Messaggero (9/11/1977) • Un analista che rifiuta Freud (d10)

  •  S t i n c h e l l i  (1 9 7 7)  •  U n  a n a l i s t a  c h e  r i f i u t a  F r e u d  •

•  Qual è la differenza tra analisi individuale e analisi collettiva?

«All’analisi individuale si presenta, quasi sempre, un uomo che sta molto male: è confuso, annullante, depresso. In quel caso deve fare quasi tutto l’analista, cogliendo il problema e cercando di risolverlo, direi a dispetto dello stesso analizzando che vuol distruggere l’analista. Questo, in un certo senso, si verifica anche al seminario, ma lì la risposta è collettiva. A volte io non faccio che interpretare il sogno di uno per rispondere a quello di un altro. È la conferma che l’uomo è un essere sociale. Vedi che Marx torna sempre? Voglio dire che il problema della ragazza la cui madre le dà della puttana perché esce la sera è problema di migliaia di persone, non è il problema personale di quella singola ragazza con quella madre. Questo è il mio lavoro, in poche parole. E allora si capisce perché tutto ciò rappresenta la distruzione di Freud».

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Messaggero (9/11/1977) • Un analista che rifiuta Freud (d9)

  •  S t i n c h e l l i  (1 9 7 7)  •  U n  a n a l i s t a  c h e  r i f i u t a  F r e u d  •

•  Anche qui c’entra Marx?

«Eh, sì. Perché tutta quella gente raccolta intorno a me parla, racconta, domanda, ascolta e domanda ancora. E torna, puntualmente, senza che nessuno le abbia fissato un appuntamento né un programma d’analisi. Tutti insieme, senza pudori né resistenze. Indubbiamente, trovano quel che stavano cercando. Tutti insieme, collettivamente. Siamo dunque lontano dall’analisi individuale. Un po’ come la presa di coscienza nella fabbrica. Per me è la conferma di essere sulla via giusta. Io non uccido il paziente come fa l’analista dall’alto del suo ruolo e del suo diploma, nel chiuso dello studio. Io li affronto, lì, seduto in mezzo a loro che sono centinaia, pronti a rimbeccarmi se dico stupidaggini. Perché la gente conosce l’analisi più di quanto comunemente si creda».

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Messaggero (9/11/1977) • Un analista che rifiuta Freud (d7-8)

  •  S t i n c h e l l i  (1 9 7 7)  •  U n  a n a l i s t a  c h e  r i f i u t a  F r e u d  •

•  Invece, nella tua c’è, a quanto lasci capire. Ma prima di te?

«C’è Marx. Ecco uno che aveva intuito la psicoanalisi, parlando di trasformazione. Mi riferisco al giovane Marx, quello dei “Manoscritti” e dell’“Ideolo[gia tedesca”]».


•  Meno male che anche tu ha un padre, ma veniamo ai tempi nostri: quando ti sei deciso a rompere con la Società di Psicoanalisi Italiana?

«È storia risaputa. Comunque, fu nel ’68. Sentii che i tempi erano maturi per tirar fuori quel che avevo scoperto e già praticavo. Pubblicai il mio primo libro e fu l’innesco della reazione a catena che mi ha portato agli attuali seminari basati sull’analisi collettiva».

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• Ideologia_tedesca ~ (“Ideologia tedesca”)

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Messaggero (9/11/1977) • Un analista che rifiuta Freud (d6)

  •  S t i n c h e l l i  (1 9 7 7)  •  U n  a n a l i s t a  c h e  r i f i u t a  F r e u d  •

•  È importante, secondo te, che Freud sia nato?

«Io, sulla nascita delle persone, evito di intervenire. Giusto che sia nato, lo sbaglio è che si è messo a fare lo psicoanalista. Se avesse fatto il medico generico sarebbe stato molto meglio. Diciamo le cose come stanno: esiste una bibliografia enorme, opera di predecessori di Freud, che sta a dimostrare che Freud non ha scoperto niente. Se una certa società e una certa cultura lo idealizzano tanto ciò è dovuto al fatto che con Freud l’analisi non si fa e questa società ha paura che la gente faccia l’analisi, perché fare l’analisi sul serio significa vederci chiaro, rendersi conto dei “mucchi di sabbia” di tanta cultura, significa imparare a dire di no. E chi sa dire di no rimette tutto in discussione: affare scomodo. Freud, invece, è comodo, perché finge di fare l’analisi. Infatti, non ha metodo, si limita a codificare la non-trasformazione umana. La sua è un’analisi interminabile, perché parte dal punto di vista che non c’è niente da fare e allora ricade nella vecchia psicoterapia di sostegno. Roba dei tempi di Ippocrate. Non c’è trasformazione…».

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Messaggero (9/11/1977) • Un analista che rifiuta Freud (d4-5)

  •  S t i n c h e l l i  (1 9 7 7)  •  U n  a n a l i s t a  c h e  r i f i u t a  F r e u d  •

•  Arrivando a questa scoperta e nel lavoro successivo, l’insegnamento di Freud l’ha tenuto presente?

«L’ho rifiutato e lo rifiuto totalmente».


•  Anche tu, però, in questa ricerca, pratichi «l’arte del sospetto»?

«Ma nemmeno per idea. Il sospetto parte da una verità precostituita e accertata. Io mi metto in sospetto se temo che tu mi dia un pugno. La mia ricerca non ha condizionamenti di questo tipo».

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Messaggero (9/11/1977) • Un analista che rifiuta Freud (d2-3)

  •  S t i n c h e l l i  (1 9 7 7)  •  U n  a n a l i s t a  c h e  r i f i u t a  F r e u d  •

•  C’è un episodio cui puoi legare questo momento del passaggio dalla psichiatria alla psicoanalisi?

«Sì, ed è connesso a un paziente il quale, un giorno, mi rimproverò di non averlo assistito in una determinata circostanza e di avergli, quindi, “fatto del male”. Ma se quel giorno, mi dissi, io ero in ospedale, come posso avergli fatto del male? Fu un’illuminazione: è l’assenza che fa del male. Cos’è l’assenza? È una pulsio[ne attiva; e quindi la] scoperta dell’annullamento».


