosso tanto in alto che i giovani la potessero vedere dal bosco e cominciassero a chiamarla. Speravo che in questo caso la vecchia avrebbe forse potuto rispondere con una reazione «chiu», riportando a casa i fuggitivi.

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L’anello… • 5. Le mie perenni compagne (b18-19)

  •  L o r e n z  (1 9 4 9)  •  5.  L e  m i e  p e r e n n i  c o m p a g n e  •

Essa produsse però anche qualcosa di buono, cioè l’occasione di compiere delle osservazioni che altrimenti, probabilmente, non avrei potuto fare. Il buono incominciò tre giorni dopo, con l’improvvisa ricomparsa di una taccola, la ex regina Giallorosso, la prima che avesse nidificato e allevato i suoi piccoli ad Altenberg.

Per amor suo, non volendo lasciarla del tutto sola, ricominciai ad allevare quattro giovani taccole, e quando queste furono in grado di volare le misi nella voliera accanto a Giallorosso. Ma nella fretta, occupato com’ero da mille cose, non mi accorsi che nella gabbia c’era di nuovo un grosso buco e, ancor prima di potersi abituare a Giallorosso, le quattro giovani taccole riacquistarono la libertà: in stormo compatto, cercando invano di guidarsi a vicenda, compirono delle evoluzioni sempre più alte, per atterrare infine sulla cima della collina assai lontano da casa, nel mezzo di un fitto faggeto dove m’era difficile avvicinarle; e, poiché quegli uccelli non erano ancora abituati a udire il mio richiamo e a seguirmi, avevo ben poche speranze di rivederli. Naturalmente Giallorosso avrebbe potuto richiamarli a casa con i suoi «chiu»: gli anziani, i «consoli» della colonia, si prendono cura di ogni giovane membro che sia in procinto di perdersi. Ma Giallorosso non considerava ancora i quattro come membri della colonia, essendo rimasta in loro compagnia soltanto per mezza giornata. Allora, nella mia disperazione, mi venne in mente un’idea geniale.

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L’anello… • 5. Le mie perenni compagne (b15-17)

  •  L o r e n z  (1 9 4 9)  •  5.  L e  m i e  p e r e n n i  c o m p a g n e  •

Dopo alcuni anni la mia colonia di taccole fu colpita da una sciagura le cui cause rimangono a tutt’oggi misteriose.

Per evitare di perderne un certo numero durante le migrazioni invernali, tenevo gli uccelli chiusi nella voliera da novembre a febbraio, e, poiché a quel tempo abitavo ancora a Vienna, ne affidavo la cura, dietro pagamento, a una persona che ritenevo coscienziosa. Un giorno risultò che tutti gli uccelli se ne erano andati: nella rete c’era un buco, forse provocato dal vento; due taccole furono trovate morte e le altre erano scomparse. Forse nella voliera si era insinuata una faina? Non lo so.

Fu questa una delle perdite più dolorose che mi abbiano colpito nella mia qualità di allevatore.

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L’anello… • 5. Le mie perenni compagne (b14)

  •  L o r e n z  (1 9 4 9)  •  5.  L e  m i e  p e r e n n i  c o m p a g n e  •

Nei richiami «chiu» e «chia» si riflette esclusivamente lo stato d’animo dell’uccello, che non intende affatto invitare consapevolmente un suo simile a volare verso casa o verso gli spazi aperti. Ma queste espressioni, del tutto prive d’intenzione, del proprio stato d’animo hanno un effetto estremamente contagioso, come gli sbadigli fra gli uomini, ed è proprio questo reciproco contagio a far sì che alla fine tutte le taccole si comportino allo stesso modo, per esempio dirigendosi compatte verso casa. Spesso occorre molto tempo prima che si raggiunga l’accordo: all’uomo questi animali dànno l’impressione di essere estremamente ‹indecisi›, e a ragione, perché ciò che manca agli animali è proprio la capacità di decidersi coscientemente in favore di una determinata azione, cioè di seguire un unico impulso, soggiogando tutti gli altri. Un osservatore umano può anche innervosirsi notevolmente quando uno stormo di taccole rimane per delle mezze ore diviso tra il «chia» e il «chiu». Per esempio lo stormo se ne sta sui campi ad alcuni chilometri da casa; ha smesso di cercare il cibo, e presto rientrerà a casa, se si intende il «presto» nel senso delle taccole; alla fine alcuni uccelli, per lo più anziani ed energici, si alzano in volo chiamando «chiu, chiu», e in un primo momento riescono a far sollevare tutto lo stormo; appena però si sono alzati nell’aria, risulta chiaramente che molti membri hanno ancora intenzioni «chia». In una interminabile baraonda di «chiu» e di «chia» lo stormo continua ad aggirarsi per l’aria, e alla fine atterra di nuovo, magari ancor più lontano da casa. Ciò si ripete una dozzina di volte, finché a poco a poco la componente «chiu» riesce ad avere il sopravvento, e solo quando ha raggiunto una notevole preponderanza lo stato d’animo «chiu» si allarga e cresce a mo’ di valanga, trascinando tutti gli uccelli, che infine si dirigono verso casa all’unisono, nel senso letterale del termine.

