Anche in questo caso, sono state avanzate proposte sempre più bizantine e remote dall’intuizione del senso comune [45]. Tuttavia, considerando l’intera discussione sull’analisi condizionale, sembra equo il giudizio di un compatibilista quale Bernard Berofsky, che ammette il fallimento di tutti i tentativi di mostrare che in un ambiente deterministico un agente potrebbe fare altrimenti da come di fatto fa: «Con il determinismo» scrive Berofsky, «solo ciò che è può essere» [46].
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N O T E
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[45]. Davidson (1973a) ha proposto un’altra interessante analisi condizionale della possibilità di fare altrimenti, in cui l’enunciato 4 viene sostituito dall’enunciato 4*: «L’agente 𝐴 avrebbe scelto diversamente, se avesse ‹desiderato› scegliere diversamente», in cui il riferimento a una ‹decisione› è rimpiazzato con il riferimento al ‹desiderare› (o al volere) qualcosa. L’idea è che mentre le scelte sono ‹azioni›, il desiderare è uno ‹stato› (o disposizione) in cui l’agente si trova e, in quanto tale, non rimanda a nessun’altra azione che l’agente avrebbe potuto compiere o non compiere; esso dunque, secondo Davidson, non richiede ulteriori analisi condizionali. Tuttavia (come nota Berofsky 2002, p. 186) ai fini della discussione sulla libertà non c’è alcuna differenza pertinente tra l’incapacità ad agire e l’incapacità ad entrare in un certo stato, come quello di desiderare di compiere un’azione. Infatti se qualcuno soffrisse di aracnofobia, non sarebbe nella condizione di rimuovere un ragno da una parete anche se, nel caso lo desiderasse, ‹potrebbe› farlo: la sua fobia gli impedirebbe, infatti, di avere quel desiderio. Dunque, ogni volta che si dice che un agente potrebbe scegliere in un certo modo qualora lo desideri, ci si può chiedere se quella persona possa ‹veramente› avere quel desiderio — e ciò basta ad innescare di nuovo il regresso all’infinito.
[46]. Berofsky (2002, p. 198). Berofsky (1987) propone una versione di compatibilismo incentrata sulla teoria regolaristica delle leggi di natura, in cui la libertà è separata dalla possibilità di fare altrimenti; l’idea di libertà che ne emerge, tuttavia, è a mio giudizio fortemente controintuitiva. Altri compatibilisti che criticano l’analisi condizionale sono Audi (1974) e Lehrer (1976). Si veda inoltre 𝑖𝑛𝑓𝑟𝑎, quarto capitolo, per una discussione di Frankfurt (1969), in cui si argomenta che la possibilità di fare altrimenti non è necessaria per la responsabilità morale.
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K E Y W O R D S
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[] M. D e C a r o, ‹I l l i b e r o a r b i t r i o …›, L a t e r z a, 2 0 0 4.
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