Una seconda specie umana, più vicina ai Neanderthal che a noi, discese anticamente da ‹Homo heidelbergensis›. Non conosciamo la sua morfologia se non per pochi frammenti e due denti trovati nella grotta di Denisova sui Monti Altai in Siberia meridionale, quindi non ha ancora un nome latino ufficiale. Ma qui fanno ora irruzione gli studi molecolari, che negli ultimi 15 anni hanno rivoluzionato la paleoantropologia integrando i dati genetici e quelli provenienti da fossili e artefatti.
Tutto comincia con un dito mignolo scoperto nel 2008 nella grotta di Denisova, sui Monti Altai. Grazie all’ottimo stato di conservazione della falange distale, un team internazionale di paleoantropologi — con il supporto decisivo dei genetisti Svante Pääbo e Johannes Krause presso il Max Planck Institute for Evolutionary Anthropology di Lipsia, attualmente la struttura più importante al mondo per il trattamento del Dna fossile — è riuscito a sequenziare il genoma mitocondriale completo del suo antico possessore, probabilmente una cucciola.
Con notevole sorpresa degli studiosi, il materiale genetico estratto dall’osso è risultato appartenere al rappresentante di una specie ancora sconosciuta di ominino, il cui ultimo antenato comune con noi ‹sapiens› moderni e con i Neanderthal è vissuto addirittura un milione di anni fa. Poiché l’antenato comune fra i ‹sapiens› e i Neanderthal è datato intorno a 500mila anni fa, quindi molto tempo dopo, significa che quel dito ha il Dna di una specie mai descritta prima del genere ‹Homo› uscita dall’Africa almeno mezzo milione di anni prima degli antenati dei Neanderthal.
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K E Y W O R D S
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[] T. P i e v a n i, ‹H o m o s a p i e n s e a l t r e c a t a s t o f i›, M e l t e m i, 2 0 1 8³ (r i v.).
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