•  Qui spunta Lacan…

«No. Lacan dice che è una mancanza. La mia, ripeto, è pulsione attiva di annullamento. La si può verificare nel “Non visto” e nel gioco infantile del “Bubù settete”, dove il bambino appare e sparisce. Di qui mille passaggi, verifiche e confronti. Una storia lunga, che comincia, però, qui: dalla scoperta dell’annullamento».

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Messaggero (9/11/1977) • Un analista che rifiuta Freud (d1)

  •  S t i n c h e l l i  (1 9 7 7)  •  U n  a n a l i s t a  c h e  r i f i u t a  F r e u d  •

•  Prima di arrivare all’analisi collettiva, che è il successo del giorno, vogliamo soffermarci un attimo sul punto di partenza?

«Per me tutto cominciò al liceo, quando, vivendo in ambiente medico, feci la prima osservazione: le malattie psichiche distruggono più di quelle fisiche. Una gamba rotta o una broncopolmonite trovavano soluzione mentre i pazienti depressi venivano liquidati col manicomio. Decisi allora di fare medicina e specializzarmi in psichiatria. Dopo la laurea, la pratica presso l’ospedale psichiatrico di Venezia. Per un anno e mezzo mi attenni al ruolo e alle disposizioni; non dovevo far altro che girare la chiavetta e zac: elettroshock. Allora mi chiesi: ma cosa sto facendo? Sto alla catena di montaggio? Avvito le teste? Me ne andai e cominciò un periodo duro per me. Prima Verona, dove mi cacciarono perché ero “rosso”, poi approdai a Padova, dove un minimo di ricerca si faceva. E lì mi venne la prima ispirazione. Dissi: l’istinto di morte è l’istinto di morte, d’accordo, ma questi, i malati, non muovono un dito. Dov’è tutta questa aggressività? Un esempio? Reparto agitati: trenta ricoverati, due infermieri. Mai accaduto un incidente. Allora, quest’istinto di morte non è distruzione. Incominciai così a studiare questo istinto passando e andando sempre più a fondo nel rapporto con l’inconscio. Mi trasferii in Svizzera, dove ebbi modo di superare la sindrome del malato per vedere cosa ci fosse dietro. Nel ’64 feci la mia analisi personale, la svolta fondamentale».

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Messaggero (9/11/1977) • Un analista che rifiuta Freud (a2-3)

  •  S t i n c h e l l i  (1 9 7 7)  •  U n  a n a l i s t a  c h e  r i f i u t a  F r e u d  •

Mezzo scienziato e mezzo profeta, rinnega paternità, filosofie e ideologie: Freud? Un pasticcione. Lacan? Un altro che non ha capito niente. La psicoanalisi? Sì, purché sia quella che passa per l’«inconscio marecalmo» [sic!], la «fantasia di sparizione» e l’«istinto di annullamento» [sic!]. Sono questi i tre cardini della «scoperta» su cui ruotano ossessivamente la dottrina e la «predicazione» di Fagioli.

Lo incontriamo nel suo quieto studio di via Nomentana, in una cornice rigorosamente freudiana: pochi libri, quadri anonimi, scrittoio modesto, poltrone comode e il sacro divanetto. Osserviamo. «Qualcosa di Herr Professor comunque rimane». Risponde: «Restano le analisi individuali che continuo a fare, perché i seminari sono gratuiti, ma il mio vero campo d’azione è l’analisi collettiva, una cosa che Freud non ha mai fatto».

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Messaggero (9/11/1977) • Un analista che rifiuta Freud (a1)

  •  S t i n c h e l l i  (1 9 7 7)  •  U n  a n a l i s t a  c h e  r i f i u t a  F r e u d  •

Quarantasei anni, faccia scavata e sguardo ardente dietro le lenti fumé, un passato di rissoso eretico freudiano alle spalle, Massimo Fagioli è oggi lo psicoanalista italiano di gran lunga più seguito e ascoltato. Da due anni, nello spazio universitario concessogli dall’illuminato pluralismo del professor Reda per l’intercessione del suo amico e collega Nicola Lalli, tiene seminari bisettimanali sempre più affollati. Terapia di gruppo? Psicodramma? L’autore di «Istinto di morte e conoscenza» respinge seccamente queste definizioni-etichetta che lo «soffocano», dice, «senza appartenergli».

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Messaggero (9/11/1977) • Un analista che rifiuta Freud (0)

  •  S t i n c h e l l i  (1 9 7 7)  •  U n  a n a l i s t a  c h e  r i f i u t a  F r e u d  •

Un analista che rifiuta Freud


di Fulvio Stinchelli
il Messaggero — 9/11/1977 (mercoledì 9 novembre 1977)

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Origine delle specie… • 1.7. Circostanze favorevoli… (…3a-4)

  •  D a r w i n  (1 8 5 9,  1 8 7 2⁶)  •  1. … v a r i a z i o n e … s t a t o  d o m e s t i c o  •

[⇐]  Quando diverse razze si sono formate in un paese, il loro incrocio occasionale, con l’aiuto della selezione, ha senza dubbio contribuito alla formazione di nuove sottorazze; ma l’importanza dell’incrocio è stata molto esagerata, sia per gli animali, sia per quelle piante che si riproducono per semi. Quanto alle piante che si riproducono temporaneamente per mezzo di innesti, gemme ecc., l’importanza dell’incrocio è immensa, perché in tal caso il coltivatore può trascurare l’estrema variabilità degli ibridi e dei bastardi e la sterilità degli ibridi; ma le piante che non si riproducono per semi hanno per noi poca importanza, perché la loro durata è solo temporanea.

L’azione accumulatrice della selezione sembra avere un potere predominante su tutte queste cause di variazione, sia quando viene esercitata metodicamente e rapidamente, sia quando viene esercitata inconsciamente e lentamente, ma con maggiore efficacia.

