Nel frattempo, mentre resistevano tutte queste forme alternative ed eterogenee di ‹Homo›, è presumibile che anche le forme africane di ‹H. heidelbergensis› abbiano subito trasformazioni e forse speciazioni. Questo significa che ‹Homo sapiens› non è disceso linearmente dalla specie ancestrale ‹Homo erectus›, come stava scritto su tutti i manuali, ma dal cespuglio ramificato che in Africa portò da ‹Homo ergaster› (presente a Buia un milione di anni fa) a ‹Homo heidelbergensis›.
Le prime testimonianze fossili di ‹Homo sapiens› risalgono di sicuro a 200mila anni fa, ma forse anche prima, quando una famiglia africana di ‹Homo heidelbergensis› comincia a presentare caratteristiche anatomiche inedite: una corporatura meno muscolosa e robusta; la faccia piatta e allungata; il palato a forma di U e il mento sporgente; il cranio più alto e arrotondato; le ossa leggere e slanciate; la dentatura meno massiccia; le arcate sopraorbitarie non prominenti e, soprattutto, un volume cranico espanso fino a 1300 cc. È la prima apparizione del nostro modello evolutivo unico, della nostra peculiare “soluzione” anatomica. Ma il cambiamento più importante sta forse nei tempi dello sviluppo: il prolungamento ulteriore delle fasi di crescita (anche rispetto ai cugini Neanderthal) ha influito sulle capacità di apprendimento, sull’organizzazione sociale e sul linguaggio.
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K E Y W O R D S
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[] T. P i e v a n i, ‹H o m o s a p i e n s e a l t r e c a t a s t o f i›, M e l t e m i, 2 0 1 8³ (r i v.).
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