Come è evidente anche da questa breve sintesi, le vicende relative al rapporto dell’islam con la sfera delle immagini sono dunque assai complesse e in larga misura non riconducibili alle categorie del pensiero artistico occidentale. Nei nostri mezzi di comunicazione di massa, che si sono ampiamente occupati del problema in occasione dell’‹affaire› delle vignette, si è invece imposta una lettura semplicistica e fuorviante, tutta imperniata su un’astratta — e del tutto incongrua — polarizzazione tra islam «massimalista» e «progressista». Tale visione è perfettamente compendiata nell’articolo pubblicato su ‹la Repubblica› del 3 febbraio 2006 da Khaled Fouad Allam, il sociologo algerino che insieme all’altro Allam, Magdi, vicedirettore ‹ad personam› del ‹Corriere della Sera›, costituisce la principale “autorità” a cui è demandata la divulgazione di temi connessi al mondo islamico da parte dei maggiori organi di informazione italiani. Secondo l’autore, nella controversia sulle immagini una parte del mondo islamico avrebbe fatto prevalere «un’interpretazione massimalista, vietando anche la raffigurazione iconica del profeta, e indirettamente ponendo un blocco su tutta la creazione artistica nell’islam». E ancora: «Nei periodi di ripiegamento dell’islam o di irrigidimento delle società musulmane, tali questioni divengono facilmente anche questioni politiche». [⇒]
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K E Y W O R D S
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