L’ipotesi, avanzata separatamente da Douglas Wallace nel 1983 e da Allan Wilson, Rebecca Cann e Mark Stoneking nel 1987, era una versione radicale della tesi monogenista dell’uscita dall’Africa: gli studiosi sostennero di aver trovato la prova molecolare della prima migrazione dall’Africa di ‹Homo sapiens› e di averne individuato la data precisa. Secondo l’“ipotesi dell’Eva mitocondriale” la migrazione dall’Africa avrebbe portato alla sostituzione completa delle popolazioni umane preesistenti negli altri continenti, forse con un lieve mescolamento genetico, al punto che sarebbe stato possibile ricostruire attraverso l’analisi del Dna mitocondriale la data di nascita della prima femmina di ‹Homo sapiens›: una metaforica “Eva” africana vissuta intorno ai 200mila anni fa.
Allan Wilson, insieme ai due giovani colleghi, si rese conto che il Dna mitocondriale era uno strumento perfetto per applicare l’orologio molecolare anche a specie o popolazioni che si erano separate da poco: è quantitativamente limitato (poco più di 15.000 basi per la codifica di 37 geni); le mutazioni genetiche che lo interessano sono per lo più neutrali rispetto alla selezione; la velocità dell’accumulo di variazioni è molto alta e regolare. Inoltre, il Dna mitocondriale si trasmette soltanto per via femminile.
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K E Y W O R D S
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[] T. P i e v a n i, ‹H o m o s a p i e n s e a l t r e c a t a s t o f i›, M e l t e m i, 2 0 1 8³ (r i v.).
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