La fortuna dei Neanderthaliani sul palcoscenico delle ricerche paleoantropologiche fu caratterizzata da molti alti e bassi. Nel 1864 il geologo irlandese William King propose che tutti i reperti simili a quello della valle del Neander (ne erano stati trovati diversi nella prima metà dell’Ottocento, a Gibilterra e in Belgio, ma non erano stati interpretati come fossili di specie antenate dell’uomo) fossero ascritti a una specie diversa da ‹Homo sapiens›, chiamata ‹Homo neanderthalensis›. Intorno al 1900, l’anatomista Gustav Schwalbe, nel contesto della sua teoria dell’“evoluzione monofiletica” lineare di tutte le forme preumane, inserì l’uomo di Neanderthal in una posizione intermedia nella progressione di forme ominidi che aveva condotto dal ‹Pithecanthropus› (scoperto pochi anni prima da Dubois a Giava) fino all’uomo moderno. I Neanderthaliani entrarono così a pieno titolo nella dinastia del genere ‹Homo› in qualità di anello mancante, ma il privilegio durò solo pochi anni.
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K E Y W O R D S
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[] T. P i e v a n i, ‹H o m o s a p i e n s e a l t r e c a t a s t o f i›, M e l t e m i, 2 0 1 8³ (r i v.).
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