Libero arbitrio… • 1.8. Indeterminismo radicale (9)

  •  D e C a r o  (2 0 0 4)  •  1.  L i b e r t à  e  i n d e t e r m i n i s m o  •

Queste due prime difficoltà sono di non poco conto; la terza, quella che imputa all’indeterminismo radicale l’incapacità di spiegare come gli agenti possano controllare le loro azioni, è addirittura devastante. Essa dunque merita una discussione più approfondita. L’idea è che se un evento (ad esempio un’azione) è causalmente indeterminato, allora nulla può controllarne l’accadere, nemmeno l’agente: sembra infatti questione di casualità che quell’evento accada o meno. Carl Ginet — il più autorevole difensore contemporaneo di tale posizione — a questa obiezione replica ricorrendo a una peculiare teoria dell’azione e delle sue spiegazioni. A giudizio di Ginet, tutto il controllo di cui c’è bisogno per spiegare razionalmente le azioni viene in realtà esercitato dall’agente nel momento stesso in cui egli agisce. Infatti, afferma Ginet, chi compie un’azione per definizione ne controlla l’esecuzione — e ciò basta a far sì che l’agente sia responsabile dell’azione che compie, senza bisogno di postulare un presunto (ma inesistente) nesso causale tra l’agente e l’azione. A sostegno di questa tesi, Ginet argomenta che, ‹pace› Davidson, le spiegazioni delle azioni non hanno carattere nomico-causale, ma soltanto intenzionale [42]. È dunque un errore — tanto grave quanto comune — tentare di uniformare queste spiegazioni a quelle delle scienze naturali: «il paradigma esplicativo delle nostre comuni spiegazioni basate su ragioni è del tutto diverso» scrive Ginet, in quanto «una relazione interna (di carattere intenzionale) è sufficiente a produrre la connessione esplicativa e non c’è alcun bisogno di una connessione nomica» [43]. In questa luce, «la sola cosa necessaria per la verità di una determinata spiegazione basata su ragioni, oltre al darsi dell’azione spiegata, è che l’azione sia stata ‹accompagnata› da un’intenzione con il giusto tipo di contenuto» [44]. Le spiegazioni intenzionali sono dunque necessarie e sufficienti a dare conto della libertà.

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[42]. Ginet (2002) discute la tesi secondo la quale un genuino ruolo causale nella produzione delle azioni non può essere giocato dagli eventi mentali, ma solo da presunti eventi neurali che ‹realizzerebbero› quegli eventi mentali (o che forse, si potrebbe aggiungere, sarebbero ad essi ‹identici›, come pensa Davidson 1970). Ma questa è una mera ipotesi empirica ben lungi dall’essere confermata: quindi, secondo Ginet, non si vede perché la dovremmo assumere per confutare la concezione non causale dell’azione.

[43]. Ginet (1989, p. 91). È interessante paragonare la tesi di Ginet, secondo la quale non è necessario postulare che la relazione intenzionale tra le ragioni e le azioni abbia anche carattere nomologico-causale (deterministico o indeterministico), con quella di Malcolm (1968), secondo la quale le spiegazioni intenzionali sono costitutivamente ‹incompatibili› con il determinismo (Malcolm non si pronuncia sull’indeterminismo causale).

[44]. Ginet (1990, p. 138).

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Libero arbitrio… • 1.8. Indeterminismo radicale (7-8)

  •  D e C a r o  (2 0 0 4)  •  1.  L i b e r t à  e  i n d e t e r m i n i s m o  •

Per spiegare perché Rossi è entrato nel ristorante possiamo ipotizzare che ‹intendesse› mangiarvi oppure che ‹volesse› chiedere un’informazione oppure che ‹desiderasse› guardarne l’arredamento e così via. Possiamo ammettere che tutte queste spiegazioni siano plausibili; in genere, però, una sola sarà corretta: quella che individua la ragione, o le ragioni, che hanno causato l’entrata di Rossi nel ristorante [40].

Secondo Davidson, dunque, se non vogliamo accettare l’assurda idea che tutte le spiegazioni plausibili di una certa azione si equivalgono, dobbiamo concedere che la nozione di causalità sia applicabile alle ragioni ovvero — con buona pace degli indeterministi radicali — che le azioni ‹sono causate› dalle ragioni per cui vengono compiute [41].