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[]  C h.  D a r w i n,  ‹L’ o r i g i n e  d e l l e  s p e c i e›,  B o l l a t i  B o r i n g h i e r i,  2 0 1 5.
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Origine delle specie… • 1.7. Circostanze favorevoli… (3…)

  •  D a r w i n  (1 8 5 9,  1 8 7 2⁶)  •  1. … v a r i a z i o n e … s t a t o  d o m e s t i c o  •

Riassumiamo ora quanto abbiamo detto sull’origine delle razze domestiche di animali e di piante. Il cambiamento delle condizioni di vita ha avuto la massima importanza nel determinare la variabilità, agendo sia direttamente sull’organizzazione, sia indirettamente attraverso il sistema riproduttore. Non è probabile che la variabilità sia una caratteristica necessaria e inerente, in qualunque circostanza. La maggiore o minore forza dell’eredità e della reversione decidono se le variazioni sono destinate a persistere. La variabilità è regolata da molte leggi sconosciute, la più importante delle quali è forse quella dello sviluppo correlato. Una certa influenza, non sappiamo fino a qual punto, può essere attribuita a effetti conseguenti dalle condizioni di vita. Forse una grande influenza è esercitata dall’uso e non uso delle parti. Così, il risultato finale diviene infinitamente complesso. In alcuni casi, l’incrocio di specie originariamente diverse sembra avere avuto una parte importante nell’origine delle nostre razze.  [⇒]

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[]  C h.  D a r w i n,  ‹L’ o r i g i n e  d e l l e  s p e c i e›,  B o l l a t i  B o r i n g h i e r i,  2 0 1 5.
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Origine delle specie… • 1.7. Circostanze favorevoli… (…2b)

  •  D a r w i n  (1 8 5 9,  1 8 7 2⁶)  •  1. … v a r i a z i o n e … s t a t o  d o m e s t i c o  •

[⇐]  E mi sembra ugualmente azzardato asserire che quei caratteri che hanno oggi raggiunto il loro limite massimo di variabilità non possano, dopo essere rimasti fissi per molti secoli, ritornare a variare in nuove condizioni di vita. Senza dubbio, come Wallace ha ragionevolmente osservato, un limite verrà alfine raggiunto; per esempio, ci deve essere un limite alla velocità di ogni animale terrestre, che sarà determinato dall’attrito, dal peso del corpo e dal potere di contrazione delle fibre muscolari. Ma qui ci interessa solo stabilire che le varietà domestiche della stessa specie differiscono tra di loro in misura maggiore delle diverse specie dello stesso genere, per quasi tutti quei caratteri che hanno interessato l’uomo e che l’uomo ha selezionato. Isidore Geoffroy Saint-Hilaire lo ha dimostrato per ciò che riguarda le dimensioni; lo stesso vale per il colore e, probabilmente, per la lunghezza del pelo. Quanto alla velocità, che dipende da numerosi caratteri fisici, Eclipse era molto più veloce — e un cavallo da tiro è incomparabilmente più forte — di qualsiasi altro individuo di due specie naturali appartenenti al medesimo genere. Lo stesso dicasi per le piante: i semi delle diverse varietà della fava o del granoturco differiscono forse, nelle loro dimensioni, più dei semi delle diverse specie di ciascun genere delle due famiglie. La stessa osservazione può essere estesa ai frutti delle diverse varietà del susino, e più ancora ai meloni e a molti altri casi analoghi.

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[]  C h.  D a r w i n,  ‹L’ o r i g i n e  d e l l e  s p e c i e›,  B o l l a t i  B o r i n g h i e r i,  2 0 1 5.
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Origine delle specie… • 1.7. Circostanze favorevoli… (…2a…)

  •  D a r w i n  (1 8 5 9,  1 8 7 2⁶)  •  1. … v a r i a z i o n e … s t a t o  d o m e s t i c o  •

[⇐]  Non metto in dubbio che alcuni animali domestici varino meno di altri, tuttavia la rarità o l’assenza di razze distinte nel gatto, nell’asino, nel pavone, nell’oca ecc. può essere attribuita soprattutto alla mancanza di selezione: nei gatti, per la difficoltà di appaiarli; nei somari, perché questi animali si trovano solitamente presso gente povera, che poco si cura della loro riproduzione: infatti, in alcune parti della Spagna e degli Stati Uniti, gli asini sono stati notevolmente modificati e migliorati con una accurata selezione; nei pavoni, perché sono molto difficili da allevare e non si trovano in grandi gruppi; nelle oche, per il fatto che esse interessano solo per il valore della carne e delle penne e, soprattutto, perché non fu mai sentito il desiderio di allevare ed esibire nuove razze. Tuttavia l’oca, nelle condizioni a cui è esposta in domesticazione, sembra avere un’organizzazione singolarmente rigida, pur avendo subìto qualche leggera variazione, come ho dimostrato altrove. Da alcuni autori è stato affermato che i nostri prodotti domestici raggiungono ben presto il limite delle loro possibilità di variazione, limite che non può mai essere superato in seguito. A me sembra piuttosto azzardato asserire che questo limite è stato sempre raggiunto, in ogni caso, giacché quasi tutti i nostri animali e piante sono migliorati molto e in molti modi, nei periodi più recenti, e ciò implica variazione.  [⇒]

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[]  C h.  D a r w i n,  ‹L’ o r i g i n e  d e l l e  s p e c i e›,  B o l l a t i  B o r i n g h i e r i,  2 0 1 5.
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Origine delle specie… • 1.7. Circostanze favorevoli… (2…)

  •  D a r w i n  (1 8 5 9,  1 8 7 2⁶)  •  1. … v a r i a z i o n e … s t a t o  d o m e s t i c o  •

