Nel 1999 l’annuncio della scoperta, nel sito portoghese di Lagar Velho, di uno scheletro di bambino che sembrava presentare caratteristiche sia di ‹sapiens› sia di ‹Neanderthal› [sic!] riaprì il dibattito. Il reperto risale a 24mila anni fa, un’epoca più recente rispetto alle date di estinzione dei Neanderthal iberici. È la prova dell’esistenza di una popolazione ibrida che per alcune migliaia di anni ha mescolato caratteri di una specie e dell’altra? Oggi sappiamo che non è così: si trattava di un bambino ‹sapiens› con una corporatura robusta e non di un ibrido fra le due specie.
Tutto chiarito dunque? Per nulla, le sorprese erano in agguato. Come abbiamo visto, l’isolamento geografico o comportamentale può far sì che dopo un lungo periodo di tempo due popolazioni non riescano più a incrociarsi fra loro e a mescolare i rispettivi patrimoni genetici: possiamo dire in tal caso che si sono separate in due “specie” distinte. Come facciamo però con specie estinte? Dobbiamo affidarci alla morfologia dei fossili, alle distribuzioni geografiche e, quando è possibile, alla biologia molecolare e alle indagini sul Dna antico. Queste ultime ci dicono che Neanderthal non era un nostro antenato né una varietà di ‹Homo sapiens›, ma un cugino distinto da noi: era un’umanità “alternativa”. E fin qui non ci piove.
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K E Y W O R D S
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[] T. P i e v a n i, ‹H o m o s a p i e n s e a l t r e c a t a s t o f i›, M e l t e m i, 2 0 1 8³ (r i v.).
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