Tutto ciò, ovviamente, è estraneo alla questione delle ‹origini› dei comportamenti dell’uomo anatomicamente moderno. Come abbiamo visto, troviamo impressionanti testimonianze di attività artistiche, musicali e simboliche fin dagli inizi del Paleolitico superiore europeo, molto oltre 30 kyr or sono. Non sappiamo per quanto tempo si protrasse l’acquisizione della sensibilità e delle inclinazioni del nuovo tipo umano, ma è evidente che erano già pienamente fiorite a uno stadio iniziale. Di conseguenza nessuno nega che le delicate placche dell’Abri Blanchard racchiudano una forma di notazione simbolica, sebbene non possiamo essere certi che fossero realmente calendari lunari, come è stato proposto. Ma il simbolismo è innegabilmente l’essenza dell’umanità, come intendo sottolineare nel prossimo capitolo. Se vi è una sola cosa che distingue l’uomo da tutte le altre forme di vita, attuali o estinte, è la capacità di pensiero simbolico: saper generare complessi simboli mentali ed elaborarli in nuove combinazioni. È proprio questo il fondamento dell’immaginazione e della creatività: la capacità, unicamente umana, di creare un mondo nella propria mente, e di ricrearlo in quello reale che si trova all’esterno. Altre specie possono sfruttare il mondo esterno con grande efficienza, come abbiamo visto nel caso degli scimpanzé, ma mantengono sostanzialmente il ruolo di soggetti passivi e meri osservatori. Anche i Neandertaliani, per quanto notevoli possano essere stati, con tutta probabilità si erano a malapena liberati da questa condizione.
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K E Y W O R D S
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[] I. T a t t e r s a l l, ‹I l c a m m i n o d e l l’ u o m o›, B o l l a t i B o r i n g h i e r i, 2 0 1 1.
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