Quanto agli animali, la facilità con cui si possono impedire gli incroci è elemento importante per la formazione di nuove razze, almeno nei paesi in cui già esistono altre razze. L’isolamento ha una notevole influenza su questi processi. I selvaggi nomadi, o gli abitanti di pianure aperte, raramente possiedono più di una razza della stessa specie. I colombi possono fare coppia tutta la vita, e ciò è di grande utilità per l’allevatore, il quale può così migliorare e far riprodurre molte razze in condizioni di purezza, pur tenendole nella stessa voliera. Ciò deve aver favorito moltissimo la formazione di nuove razze. I colombi, aggiungerò, si possono moltiplicare abbondantemente e con un ritmo veloce, e gli individui di qualità inferiore possono essere sacrificati senza perdita, perché vengono utilizzati come cibo. I gatti, invece, per le loro abitudini di vagabondaggio notturno, non possono essere facilmente controllati e, quantunque siano molto apprezzati dalle donne e dai bambini, è assai raro che una razza distinta si conservi a lungo. Le razze che ci accade talvolta di ammirare sono quasi sempre importate da un altro paese.  [⇒]

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[]  C h.  D a r w i n,  ‹L’ o r i g i n e  d e l l e  s p e c i e›,  B o l l a t i  B o r i n g h i e r i,  2 0 1 5.
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Origine delle specie… • 1.7. Circostanze favorevoli… (…1a)

  •  D a r w i n  (1 8 5 9,  1 8 7 2⁶)  •  1. … v a r i a z i o n e … s t a t o  d o m e s t i c o  •

[⇐]  Esemplari di animali o piante possono essere allevati in gran numero, in un paese, soltanto se esistono condizioni favorevoli alla loro riproduzione. Quando gli individui sono pochi, riescono tutti a riprodursi, qualunque sia la loro qualità, e questo impedisce la selezione. Ma la condizione più importante è, forse, che l’animale o la pianta siano apprezzati dall’uomo tanto da richiamare tutta la sua attenzione sulle deviazioni anche minime della loro qualità o struttura. Se manca questa attenzione, nulla si può ottenere. Ho sentito affermare con tutta serietà che è stata una gran fortuna che la fragola abbia cominciato a variare proprio quando i giardinieri hanno incominciato a occuparsene. Ora, non c’è dubbio che la fragola abbia sempre variato, da quando è stata coltivata; e tuttavia le sue piccole variazioni furono trascurate. Ma non appena i giardinieri scelsero le piante con frutti più precoci e più gustosi, e di dimensioni lievemente più grandi, ne piantarono i semi, e ne trassero poi le piante migliori per la riproduzione, allora (aiutandosi anche con l’incrocio tra specie diverse) ottennero quelle mirabili e numerose varietà di fragole che sono apparse negli ultimi cinquant’anni.

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Origine delle specie… • 1.7. Circostanze favorevoli… (1…)

  •  D a r w i n  (1 8 5 9,  1 8 7 2⁶)  •  1. … v a r i a z i o n e … s t a t o  d o m e s t i c o  •

Tratterò ora brevemente delle circostanze che favoriscono od ostacolano il potere selettivo dell’uomo. Esso è, naturalmente, favorito da un alto grado di variabilità, che fornisce il materiale su cui la selezione opera. Ciò non significa che le differenze individuali non siano sufficienti a consentire l’accumulo di un gran numero di modificazioni in qualsiasi direzione, qualora si operi con grande accuratezza; ma, poiché le variazioni manifestamente utili o piacevoli per l’uomo appaiono solo occasionalmente, la possibilità della loro comparsa sarà maggiore in allevamenti numerosi. Il numero è quindi un importantissimo elemento di successo. A questo riguardo, Marshall ha osservato, tempo addietro, che le pecore di alcune zone dello Yorkshire, «poiché generalmente appartengono a gente povera e sono divise in piccoli gruppi, non potranno mai essere migliorate». D’altra parte, gli orticoltori che coltivano numerosi esemplari della stessa pianta ottengono generalmente risultati molto superiori a quelli degli amatori nel produrre varietà nuove e importanti.  [⇒]

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Origine delle specie… • 1.6. Selezione inconscia (10)

  •  D a r w i n  (1 8 5 9,  1 8 7 2⁶)  •  1. … v a r i a z i o n e … s t a t o  d o m e s t i c o  •

Tutto ciò dimostra che la nostra ignoranza sulle origini e sulla storia dei nostri animali domestici è assai grande. D’altra parte, è quasi impossibile dire che una razza, come il dialetto di una lingua, abbia una sua precisa origine. Un uomo conserva e alleva la discendenza di un individuo che presenta qualche lieve modificazione strutturale, o mette più cura del solito nell’accoppiare i suoi soggetti più belli; in tal modo egli li migliora, e gli animali migliorati si propagano lentamente nelle immediate vicinanze. Essi non hanno però ancora un nome speciale, ed essendone ancora poco apprezzato il valore, la loro storia è trascurata. Quando, successivamente, per lo stesso lento e graduale processo, gli esemplari si diffonderanno maggiormente e saranno riconosciuti e apprezzati come qualcosa di particolare, riceveranno alfine probabilmente il nome di una provincia. Nei paesi semicivilizzati, dove le comunicazioni sono difficili, la diffusione di una nuova sottorazza sarà un processo più lento. Non appena i caratteri pregevoli saranno riconosciuti, il principio a cui ho dato il nome di selezione inconscia agirà accentuando lentamente i tratti caratteristici della razza, quali che essi siano, e ciò accadrà forse in certi periodi più che in altri, a seconda che le razze andranno più o meno di moda, e forse più in un territorio che in un altro, a seconda del grado di civiltà degli abitanti. Ma sarà sempre molto difficile trovar registrata la storia di variazioni così lente e irregolari da riuscire impercettibili.

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Origine delle specie… • 1.6. Selezione inconscia (9)

  •  D a r w i n  (1 8 5 9,  1 8 7 2⁶)  •  1. … v a r i a z i o n e … s t a t o  d o m e s t i c o  •

Non si creda però che le deviazioni della struttura debbano essere necessariamente accentuate per attirare l’attenzione dell’amatore: egli percepisce differenze minime; ed è proprio della natura umana l’apprezzare qualsiasi novità, anche minima, che si manifesti nelle cose che possediamo. Né si deve giudicare il valore che in altri tempi sarebbe stato attribuito a lievi differenze negli individui della stessa specie, in base al valore che ad esse si attribuisce attualmente per le diverse razze che hanno raggiunto una buona stabilità. Si sa che nei colombi possono apparire occasionalmente variazioni leggere, ma esse vengono respinte come difetto o deviazioni dal tipo perfetto di ogni razza. L’oca comune non ha dato origine ad alcuna varietà ben definita, tanto che la razza di Tolosa e la razza comune, che differiscono soltanto per il colore, il meno costante fra tutti i caratteri, sono state di recente esposte come distinte nelle mostre di pollame.