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[40]. In molti casi, un agente può dire quale tra le ragioni che potrebbero, potenzialmente, spiegare una sua azione è quella corretta: diremo, allora, che quella ragione ‹ha causato› quell’azione. Talora questa ragione può essere meglio individuata da una terza persona (ad esempio, da uno psicologo che ha in cura l’agente). In altri casi, infine, non c’è modo per noi di scoprire quale sia la ragione che ha causato un certo comportamento; ma ciò non significa, naturalmente, che ‹nessuna› ragione abbia causato quell’azione.

[41]. Un interessante corollario di questa tesi è che tutte le spiegazioni intenzionali hanno carattere causale: su ciò, cfr. De Caro (1998a, cap. 2).

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Libero arbitrio… • 1.8. Indeterminismo radicale (6)

  •  D e C a r o  (2 0 0 4)  •  1.  L i b e r t à  e  i n d e t e r m i n i s m o  •

Davidson nota che per ogni azione si può offrire un numero indefinito di ragioni potenzialmente idonee a spiegarla. Nondimeno è intuitivo pensare che si possa, ed anzi che spesso si debba, distinguere tra le spiegazioni ‹corrette› e quelle ‹scorrette›; e non c’è dubbio che tale intuizione sia fondamento di molte rilevanti pratiche, a cominciare da quelle giuridiche (si pensi al caso in cui, nell’ambito del diritto penale, occorre accertare quale sia il cosiddetto ‘elemento soggettivo’ di un omicidio che si presta ad essere descritto, alternativamente, come colposo, preterintenzionale o doloso). Ma, allora, come potremmo operare la distinzione tra spiegazioni corrette e scorrette, se non ammettendo che la spiegazione corretta è quella che individua, tra tutte le ragioni potenzialmente attribuibili all’agente, quelle ‹a causa› delle quali egli ha compiuto quella determinata azione?

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Libero arbitrio… • 1.8. Indeterminismo radicale (4-5)

  •  D e C a r o  (2 0 0 4)  •  1.  L i b e r t à  e  i n d e t e r m i n i s m o  •

Tuttavia l’indeterminismo radicale incontra notevoli difficoltà teoriche: basterà qui indicarne tre un primo luogo, tale concezione implica un’ovvia violazione del principio di causalità, secondo il quale tutti gli eventi hanno una causa: e a parere di molti filosofi tale principio è metafisicamente irrinunciabile. In secondo luogo, l’indeterminismo radicale deve rispondere ad un classico argomento, esposto originariamente da Davidson, teso a dimostrare che le ragioni delle azioni ‹possono› esserne anche cause. Infine questa concezione è particolarmente esposta al ‘problema del controllo’ che ho presentato sopra: se si adotta tale teoria, sembra impossibile spiegare come un agente possa esercitare un controllo adeguato sulle proprie azioni.

Alla prima obiezione, ovviamente, i fautori di questa concezione non possono che tentare di ribattere con una mossa metafisicamente audace: mettendo in questione la presunta ovvietà del principio di causalità (un punto sul quale tornerò nell’ultimo capitolo). La seconda obiezione, sollevata da Davidson, non è però meno minacciosa [39].

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[39]. Davidson (1963).

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Libero arbitrio… • 1.8. Indeterminismo radicale (3)

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Gli indeterministi radicali contemporanei coniugano l’anticausalismo con la tesi indeterministica: secondo il loro punto di vista, un elemento indeterministico interviene in qualche punto cruciale del processo che conduce al compimento dell’azione. È proprio in forza di questo elemento indeterministico che l’azione che di fatto è compiuta avrebbe potuto non essere compiuta. E si noti che in questo contesto ‘avrebbe potuto’ va inteso in senso ‹categorico›: trovandosi esattamente nello stato mentale in cui si trovava al momento di entrare nel ristorante, Rossi avrebbe potuto decidere di non farlo. Questo punto di vista permette dunque di spiegare agevolmente in quale senso il futuro sia categoricamente aperto di fronte all’agente; detto altrimenti, esso permette di dare conto del requisito delle possibilità alternative, che abbiamo visto essere componente essenziale della nostra idea intuitiva di libertà. Se le azioni sono incausate, nulla le necessita: dunque, fino al momento in cui una determinata azione è stata compiuta è «nel potere dell’agente compiere in sua vece una qualche azione alternativa (o rimanere inattivo)» [38].

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[38]. Ginet (1989, p. 69).

