Caro Luciano,
ho avuto la ventura, da ragazzino, di incontrare una donna assai brutta. A me parve bruttissima appena la vidi. Ho sempre bevuto molto, da tutti, le strade e le stradine percorse, deserte, salvo le molte puttane, molli di pioggia si trasformarono per me in uno di quei labirinti che fanno ogni istituto di psicologia, da un milione di anni, che servono per certi esperimenti sugli uomini: sull’istinto animale, la ripetizione, la rassegnazione, la passività.
Dentro quei vicoli mi muovevo con pochissima sicurezza, dapprima, che diventava, poi, sempre maggiore. Guidato da un desiderio forsennato e dalla certezza che le cose non potevano essere in quel modo. Era una sensazione dolorosa aumentata dalla mia nebbia di allora. E il mio corpo era in subbuglio. Penso che tu intenda cosa voglio dire. Quella donna, la realtà psichica umana, le cui labbra bellissime nascondevano spesso, troppo spesso i denti guasti dell’invidia e della rabbia.
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K E Y W O R D S
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