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Origine delle specie… • 1.6. Selezione inconscia (8)

  •  D a r w i n  (1 8 5 9,  1 8 7 2⁶)  •  1. … v a r i a z i o n e … s t a t o  d o m e s t i c o  •

In base all’opinione qui espressa sull’importanza della selezione da parte dell’uomo, risulta senz’altro chiaro perché le nostre razze domestiche si mostrino così idonee, per struttura e abitudini, ai bisogni o ai capricci dell’uomo. Inoltre, possiamo anche comprendere meglio la frequenza di caratteri anormali, come pure le grandi differenze dei caratteri esterni in relazione alle lievi differenze degli organi interni. L’uomo può difficilmente selezionare variazioni strutturali non visibili, interne, e infatti raramente se ne cura. Egli può applicare la selezione solo partendo da variazioni, sia pur piccole, che la natura inizialmente gli fornisce. Nessuno avrebbe mai cercato di produrre un colombo pavoncello se non avesse notato un colombo con la coda sviluppata in modo insolito, né avrebbe pensato al colombo gozzuto se non avesse visto un colombo col gozzo di dimensioni non comuni; e più un carattere appare anormale o eccezionale, più facilmente esso attira l’attenzione dell’uomo. Ma io sono convinto che, nella maggioranza dei casi, un’espressione come: cercare di produrre un colombo pavoncello è assolutamente inesatta. L’uomo che per primo scelse un colombo con la coda leggermente più sviluppata non avrebbe mai potuto prevedere come quel colombo sarebbe diventato attraverso una selezione continuata, in parte inconscia, e in parte metodica. Forse il colombo progenitore di tutti i pavoncelli aveva soltanto quattordici timoniere un poco espanse, come l’attuale pavoncello di Giava, o come gli individui di altre razze nei quali si sono contate fino a diciassette timoniere. Forse il primo colombo gozzuto non gonfiava il gozzo più di quanto non faccia attualmente il turbit quando dilata la parte superiore dell’esofago, abitudine a cui gli allevatori non prestano attenzione come se non fosse uno dei caratteri della razza.

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Origine delle specie… • 1.6. Selezione inconscia (7)

  •  D a r w i n  (1 8 5 9,  1 8 7 2⁶)  •  1. … v a r i a z i o n e … s t a t o  d o m e s t i c o  •

A proposito degli animali domestici allevati dai popoli primitivi, non si deve dimenticare che essi quasi sempre, o almeno durante certe stagioni, debbono lottare per procurarsi il cibo. E, dati due paesi molto differenti, individui della stessa specie che presentino piccole differenze di costituzione o struttura spesso vivrebbero meglio in un paese piuttosto che nell’altro; così attraverso il processo della «selezione naturale», come sarà in seguito più completamente spiegato, potranno formarsi due sottorazze. Ciò spiega forse in parte il fatto che le varietà dei paesi abitati dai popoli primitivi, com’è stato segnalato da vari autori, hanno il carattere di vere specie più di quelle dei paesi abitati dall’uomo civile.

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Origine delle specie… • 1.6. Selezione inconscia (6)

  •  D a r w i n  (1 8 5 9,  1 8 7 2⁶)  •  1. … v a r i a z i o n e … s t a t o  d o m e s t i c o  •

Tutti questi cambiamenti, lentamente ed inconsciamente accumulati, spiegano, io credo, il fatto ben noto che, in gran numero di casi, non è possibile riconoscere, e perciò non conosciamo, i ceppi originali selvatici di piante coltivate fin da epoca remota nei nostri orti e giardini. Se, per migliorare o modificare la maggior parte delle nostre piante sino alla loro presente condizione di utilità, furono necessarie centinaia o migliaia di anni, è facile capire perché né l’Australia, né il Capo di Buona Speranza, né alcuna altra regione abitata da uomini non ancora civili, ci abbiano dato una sola pianta degna di essere coltivata. Ciò non significa che questi paesi tanto ricchi di specie non posseggano per uno strano caso i ceppi originali di molte piante utili, ma che le piante indigene non sono state migliorate dalla continua selezione sino a un grado di perfezione paragonabile a quello raggiunto dalle piante dei paesi di civiltà più antica.

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Origine delle specie… • 1.6. Selezione inconscia (5)

  •  D a r w i n  (1 8 5 9,  1 8 7 2⁶)  •  1. … v a r i a z i o n e … s t a t o  d o m e s t i c o  •

Lo stesso graduale processo di miglioramento ha luogo nelle piante, con la conservazione occasionale degli individui migliori, siano o non siano tanto differenziati da essere considerati a un primo sguardo come varietà diverse, siano o non siano derivati da due o più specie o razze attraverso l’incrocio. Questo processo si può riconoscere chiaramente nell’aumento di dimensioni e nella maggiore bellezza delle attuali varietà della viola del pensiero, della rosa, del pelargonio, della dalia e di altre piante in confronto con le varietà più antiche o i ceppi originari. Nessuno potrebbe mai aspettarsi di ottenere una viola del pensiero o una dalia della migliore specie dal seme di una pianta selvatica, né di ottenere una pera fondente di prima qualità dal seme di una pera selvatica; benché ciò potrebbe accadere adoperando semente inferiore cresciuta allo stato selvatico ma proveniente da una pianta coltivata. Secondo la descrizione di Plinio, la pera, pur essendo già coltivata a quei tempi, pare fosse un frutto di qualità molto scadente. Nelle opere di orticoltura è espressa grande sorpresa per gli splendidi risultati ottenuti dai giardinieri con materiali di scarsa qualità; tuttavia il processo è stato semplice ed è stato eseguito in maniera quasi inconscia, fino al risultato finale. Esso consisteva nel coltivare sempre le migliori varietà conosciute, seminarle e, non appena compariva una varietà lievemente superiore, selezionarla, e così di seguito. Gli antichi giardinieri, che coltivavano le migliori pere che potevano procurarsi, non avrebbero mai immaginato quali eccellenti frutti noi avremmo mangiato un giorno; e tuttavia noi dobbiamo questi frutti, almeno in parte, al loro lavoro di scelta e coltivazione delle migliori varietà che allora si potessero trovare.

