Le distanze genetiche misurate fra i vari gruppi sembrano quindi corrispondere a una dispersione geografica in varie fasi a partire dal sito originario in Africa. Tra queste soglie di ramificazione, la prima separò il ceppo africano da quelli non africani, mentre la seconda portò alla divaricazione fra asiatici meridionali e asiatici delle steppe settentrionali. Una terza si ebbe con le divisioni fra gli asiatici del sud e i ceppi della Nuova Guinea e dell’Australia, nonché fra caucasoidi (destinati a popolare l’Europa) e i ceppi dell’Asia settentrionale. Da questi ultimi, in quarta battuta, deriveranno gli amerindi, per successiva migrazione attraverso lo stretto di Bering.
In 60-70.000 anni ‹Homo sapiens› colonizza ogni angolo del pianeta, si adatta agli ambienti e ai climi più diversi, si sposta con facilità e forma i primi gruppi di insediamento organizzati. Il periodo delle grandi migrazioni corrispose a una fase glaciale, durante la quale il livello dei mari era basso e quasi tutti i continenti (esclusa l’Australia) erano collegati da strisce di terra. Vi era dunque un’eccezionale continuità territoriale fra tutte le terre emerse: si poteva virtualmente camminare dal Sudafrica al Sud America senza incontrare mai un braccio di mare. Solo a partire da 11.400 anni fa, con l’inizio del periodo interglaciale che stiamo ancora attraversando, il livello dei mari ricominciò a sollevarsi, sommergendo probabilmente molti insediamenti umani.
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K E Y W O R D S
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[] T. P i e v a n i, ‹H o m o s a p i e n s e a l t r e c a t a s t o f i›, M e l t e m i, 2 0 1 8³ (r i v.).
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