Finita la stagione dei movimenti, dove gli era sembrato possibile dirigere le anime di affaticati reduci della sovversione, logorata dall’abitudine la lunga unione con Marco Bellocchio, che aveva tallonato sul set di tutti i film, lo psichiatra si era dato alle arti varie, firmando mobili, sculture, piazze, fontane e disegnando persino un edificio a uso abitativo. Come Leonardo da Vinci, lo consolavano i fedeli, ma lui vivacchiava: la grandeur dei giorni migliori sembrava persa per sempre.
Poi, l’incontro fatale che gli cambia la vita e lo riporta in orbita. È uno di quegli incontri che non ti aspetti più e che proprio per questo sono più intensi, come gli amori tardivi che riaccendono i perduti sensi. In casa di amici, una sera del 2004, Fagioli conosce Fausto Bertinotti. I due si annusano un po’, scrutano le idee reciproche, si piacciono. Sono due grandi seduttori e si seducono a vicenda. Bertinotti, alle prese con il mutamento della politica e con la meditazione sui testi di San Paolo, ha grande sensibilità per i nuovi linguaggi. Fagioli gliene fornisce a iosa, da apparentemente nuovi, come «l’inconscio mare calmo» di sua personale invenzione (una specie di fantasia ricordo originata dal rapporto del feto con il liquido amniotico) alla triade Liberté, Égalité, Fraternité, che proprio sua non è, ma che lui ha risciacquato in acque psichiche.
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K E Y W O R D S
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