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Origine delle specie… • 1.6. Selezione inconscia (4)

  •  D a r w i n  (1 8 5 9,  1 8 7 2⁶)  •  1. … v a r i a z i o n e … s t a t o  d o m e s t i c o  •

Anche supponendo che esistano selvaggi così primitivi da non preoccuparsi di modificare i caratteri ereditari dei loro animali domestici, essi avranno avuto almeno qualche animale particolarmente utile per certi usi speciali, e lo avranno conservato con cura durante le carestie o gli altri flagelli ai quali i selvaggi sono tanto esposti. Questi animali, scelti fra gli altri, avranno in tal caso lasciato maggiore discendenza di quelli meno pregiati, e così sarà stata eseguita una sorta di selezione inconscia. È ben noto il valore che i selvaggi della Terra del Fuoco attribuiscono ai loro animali domestici; essi, infatti, nei tempi di carestia, arrivano a uccidere e divorare le loro vecchie donne, che considerano di minor valore che non i propri cani.

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Origine delle specie… • 1.6. Selezione inconscia (3)

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Youatt fornisce un ottimo esempio degli effetti di una selezione continuata, che può essere considerata inconscia per il fatto che gli allevatori non potevano immaginare o desiderare i risultati ottenuti: la produzione, cioè, di due razze ben distinte. I due tipi di pecore Leicester allevati da Buckley e Burgess, secondo quanto nota Youatt, «sono stati allevati senza mai fare incroci, partendo dal ceppo originario di Bakewell, per oltre cinquant’anni. Nessuno che si intenda della materia potrebbe sospettare che il proprietario dell’uno o dell’altro tipo abbia mai voluto deviare dal puro sangue del gregge di Bakewell, e tuttavia la differenza fra le pecore possedute da Burgess e Buckley è tanto grande che esse hanno tutto l’aspetto di varietà completamente diverse».

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Origine delle specie… • 1.6. Selezione inconscia (2)

  •  D a r w i n  (1 8 5 9,  1 8 7 2⁶)  •  1. … v a r i a z i o n e … s t a t o  d o m e s t i c o  •

Con lo stesso processo di selezione e con un allenamento accurato i cavalli da corsa inglesi sono arrivati a superare in velocità e statura i cavalli arabi da cui discendono, tanto che questi ultimi, secondo i regolamenti delle corse di Goodwood, vengono favoriti con carichi di peso minore. Lord Spencer e altri hanno dimostrato che il bestiame bovino d’Inghilterra è migliorato nel peso e nella precocità in confronto a quello che si allevava anticamente. Se si paragonano le notizie fornite dai vecchi trattati sui colombi viaggiatori e capitombolanti di un tempo con lo stato attuale di queste razze in Gran Bretagna, India e Persia, si possono seguire tutti gli stadi attraverso i quali le razze sono insensibilmente passate, prima di diventare così profondamente diverse dal colombo torraiolo.

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[]  C h.  D a r w i n,  ‹L’ o r i g i n e  d e l l e  s p e c i e›,  B o l l a t i  B o r i n g h i e r i,  2 0 1 5.
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Origine delle specie… • 1.6. Selezione inconscia (…1a)

  •  D a r w i n  (1 8 5 9,  1 8 7 2⁶)  •  1. … v a r i a z i o n e … s t a t o  d o m e s t i c o  •

[⇐]  I cambiamenti lenti e insensibili di questo tipo potranno essere valutati soltanto se fin dal principio si saranno prese misure esatte ed eseguiti disegni accurati in base ai quali poter fare i confronti. In alcuni casi, però, è possibile trovare individui della stessa razza o poco o per nulla modificati; e questo avviene nelle regioni meno incivilite, dove il miglioramento della razza primitiva è stato solo di poco conto. Abbiamo sufficienti motivi per ritenere che lo spaniel di re Carlo sia stato inconsciamente, ma profondamente modificato, nel periodo che va dall’epoca di questo monarca a oggi. Persone molto competenti sono convinte che il setter inglese derivi direttamente dallo spaniel, e che, probabilmente, si sia differenziato attraverso lente modificazioni. Sappiamo che il pointer inglese ha variato notevolmente nell’ultimo secolo, e si ritiene che la causa principale di questo cambiamento sia dovuta agli incroci con il foxhound: ma ciò che ci interessa è che il cambiamento si è effettuato inconsciamente, gradatamente, e tuttavia così efficacemente che, sebbene il vecchio pointer spagnolo provenga certamente dalla Spagna, il signor Borrow mi ha assicurato di non aver visto in quel paese un solo cane indigeno simile all’attuale pointer inglese.

