Stampa (5/6/2012) • Faye, Heidegger… (4-5)

  •  V a t t i m o  (2 0 1 2)  •  F a y e,  H e i d e g g e r  n o n  e r a  r a z z i s t a  •

Tutto il discorso di Faye ruota intorno al tema del razzismo, non solo della distruzione del popolo ebraico ma anche della eliminazione nazista dei popoli considerati inferiori. Diciamo che la filosofia di Heidegger, in quanto ispirata al nazismo, è qui oggetto di una sorta di processo di Norimberga, in cui la si giudica in nome della stessa umanità riconoscendola, o cercando di mostrarla, come disumana e dunque impraticabile da chiunque voglia restare fedele alla propria natura. Se avvertiamo in questa impostazione un certo spirito affine a quello della «lotta al terrorismo internazionale» che è diventato il pensiero comune dell’Occidente dall’11 settembre in poi peccheremo di eccessivo politicismo?

Il punto è che l’hitlerismo di Heidegger — innegabile dopo il 1933 e mai fatto oggetto da lui di un vero e proprio ripudio, di un atto di pubblico pentimento — non dà luogo a una filosofia razzista, tanto che i molti interpreti che hanno letto e utilizzato Heidegger anche «da sinistra», non lo hanno mai rilevato. Quel che Faye mette senz’altro sul conto del razzismo è l’antiumanismo di Heidegger, che ha ben altro spessore teorico, giacché si identifica con la sua critica — discutibile ma non certo da rigettare come «inumana» — della civiltà occidentale che ha dato luogo, fino al momento attuale, a un mondo dove progresso tecnologico, sfruttamento, dominio di classe, progressivo esaurimento delle risorse del pianeta appaiono indistricabilmente connessi.

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K E Y W O R D S
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