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L’anello… • 5. Le mie perenni compagne (b13)

  •  L o r e n z  (1 9 4 9)  •  5.  L e  m i e  p e r e n n i  c o m p a g n e  •

Questo interessante avvenimento mi indusse a studiare con maggior attenzione i diversi significati del «chia» e del «chiu», che mi divennero ben presto chiari: entrambi i richiami significano: «vieni con me», ma mentre la taccola emette un «chia» per invitare un suo simile a volar via lontano dalla colonia, con il «chiu» intende invitarlo a volare verso casa. Avevo sempre notato che gli stormi di taccole in migrazione ricorrevano a un richiamo diverso, più limpido di quello dei miei uccelli, e ora avevo capito perché: lontano da casa, rescissi i legami con la colonia originaria, alle taccole ‹manca› il verso di richiamo «chiu». A questo proposito sarebbe interessante appurare se il «chiu» risuona anche tra gli stormi migratori che in primavera fanno ritorno ai luoghi della cova. Comunque, d’inverno, fra le taccole di passaggio si ode soltanto un netto, limpido, breve «chia», mentre fra i miei uccelli, che anche in quella stagione si trovano sempre nelle immediate vicinanze della colonia, non manca mai una certa componente di desiderio di tornarsene a casa.

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L’anello… • 5. Le mie perenni compagne (b12)

  •  L o r e n z  (1 9 4 9)  •  5.  L e  m i e  p e r e n n i  c o m p a g n e  •

I due vecchi maschi lavorarono febbrilmente: due esperti cani da pastore non avrebbero potuto essere più attivi e zelanti nel separare e nel raccogliere le loro pecore mischiatesi a un gregge più grosso. Lavorarono ininterrottamente fino al crepuscolo inoltrato, fino a un’ora in cui di solito le taccole sono già da un pezzo a dormire. Il loro compito non era facile, perché i giovani, appena ricondotti faticosamente a casa, non volevano saperne di rimanervi, e continuavano a fuggire nuovamente verso i campi per raggiungere lo stormo; su dieci uccelli riportati a casa dai due vecchi, nove se ne volavano via di nuovo. Ma a tarda sera (i corvidi in migrazione si addormentano più tardi che quando sono a casa) lo stormo migratore se ne partì, e con un sospiro di sollievo io potei constatare che dei nostri molti giovani uccelli ne mancavano soltanto due.

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L’anello… • 5. Le mie perenni compagne (…b11a)

  •  L o r e n z  (1 9 4 9)  •  5.  L e  m i e  p e r e n n i  c o m p a g n e  •

[⇐]  I due patriarchi cercavano dunque di individuare nel grosso stormo una delle «nostre» taccole, inducendola poi a seguirli nel volo con quel sistema particolare che usano le taccole genitori con i propri piccoli quando devono distoglierli da un luogo pericoloso. L’uccello anziano, da dietro, vola basso sopra il dorso di quello giovane, e, nel momento in cui si trova verticalmente sopra di lui, fa oscillare velocemente, in senso laterale, la coda strettamente ripiegata: questa «cerimonia» induce con sicurezza l’uccello fermo a seguirlo come per riflesso. Così fecero anche Gialloverde e Gialloblù, volando lentamente, come già avevamo visto fare Cioc, davanti al piccolo, e riportandolo a casa come se lo tenessero al guinzaglio. Durante questo procedimento emettevano un particolare verso di richiamo, che si distingueva dall’abituale invito al volo delle taccole, breve e limpido, per il suo timbro sordo, strascicato: mentre il richiamo abituale suona come un limpido «chia», questo assomiglia piuttosto a un «chiu» o a un «chio». Io mi resi subito conto che avevo già udito quel suono, ma solo allora ne compresi il significato.