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Origine delle specie… • 1.6. Selezione inconscia (1…)

  •  D a r w i n  (1 8 5 9,  1 8 7 2⁶)  •  1. … v a r i a z i o n e … s t a t o  d o m e s t i c o  •

Attualmente i buoni allevatori cercano di ottenere una nuova discendenza o sottorazza, superiore a tutte quelle esistenti nel paese, per mezzo di una selezione metodica diretta verso uno scopo determinato. Ma per noi è molto più importante un altro tipo di selezione, che possiamo chiamare inconscia, e che deriva dal desiderio di ciascuno di possedere e moltiplicare i migliori individui di ogni specie. Così, un uomo che desidera allevare dei cani pointer cerca naturalmente di procurarsi i migliori individui, e di ottenere la discendenza dai più perfetti di essi, pur senza avere l’intenzione di cambiare la razza in modo permanente. Tuttavia possiamo ritenere che tale processo, continuato nel corso dei secoli, finirebbe per modificare e migliorare qualsiasi razza, così come Bakewell, Collins ecc., con l’impiego sistematico di questo metodo e per la sola durata della loro vita, hanno modificato considerevolmente le forme e le qualità del loro bestiame.  [⇒]

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Origine delle specie… • 1.5. Princìpi di selezione… (6)

  •  D a r w i n  (1 8 5 9,  1 8 7 2⁶)  •  1. … v a r i a z i o n e … s t a t o  d o m e s t i c o  •

Si potrebbe obiettare che il principio della selezione è stato messo metodicamente in pratica da non più di tre quarti di secolo; in effetti, solo in tempi recenti si è dedicato maggior interesse all’argomento, sono stati pubblicati molti trattati, e, in corrispondenza di ciò, il risultato è stato proporzionatamente rapido e importante. Ma d’altra parte non è affatto vero che il principio stesso sia una scoperta moderna. Potrei citare opere molto antiche in cui già ne era riconosciuta tutta l’importanza. Durante i periodi barbarici e primitivi della storia d’Inghilterra si importavano spesso animali scelti, e la loro esportazione era vietata da apposite leggi; era obbligatoria la distruzione dei cavalli al di sotto di una determinata misura, provvedimento che può considerarsi analogo all’eliminazione delle piante «cattive» dai vivai. In un’antica enciclopedia cinese ho trovato una chiara formulazione del principio della selezione. Alcuni classici latini stabiliscono regole precise in materia. Da alcuni passi della ‹Genesi› risulta chiaro che già in quel lontano periodo si prestava attenzione al colore degli animali domestici. Attualmente i selvaggi incrociano talvolta i loro cani con cani selvatici per migliorare la razza, e lo facevano anche in passato, come si ricava da certi passi di Plinio. I selvaggi dell’Africa meridionale accoppiano i loro bovini da tiro in base al colore, e lo stesso fanno alcuni esquimesi per i loro tiri di cani. Livingstone riferisce che anche i neri dell’interno dell’Africa, che non hanno alcun rapporto con gli europei, valorizzano considerevolmente le buone razze di animali domestici. Alcuni di questi fatti non dimostrano chiaramente l’esistenza di una vera e propria selezione, ma dimostrano che già nei tempi antichi l’allevamento degli animali domestici fu praticato con cura, ed è attualmente praticato anche dai popoli più selvaggi. Sarebbe infatti veramente strano se non si fosse posta molta attenzione nell’allevamento, dato che l’ereditarietà delle caratteristiche buone e cattive è così evidente.

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Origine delle specie… • 1.5. Princìpi di selezione… (5)

  •  D a r w i n  (1 8 5 9,  1 8 7 2⁶)  •  1. … v a r i a z i o n e … s t a t o  d o m e s t i c o  •

Ritornando alle piante, esiste un altro metodo per osservare gli effetti accumulati della selezione, cioè quello di confrontare, nei giardini, la diversità dei fiori delle varietà differenti di una stessa specie; negli orti, la diversità delle foglie, dei baccelli, dei tuberi o di qualsiasi parte abbia importanza, in rapporto coi fiori delle stesse varietà; e nei frutteti, la diversità dei frutti della stessa specie in rapporto con le foglie e i fiori dello stesso gruppo di varietà. Osserviamo come sono diverse le foglie del cavolo, e come sono simili i suoi fiori; come sono diversi i fiori della viola del pensiero e come sono simili le sue foglie; come il frutto delle diverse qualità di uva spina varia nelle dimensioni, nel colore, nella forma e nel grado di villosità, mentre i fiori presentano solo differenze lievissime. Ciò non significa che le varietà molto diverse in qualche punto non presentino alcuna differenza in altri punti: questo non accade quasi mai, e forse mai, secondo quanto posso affermare in seguito a minuziose osservazioni. La legge della variazione correlata, di cui non dobbiamo mai trascurare l’importanza, determinerà sempre qualche differenza; ma non vi è dubbio, come regola generale, che la continua selezione di lievi variazioni, sia nelle foglie, sia nei fiori, sia nei frutti, produrrà razze che differiscono fra loro soprattutto in questi organi.

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Origine delle specie… • 1.5. Princìpi di selezione… (4)

  •  D a r w i n  (1 8 5 9,  1 8 7 2⁶)  •  1. … v a r i a z i o n e … s t a t o  d o m e s t i c o  •

Gli stessi princìpi sono seguiti dagli orticoltori; spesso però in questo campo le variazioni sono più improvvise. Nessuno suppone che i nostri prodotti più raffinati siano stati il risultato di una sola variazione del ceppo originale. Abbiamo le prove che così non è stato in parecchi altri casi dei quali abbiamo esatte notizie storiche: possiamo ricordare, per fare un esempio molto banale, il costante aumento di dimensioni della comune uva spina. Così pure possiamo constatare un progresso sorprendente in molte piante da fiori, se confrontiamo i fiori attuali con i disegni fatti soltanto venti o trent’anni fa. Quando una razza di piante si è sufficientemente stabilizzata, i coltivatori non scelgono più le piante migliori, ma si limitano a controllare i loro semenzai e ad estirpare quelle «cattive», cioè quelle piante che deviano dal tipo normale. Anche con gli animali si usa questo tipo di selezione; giacché difficilmente si troverà un allevatore tanto negligente da permettere la riproduzione dei suoi animali peggiori.

