‹Homo naledi› poteva ancora arrampicarsi sugli alberi all’occorrenza, ma anche camminare abilmente in grandi spazi aperti. Era cioè un’altra forma “ibrida”, tipica di ambienti in fase di transizione, con macchie di foresta alternate a radure e praterie. Questi e altri elementi fecero inizialmente pensare a una datazione che si aggirasse fra i 2 e i 2,5 milioni di anni fa, cioè proprio la fase di inizio del nostro genere, in concomitanza con ‹A. sediba› o magari di poco più recente.
Le origini del nostro genere diventano, se possibile, ancor più intricate. Da un crogiuolo di forme, distribuite fra l’Etiopia e il Sudafrica, è emerso il nostro genere, ma non sappiamo esattamente né quando né dove. È tale la ricchezza di sperimentazioni morfologiche differenti che alcuni paleoantropologi, come Chris Stringer, suppongono addirittura una possibile origine “poli-filetica” del nostro genere, cioè uno sviluppo in più aree dell’Africa in parallelo. Gli altri studiosi si dividono invece, come abbiamo visto, fra un’origine nell’area centro-orientale abitata da Lucy e poi da ‹H. habilis›, e un’origine sudafricana (naturalmente sostenuta, pur con prudenza, da Lee Berger, il responsabile delle formidabili campagne di scavo che hanno portato alla scoperta prima di ‹Australopithecus sediba› e ora di ‹Homo naledi› in Sudafrica). Quindi un punticino in più a favore del Sudafrica.
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K E Y W O R D S
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[] T. P i e v a n i, ‹H o m o s a p i e n s e a l t r e c a t a s t o f i›, M e l t e m i, 2 0 1 8³ (r i v.).
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