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L’anello… • 5. Le mie perenni compagne (b11…)

  •  L o r e n z  (1 9 4 9)  •  5.  L e  m i e  p e r e n n i  c o m p a g n e  •

Nell’autunno del 1929 un grosso stormo di taccole migratrici e di corvi neri comprendente in tutto 150 o 200 capi venne ad atterrare vicino a casa nostra, e tutte le mie giovani taccole di quell’anno e dell’anno precedente si mescolarono inestricabilmente ad esso. Solo alcuni uccelli anziani rimasero a casa. Per me questo avvenimento era una catastrofe, e già vedevo volar via quel che era stato il mio lavoro di due anni, ben sapendo quale irresistibile attrazione costituisca uno stormo migratore per delle giovani taccole: esse restano letteralmente affascinate da quella miriade di ali nere che sembrano invitarle a partirsene con loro; se non ci fossero stati Gialloverde e Gialloblù, il lavoro di due anni sarebbe andato totalmente perduto. Questi due vecchi maschi, gli unici della loro età presenti nella colonia, continuarono a far la spola tra la casa e il campo vicino, compiendo un’impresa talmente straordinaria che io stesso sarei tentato di dubitarne mentre ora ne scrivo, se questo incredibile comportamento dei due vecchi non avesse ricevuto poi ripetute conferme, anche sperimentali.  [⇒]

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L’anello… • 5. Le mie perenni compagne (b9-10)

  •  L o r e n z  (1 9 4 9)  •  5.  L e  m i e  p e r e n n i  c o m p a g n e  •

Non poche volte, tuttavia, ho visto i membri della colonia, che si precipitavano in soccorso dell’aggredito, identificare l’aggressore e dargliele di santa ragione. Nel 1928 il vero despota della colonia era una gazza. Questo uccello non gregario, che supera di gran lunga qualunque taccola per forza combattiva, continuava a insinuarsi violentemente nel nido di diverse coppie, provocando la loro reazione difensiva: pur non possedendo ovviamente un «organo» per unirsi al concerto delle taccole, e continuando quindi a battersi senza inibizioni, la gazza fu talmente mal ridotta dall’aggressione in massa degli altri uccelli, che ben presto smise di fare incursioni nei nidi altrui, né mai danneggiò, come avevo seriamente temuto, le covate delle taccole.

In questo tipo di reazioni collettive, la parte predominante spetta ai maschi più anziani, più forti e di rango più elevato, che del resto si prendono cura della comunità anche sotto un altro aspetto.

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[]  K.  L o r e n z,  ‹L’ a n e l l o  d i  R e  S a l o m o n e›  (1 9 4 9),  A d e l p h i,  2 0 0 6²².
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L’anello… • 5. Le mie perenni compagne (b8)

  •  L o r e n z  (1 9 4 9)  •  5.  L e  m i e  p e r e n n i  c o m p a g n e  •

Per por fine alla lite basta di solito che molte taccole si radunino insieme, dato soprattutto che l’originario aggressore ‹si unisce anch’esso al coro minaccioso!› L’osservatore tendente alle interpretazioni antropomorfiche potrebbe pensare che il perturbatore voglia stornare da sé i sospetti, gridando, per così dire: «al ladro, al ladro!». In realtà, invece, l’aggressore, che viene semplicemente trascinato dall’eccitazione generale del coro, non sa neppure di essere stato la causa del tumulto, e quindi si volge gridando da tutte le parti come se cercasse il perturbatore, cioè lo cerca veramente, in tutta sincerità.

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L’anello… • 5. Le mie perenni compagne (b7)

  •  L o r e n z  (1 9 4 9)  •  5.  L e  m i e  p e r e n n i  c o m p a g n e  •

A volte però l’aspra competizione per il possesso di una cavità utilizzabile per il nido può portare un uccello assai forte ad aggredire spietatamente nella sua cavità un uccello molto più debole. In questa evenienza non frequente si ricorre a quella singolare reazione consistente nell’emettere il verso «iip, iip»: lo «zicchettio» dell’aggredito, il possessore del nido, comincia gradualmente a intensificarsi fino a trasformarsi in un «iip, iip»; se non era lì già da prima pronta a dargli manforte, la moglie sopraggiunge ora con le penne arruffate, e si unisce furiosa al verso del marito, aggredendo il perturbatore della loro pace. E se questo non si ritira immediatamente, accade una cosa incredibile: tutte le taccole che si trovano a portata di voce piombano improvvisamente, urlando, verso il nido dell’aggredito, e i protagonisti della lotta scompaiono in una fitta mischia di taccole che gracchiano sempre più forte, in un orgiastico crescendo, che diventa presto un ‹fortissimo›. Dopo aver così scaricato la loro violenta eccitazione gli uccelli, rinsaviti, tornano a disperdersi, e si ode di nuovo soltanto il sommesso «zicchettio» dei padroni nel loro nido tornato tranquillo.

