La strategia gradualista di sottovalutare la portata quantitativa delle estinzioni di massa fu messa brillantemente in discussione da un gruppo di paleontologi del Field Museum di Chicago, guidati da David M. Raup. La sua stima della portata dell’estinzione del Permiano, avvenuta 251 milioni di anni fa, non lasciò adito a dubbi. I dati a disposizione indicarono la scomparsa del 52% delle famiglie di organismi marini. Raup considerò il comportamento di alcune “aree tassonomiche medie” e calcolò che per determinare la scomparsa del 52% delle famiglie è necessaria mediamente l’estinzione del 96% delle specie al loro interno, una cifra altissima. Fra Paleozoico e Mesozoico la vita fu a un passo dall’estinzione totale.
Il nodo concettuale che risaltò dai calcoli di Raup fu che sulla scorta di questi indici di estinzione non possiamo fondare alcuna argomentazione centrata sulla “selezione” o su criteri di priorità fra più adatti e meno adatti: un’estinzione con una media del 96% non può avere una selettività stringente. In un’estinzione di tali proporzioni non sopravvive il più adatto, semmai il più opportunista e flessibile, o il più fortunato: è una convulsione spasmodica della natura che colpisce alla cieca. Le vittime non hanno responsabilità. Molte specie, come i trilobiti, si ritrovarono semplicemente nel punto sbagliato al momento sbagliato.
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K E Y W O R D S
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[] T. P i e v a n i, ‹H o m o s a p i e n s e a l t r e c a t a s t o f i›, M e l t e m i, 2 0 1 8³ (r i v.).
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