Repubblica (10/1/2014) • Buccellati: in Mesopotamia… (d6-7)

  •  A z z o l i n i   (2 0 1 4)  •  … l e  v e r e  o r i g i n i  d e l l a  n o s t r a  p o l i t i c a  •

•  Il libro contiene persino una chiave di lettura del postmoderno. Accenna alla post-istoria, insiste sull’idea di controllo e, soprattutto, sull’analogia tra globalizzazione e impero. Perché?

«L’impero si sviluppa pienamente con gli assiri, ma il suo concetto è quasi viscerale. L’impero non è uno Stato grande, è una compagine di elementi eterogenei ideologicamente unificati. La logica imperiale tende a includere l’intera ecumene e non tollera nulla al di fuori di sé. In questo somiglia molto alla globalizzazione odierna».

•  Il suo sembra un approccio archeologico al mondo, non tanto al sapere, come quello che tentava Michel Foucault. Che cos’è per lei l’archeologia?

«L’archeologia non è una teoria, tantomeno una filosofia della storia. Ciò che l’archeologo, e nessun altro, fa è disseppellire e rendere ragione dei materiali di civiltà collassate su loro stesse. E per ricostruire la sensibilità e l’esperienza di tradizioni interrotte, nessun loro portatore cosciente può fornirgli testimonianza. Un archeologo è solo nel confronto coi dati. Per giocare col titolo di Oliver Sacks, è sempre “un archeologo su Marte”».

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K E Y W O R D S
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