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L’anello… • 5. Le mie perenni compagne (b6)

  •  L o r e n z  (1 9 4 9)  •  5.  L e  m i e  p e r e n n i  c o m p a g n e  •

Tutta la cerimonia dello «zicchettio» è forzatamente connessa con il secondo atteggiamento di minaccia, quello mirante a difendere il posto scelto per il nido. Le taccole non ‹possono› emettere il loro «zic, zic» in nessun’altra posizione. Come tutti gli animali che delimitano un proprio ‹territorio›, anche per le taccole il «possesso» di un territorio si fonda sul fatto che l’uccello, quando è «a casa propria», ha molte più energie per lottare che non quando si trova in suolo straniero. Quindi la taccola che «zicchetta» nella sua cavità ha un grosso vantaggio di partenza nei riguardi di qualunque intruso, e ciò può far da contrappeso anche a notevoli differenze gerarchiche tra i membri della colonia.

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L’anello… • 5. Le mie perenni compagne (b5)

  •  L o r e n z  (1 9 4 9)  •  5.  L e  m i e  p e r e n n i  c o m p a g n e  •

Il primo atteggiamento di minaccia significa: «Se non mi fai immediatamente posto, ti aggredirò in volo», mentre il secondo vuol dire: «Combatterò fino all’ultima goccia di sangue per difendere questo posto dove mi trovo, e non cederò neppure di un millimetro». Di solito un uccello di rango superiore che si rivolge a uno di rango inferiore con il primo atteggiamento e lo vuole cacciar via, si ritira se l’avversario assume questo secondo atteggiamento, e solo nel caso che tenga molto a quel posto passerà all’attacco, assumendo anch’esso la seconda posizione di minaccia; allora i due se ne staranno lì fermi molto a lungo, ognuno volgendo all’altro il fianco e la coda aperta a ventaglio, senza giungere veramente a vie di fatto, ma limitandosi, sempre da questa posizione acquattata, a lanciare fieramente dei colpi di becco assai energici e rumorosi in direzione dell’avversario, e a sbuffare a tutto vapore. Chi riesce a resistere più a lungo è il vincitore di questa tenzone.

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L’anello… • 5. Le mie perenni compagne (b4)

  •  L o r e n z  (1 9 4 9)  •  5.  L e  m i e  p e r e n n i  c o m p a g n e  •

In generale una taccola che «zicchetta» nella cavità del nido non viene facilmente aggredita, perché rispetto a lei l’aggressore si trova decisamente in svantaggio. Ora la taccola dispone di due atteggiamenti di minaccia, ben distinti fra loro sia nella forma sia nel significato. Se la lite verte esclusivamente su una questione di ordine gerarchico, i due rivali assumono l’atteggiamento più fiero e minaccioso, ergendosi il più possibile, con le penne strette al corpo. Questa posizione esprime la minaccia di levarsi a volo e aggredire l’avversario sul dorso, ed essa è all’origine anche del modo di lottare di molti altri uccelli, che si avventano in volo l’uno contro l’altro cercando di sopraffarsi e di rovesciare l’avversario sul dorso. L’altro atteggiamento di minaccia si esprime mediante una posizione che è esattamente l’opposto della prima: l’uccello si piega, contrae il più possibile la testa e il collo, assumendo così una peculiare posizione «a dorso di gatto», e arruffa al massimo tutte le penne. La coda, aperta a ventaglio, si sposta di lato, verso l’avversario, e l’uccello si fa quindi più grande che può.

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L’anello… • 5. Le mie perenni compagne (b2-3)

  •  L o r e n z  (1 9 4 9)  •  5.  L e  m i e  p e r e n n i  c o m p a g n e  •

Verso gli ultimi giorni di marzo, quando la tendenza riproduttiva raggiunge il suo apice, in qualche nicchia del muro o in un comignolo il concerto assume un’intensità imprevista. Al tempo stesso il timbro del suono si altera, assumendo una tonalità più piena e più profonda, e venendo ad assomigliare piuttosto a una successione sempre più rapida e incalzante di «iip, iip», diversa dall’abituale «zic, zic»; verso la fine della strofa il ritmo diviene veramente frenetico. Intanto da tutte le parti le taccole si precipitano verso quella nicchia e, nella massima eccitazione, le penne arruffate e l’atteggiamento più fiero e minaccioso, si uniscono al concerto.

