È rispetto a questo intento che, al di là di ogni curiosità storica e di ogni interesse per un periodo così drammatico della storia della cultura europea, si deve valutare la riuscita del lavoro di Faye. Se diciamo che questo risultato per noi non è stato raggiunto dovremo sentirci colpevoli di neonazismo? E con noi la tanta filosofia della seconda metà del secolo ventesimo che ha letto e commentato Heidegger e ne ha fatto un punto di riferimento imprescindibile, un vero e proprio classico del pensiero della nostra epoca?
Insomma, per Faye, soprattutto dopo il suo libro — ma supponiamo anche prima di esso, data la sostanziale vicinanza che egli vede nello Heidegger giovane alla mentalità e allo spirito dello hitlerismo — non si può professarsi heideggeriani senza essere almeno sospetti di nazismo. I concetti-chiave di ‹Essere e tempo› (l’opera fondamentale di Heidegger del 1927) sarebbero già infetti dall’ideologia del Führer, esposta in ‹Mein Kampf› (1925-26). Ma che dire dei corsi friburghesi di Heidegger degli anni precedenti, anzitutto quello di ‹Introduzione alla fenomenologia della religione› (1919-20) in cui sono delineati, in chiaro riferimento alla tradizione cristiana, i temi fondamentali dell’opera maggiore e anche dei successivi sviluppi della critica alla metafisica?
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K E Y W O R D S
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