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Origine delle specie… • 1.5. Princìpi di selezione… (3)

  •  D a r w i n  (1 8 5 9,  1 8 7 2⁶)  •  1. … v a r i a z i o n e … s t a t o  d o m e s t i c o  •

Il risultato effettivamente ottenuto dagli allevatori inglesi è provato dall’altissimo prezzo degli animali che hanno un buon pedigree; e questi sono stati esportati in quasi ogni parte del mondo. Generalmente il miglioramento non è dovuto affatto all’incrocio di razze differenti; tutti i migliori allevatori si oppongono recisamente a questa pratica, che adottano talvolta solo per sottorazze molto affini. Inoltre, quando un incrocio è stato effettuato si rende necessaria una selezione ancor più severa che nei casi ordinari. Se la selezione consistesse solamente nel separare qualche varietà nettamente differenziata e farla riprodurre, il principio sarebbe di tale evidenza che non metterebbe conto discuterlo. Ma la sua importanza consiste nel grande effetto prodotto dall’accumularsi in una sola direzione, nel corso delle generazioni, di differenze assolutamente inapprezzabili per occhi inesperti, differenze che io stesso ho tentato invano di scoprire. Non c’è nemmeno un uomo su mille che possieda il colpo d’occhio e la sicurezza di giudizio necessari per diventare un bravo allevatore. Chi sia dotato di tali qualità, e studi la materia per anni, e le dedichi tutta la vita con indomabile perseveranza, avrà successo e potrà fare grandi progressi; ma se gli mancherà una qualunque di queste qualità, fallirà certamente il suo scopo. Pochi hanno una giusta idea delle capacità naturali e della lunga pratica necessarie per formare un abile allevatore, anche solo di colombi.

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Origine delle specie… • 1.5. Princìpi di selezione… (2)

  •  D a r w i n  (1 8 5 9,  1 8 7 2⁶)  •  1. … v a r i a z i o n e … s t a t o  d o m e s t i c o  •

Il grande valore di questo principio di selezione non è ipotetico. È certo che molti dei nostri celebri allevatori hanno, perfino nel corso della vita di un solo uomo, modificato largamente le loro razze di bovini e di pecore. Per poter capire completamente quello che hanno fatto, sarebbe necessario leggere alcuni dei numerosi trattati dedicati a questo argomento e vedere gli animali. Gli allevatori parlano abitualmente dell’organismo di un animale come di qualcosa di plastico, che essi possono modellare quasi a loro piacere. Se disponessi di maggiore spazio potrei citare, a questo proposito, numerosi passi di persone molto autorevoli in questo campo. Youatt, che conosceva il lavoro degli agricoltori forse meglio di chiunque altro, ed era egli stesso un eccellente giudice in fatto di animali, parla del principio della selezione come di ciò «che permette all’agricoltore, non solo di modificare il carattere del suo gregge, ma di trasformarlo completamente. È la bacchetta magica per mezzo della quale egli può chiamare in vita qualsiasi forma e modello desideri». Lord Somerville, parlando di ciò che hanno fatto gli allevatori di pecore, dice: «Sembrerebbe quasi che avessero disegnato con il gesso, sulla parete, una forma perfetta, e che poi le avessero dato vita». In Sassonia l’importanza del principio selettivo, per ciò che riguarda le pecore ‹merinos›, è talmente riconosciuta che ne è sorto un lavoro regolare: le pecore vengono stese sopra una tavola e studiate, come farebbe un intenditore con un quadro; questo avviene tre volte a intervalli di alcuni mesi, e ogni volta l’animale è segnato e classificato, così che alla fine soltanto i soggetti migliori sono scelti per la riproduzione.

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Origine delle specie… • 1.5. Princìpi di selezione… (…1a)

  •  D a r w i n  (1 8 5 9,  1 8 7 2⁶)  •  1. … v a r i a z i o n e … s t a t o  d o m e s t i c o  •

[⇐]  Ma se confrontiamo il cavallo da tiro con quello da corsa, il dromedario con il cammello, e le diverse razze di pecore adatte alle pianure coltivate o ai pascoli di montagna, i cui diversi tipi di lana servono a usi diversi; se confrontiamo le molte razze di cani, ciascuna delle quali è utile all’uomo in diverso modo; se confrontiamo il gallo combattente, così ostinato nella zuffa, con altre specie tanto pacifiche, con altre che depongono continuamente uova senza mai covarle, e con il gallo Bantam così piccolo ed elegante; se confrontiamo la legione delle piante agricole e alimentari, da frutto e da giardino, piante che nella grande maggioranza sono utili all’uomo nelle diverse stagioni e per usi diversi, o così gradevoli ai suoi occhi, dobbiamo, io credo, cercare qualcosa di più della semplice variabilità. Non è possibile pensare che tutte queste varietà si siano improvvisamente formate così perfette e utili come oggi le vediamo; e ci risulta, infatti, che in molti casi non è stata questa la loro storia. La chiave del problema sta nel potere dell’uomo di operare una selezione accumulativa: la natura fornisce variazioni successive, e l’uomo le accumula nelle direzioni che gli sono utili. In questo senso si può dire che egli si è fabbricato le razze che gli sono vantaggiose.

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Origine delle specie… • 1.5. Princìpi di selezione… (1…)

  •  D a r w i n  (1 8 5 9,  1 8 7 2⁶)  •  1. … v a r i a z i o n e … s t a t o  d o m e s t i c o  •

Consideriamo ora brevemente i gradini attraverso i quali si sono formate le razze domestiche, sia da una sola sia da più specie affini. Un certo effetto può essere attribuito all’azione diretta e definita delle condizioni esterne di vita, e un certo effetto all’abitudine; ma sarebbe azzardato voler spiegare con queste cause le differenze fra il cavallo da tiro e quello da corsa, fra il levriero e il bracco, fra il colombo viaggiatore e il capitombolante. Una delle caratteristiche più notevoli delle nostre razze domestiche è il loro adattamento in funzione non già del benessere dell’animale o della pianta, ma del vantaggio o del capriccio dell’uomo. Alcune variazioni utili all’uomo, probabilmente, si sono prodotte all’improvviso, in una sola volta; ad esempio, molti botanici credono che il cardo dei lanaioli, con i suoi uncini superiori a qualsiasi congegno meccanico, sia soltanto una varietà del ‹Dipsacus› selvatico; e la trasformazione può essere avvenuta tutta in una volta in una pianta giovane. Lo stesso è probabilmente accaduto nel caso del cane usato in Inghilterra per girare lo spiedo, e sappiamo che questo è il caso della pecora Ancon.  [⇒]

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