Se dunque gli animali e le piante variano, sia pure leggermente e lentamente, perché le variazioni o le differenze individuali, che sono in qualsiasi modo vantaggiose, non dovrebbero essere conservate e accumulate per mezzo della selezione naturale, o della sopravvivenza del più adatto? Se l’uomo può con pazienza selezionare le variazioni che gli sono utili, perché, in mutevoli e complesse condizioni di vita, non dovrebbero prodursi spesso variazioni vantaggiose per i prodotti viventi della natura, ed essere conservate o selezionate? Quale limite si può fissare a questa forza che agisce durante lunghe epoche, vagliando severamente l’intera costituzione, la struttura e le abitudini di ciascun individuo, favorendo il buono e scartando il cattivo? Non vedo nessun limite a questo potere di adattare lentamente e magnificamente ciascuna forma alle più complesse relazioni della vita. La teoria della selezione naturale, anche senza guardare più lontano, mi sembra essere probabile al più alto grado. Ho già ricapitolato, quanto meglio ho potuto, le difficoltà e le obiezioni: vediamo ora i fatti e gli argomenti particolari a favore della teoria.
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[] C h. D a r w i n, ‹L’ o r i g i n e d e l l e s p e c i e›, B o l l a t i B o r i n g h i e r i, 2 0 1 5.
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