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Libero arbitrio… • 1.8. Indeterminismo radicale (2)

  •  D e C a r o  (2 0 0 4)  •  1.  L i b e r t à  e  i n d e t e r m i n i s m o  •

Questa tesi conobbe un momento di notevole popolarità all’inizio degli anni Sessanta, grazie a una «fortissima corrente di libretti rossi neo-wittgensteiniani» (per riprendere un’ironica definizione di Donald Davidson) [37]. Riassunto in maniera schematica, l’argomento apportato a sostegno di questa tesi procedeva così: come ha mostrato Hume, noi non inferiamo nessi causali per mezzo di un ‘analisi concettuale, ma induttivamente, ovvero verificando la «congiunzione costante» di fenomeni tra loro indipendenti. Tuttavia la relazione tra una ragione e l’azione che ne discende ha, al contrario, carattere ‹logico-concettuale›, in quanto noi possiamo inferire ciò che gli agenti fanno solo traendo delle inferenze a partire dalle azioni (anche verbali) che essi compiono: così, quando Rossi entra al ristorante, noi possiamo inferire che egli ha il desiderio e l’intenzione di mangiare (e la credenza che nel ristorante potrà farlo). E ciò, secondo questo argomento, mostra che tra gli stati mentali dell’agente e le azioni che questi compie non vi può essere un nesso di carattere causale — sebbene naturalmente ve ne sia uno di carattere intenzionale.

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[37]. Davidson (1976, p. 347). Tra gli autori di questa corrente figuravano A.I. Melden (1961) e S.N. Hampshire (1959).

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Libero arbitrio… • 1.8. Indeterminismo radicale (1)

  •  D e C a r o  (2 0 0 4)  •  1.  L i b e r t à  e  i n d e t e r m i n i s m o  •

L’‹indeterminismo radicale› (detto anche ‘indeterminismo semplice’, ‘indeterminismo acausale’ e ‘indeterminismo non-causale’) si incentra su una concezione non-causale dell’azione, le cui remote radici storiche possono essere rintracciate nella polemica antideterministica degli epicurei e nella loro tesi che il ‹clinamen› fosse condizione necessaria della libertà [35]. Nella discussione contemporanea, questa tesi viene presentata dicendo che tra l’agente e le sue azioni — almeno quando tali azioni sono libere — intercorrono nessi indeterministici, ma non causali: le azioni, dunque, sono ‹eventi senza cause›. A conferma di questa tesi i fautori dell’indeterminismo radicale ricorrono spesso ad una peculiare analisi delle spiegazioni delle azioni [36]. A loro giudizio, tali spiegazioni sono infatti di un tipo diverso rispetto alle spiegazioni causali proprie delle scienze naturali: esse hanno carattere ‹intenzionale›, ma irriducibilmente non causale. Consideriamo il caso di una persona, Rossi, che entra in un ristorante. Se noi spieghiamo questa azione dicendo che Rossi è entrato nel ristorante perché ha il desiderio e l’intenzione di mangiare e la credenza che in quel luogo potrà farlo, abbiamo spiegato una determinata azione in termini di stati intenzionali (desideri, credenze e intenzioni) che assumiamo rappresentino le ‹ragioni› per cui quell’azione è stata compiuta. Una tale spiegazione, tuttavia, secondo gli indeterministi radicali ha carattere essenzialmente non-causale; e ciò mostra che non v’è motivo di ritenere che le ragioni causino le azioni di cui sono ragioni.

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[35]. Cfr. Bobzien (2000). Ringrazio Emidio Spinelli per avermi segnalato questo testo.

[36]. Lucas (1970), Ginet (1990), Goetz (1997), McCann (1998).

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Libero arbitrio… • 1.7. Tre forme di libertarismo (3)

  •  D e C a r o  (2 0 0 4)  •  1.  L i b e r t à  e  i n d e t e r m i n i s m o  •

Diversa, in questo senso, è invece la terza versione del libertarismo, la cosiddetta ‹agent causation›, la quale — sebbene tradizionalmente tacciata di essere metafisicamente oscura e in urto con le acquisizioni della scienza moderna — ha oggi numerosi fautori, i quali sperano di poterne finalmente offrire un’interpretazione che non urti con la visione scientifica del mondo. Analizziamo ora più da vicino queste tre concezioni.

