Il rischio di non esserci è studiato da de Martino inizialmente nelle culture tradizionali, in cui erano operanti istituti magici, ma è da subito presentato in una dimensione più universale. La crisi della presenza si verifica in tutti quei «momenti critici» dell’esistenza in cui si manifesta il divenire: da quelli più legati al rapporto uomo-natura (le difficoltà incontrate dall’agricoltore o dal cacciatore), a quelli più squisitamente esistenziali, i «rapporti sessuali» e la «crisi della pubertà», il «rapporto con lo straniero», la «guerra alla malattia e alla morte» [25]. In tutti questi momenti, scrive l’etnologo, «la storicità sporge […], il compito umano di “esserci” è direttamente e irrevocabilmente chiamato in causa, qualche cosa di decisivo accade o sta per accadere, costringendo la stessa presenza ad accadere, a sporgere a se stessa, a impegnarsi e a scegliere» [26].
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NOTE
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[25]. E. de Martino, “Fenomenologia religiosa e storicismo assoluto”, ‹Studi e materiali di storia delle religioni›, 24-25 (1953-1954), pp. 18-19.
[26]. Ivi, p. 19.
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