CorSera (30/4/2011) • Vivo in cima alla città e ai sogni (…3a)

  •  P e z z u o l i  (2 0 1 1)  •  V i v o  i n  c i m a  a l l a  c i t t à  e  a i  s o g n i  •

[⇐]  Che nesso c’è tra architettura, cinema, psichiatria? Un filo deve esserci ma Fagioli si appella al caso: così si improvvisò regista sul set di Marco Bellocchio a metà degli anni 80 per il «Diavolo in corpo», così venne chiamato dagli architetti a progettare restyling di piazze capitoline, attorno a sculture astratte, come un gigante bronzeo di cui conserva una miniatura nella terrazza dove giocano le nipotine tra l’acero giapponese e il glicine in fiore. Tutta la sua vita di studioso scorre in due stanze (la cucina minuscola è un fatto privato «liquidato in un tempo brevissimo», la stanza da letto è spartana): nella veranda tre poltrone Frau, quella verde bottiglia è la preferita, sono sistemate di fronte alla scrivania ricavata da un albero d’ulivo dove sono impilati freschi di stampa «Todestrieb und Erkenntnis», la traduzione per il marchio Stroemfeld Verlag, del testo base di Massimo Fagioli, «Istinto di morte e conoscenza» e «Il pensiero nuovo» che raccoglie le lezioni svolte nel 2004 all’Università di Chieti-Pescara. La casa delle linee (e dei sogni) ha un unico spazio che deve restare vuoto, una sorta di rettangolo rosso cupo che colora un’intera parte. Cosa significa? «Chiediamolo a Fontana che se ne intende», dice Fagioli, un po’ sibillino.
Giovanna Pezzuoli

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K E Y W O R D S
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