Che cosa significa tutto ciò? Una cosa davvero singolare: si tratta di un’azione collettiva contro un elemento perturbatore! Per meglio comprendere questo tipo di reazione sociale, dal carattere innato e quindi completamente istintivo, dobbiamo prendere le cose un poco alla lontana.

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L’anello… • 5. Le mie perenni compagne (b1)

  •  L o r e n z  (1 9 4 9)  •  5.  L e  m i e  p e r e n n i  c o m p a g n e  •

Nel secondo anno di vita tutte le taccole entrano nella fase riproduttiva. In realtà lo sono già nel loro secondo autunno, subito dopo la prima muta, in cui rinnovano non solo le piccole penne del corpo, ma anche quelle grosse delle ali e della coda. Dopo questa muta, nelle belle giornate autunnali gli uccelli sono già chiaramente in vena di attività riproduttiva, e soprattutto inclini a cercarsi il nido. Si ode allora ininterrottamente risuonare da tutte le parti il già menzionato «zic, zic». Quando il clima si fa più rigido, questa cosiddetta «pseudo primavera della muta» si affievolisce, ma la propensione alla riproduzione sussiste, seppure in modo latente, e nelle giornate invernali un po’ tiepide si può udire a volte un sommesso concerto di «zic, zic» che risuona attraverso i camini. In febbraio e in marzo la cosa si fa seria e lo strepito diviene insistente e ininterrotto. In quest’epoca si svolge, talora, anche un’altra cerimonia, la più interessante di tutta la vita sociale delle taccole.

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L’anello… • 5. Le mie perenni compagne (a63-64)

  •  L o r e n z  (1 9 4 9)  •  5.  L e  m i e  p e r e n n i  c o m p a g n e  •

Il romanzo ebbe una conclusione drammatica e repentina: un bel mattino Gialloblù era scomparso, e con lui… anche Verdesinistro! Certamente questi due uccelli esperti e maturi non erano incorsi con temporaneamente in un incidente, e quindi, senza dubbio, essi se ne erano semplicemente fuggiti. Come per gli uomini, così anche per gli animali le situazioni conflittuali sono tormentose, e non posso quindi escludere che a spingerli alla fuga sia stato il conflitto tra emozioni inconciliabili.

Non ho mai visto accadere nulla di simile tra coppie sposate e più anziane, e credo proprio che ciò non si verifichi mai. Tutte le volte che ebbi occasione di osservare a lungo una coppia di taccole che avevano già nidificato constatai che rimanevano unite fino alla morte. Però i vedovi e le vedove si risposano subito, appena trovano un compagno adatto, cosa non facile per le femmine anziane e di posizione gerarchica molto elevata.

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L’anello… • 5. Le mie perenni compagne (a62)

  •  L o r e n z  (1 9 4 9)  •  5.  L e  m i e  p e r e n n i  c o m p a g n e  •

Da quel momento Verdesinistro avanzò rapidamente nei suoi favori. Dopo pochi giorni vidi che egli la imboccava regolarmente, con tenerezza, sempre però, comunque, in assenza di Rossodestro. Ma si sopravvaluterebbero di gran lunga le facoltà intellettuali dell’uccello supponendo che egli si comportasse così in modo consapevole, che facesse le cose «dietro le spalle» della «legittima consorte»: la leccornia sarebbe certamente andata a Rossodestro, se questa fosse stata presente; ma, poiché non c’era, la riceveva l’altra. Man mano che si sentiva più sicura del proprio maschio, Verdesinistro assumeva anche un atteggiamento più sfacciato nei riguardi di Rossodestro: non sfuggiva più la rivale, e a volte fra le due c’erano dei veri e propri duelli. In questi frangenti Gialloblù teneva un contegno singolare: mentre di solito avrebbe sostenuto la sua sposa contro ogni altro membro della colonia, ora evidentemente era molto combattuto: minacciava Verdesinistro, ma non l’aggrediva più attivamente, e anzi una volta lo vidi compiere un gesto lievemente minaccioso nei riguardi di Rossodestro. Spesso erano evidenti la costrizione e l’imbarazzo causati in lui dalla situazione conflittuale.

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