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Libero arbitrio… • 1.7. Tre forme di libertarismo (2)

  •  D e C a r o  (2 0 0 4)  •  1.  L i b e r t à  e  i n d e t e r m i n i s m o  •

Il secondo gruppo di teorie libertarie è quello dell’‹indeterminismo causale›, che tenta al contrario di coniugare indeterminismo e causazione. Tanto l’indeterminismo radicale quanto quello causale si propongono di rendere intelligibili le azioni riconducendole agli eventi mentali (motivi, intenzioni, scopi, desideri) che ne sono all’origine [34]. Tali concezioni, dunque, restano nell’ambito della teoria classica della causalità, secondo la quale l’unica forma possibile di relazione causale è quella che intercorre tra eventi — nel nostro caso tra eventi mentali (qualunque cosa essi siano) ed eventi fisici.

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[34]. Si noti anche che, com’è comune nella filosofia della mente e nella metafisica contemporanee, uso il termine ‘evento mentale’ in modo da includere anche gli stati mentali.

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Libero arbitrio… • 1.7. Tre forme di libertarismo (1)

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Le varianti del libertarismo contemporaneo sono tanto numerose quanti i filosofi che difendono questa concezione; nondimeno, nella grande maggioranza dei casi esse possono essere ricondotte ai tre gruppi menzionati all’inizio del capitolo. Il primo gruppo, quello dell’‹indeterminismo radicale›, è caratterizzato da una tesi molto semplice: che per spiegare la natura della libertà sia sufficiente presupporre che le azioni libere sono connesse agli agenti che le compiono (o a loro appropriati stati mentali) mediante un nesso di carattere indeterministico, ma non causale.

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Libero arbitrio… • 1.6. … localizzazione dell’indeterminismo (5)

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Nell’ambito della filosofia angloamericana, questa concezione ha conosciuto, negli ultimi decenni, una vigorosa ‹renaissance›, grazie alla quale le si sono aperte nuove, e incoraggianti, prospettive [32]. In tal modo, secondo molti filosofi questa concezione è oggi assai più promettente di quanto non fosse solo pochi decenni fa, quando Peter F. Strawson, esprimendo un diffuso sentire, la bollava come una metafisica «oscura e timorosa» [33].

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[32]. Presentazioni generali del libertarismo contemporaneo nelle sue diverse forme sono in O’Connor (1993), O’Connor (a cura di) (1995a), Kane (1996), Ekstrom (2000, cap. 4), Kane (a cura di) (2002b, parte VI).

[33]. P.F. Strawson (1962, p. 25).

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Libero arbitrio… • 1.6. … localizzazione dell’indeterminismo (4)

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Rispondere a queste domande è il compito principale del libertarismo contemporaneo. Tale compito non si presenta affatto agevole; d’altra parte, dobbiamo ricordarlo, gli autori che tentano di assolverlo, sono già convinti dell’incompatibilità di determinismo e libertà — ad essi dunque non si presenta altra via, se vogliono salvare la nozione di libertà, che dimostrare la praticabilità della proposta libertaria. Robert Kane riassume molto bene il senso di questa sfida:
È possibile il libero arbitrio libertario o incompatibilistico? Possiamo dimostrare che tale libertà è coerente e darne una spiegazione più chiara di quella offerta dai libertari in passato, una spiegazione in grado di mostrare come tale libertà possa esistere nell’ordine naturale? [31]

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[31]. Kane (1996, p. 106).

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Libero arbitrio… • 1.6. … localizzazione dell’indeterminismo (…2a-3)

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[⇐]  Secondo alcuni, è questa la maggiore difficoltà di ogni teoria libertaria:
La difficoltà essenziale, e più significativa, cui vanno incontro i tentativi di fornire una spiegazione incompatibilistica della natura dell’azione libera è quella di localizzare il necessario indeterminismo nella storia causale dell’azione, spiegando perché quella specifica localizzazione è appropriata e importante [30].

A mio giudizio, però, sebbene questo sia un problema innegabilmente importante, esso non è cruciale quanto i problemi visti in precedenza: mentre quelli concernevano la stessa ‹legittimità› di una concezione libertaria, il problema della localizzazione dell’indeterminismo è logicamente subordinato in quanto riguarda il modo migliore di ‹sviluppare› tale concezione.

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[30]. Ekstrom (2000, p. 85).

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Libero arbitrio… • 1.6. … localizzazione dell’indeterminismo (1-2…)

  •  D e C a r o  (2 0 0 4)  •  1.  L i b e r t à  e  i n d e t e r m i n i s m o  •

La quarta, e ultima, difficoltà del libertarismo cui occorre accennare riguarda l’esatta collocazione dell’elemento indeterministico che, secondo i fautori di questa concezione, è cruciale per la libertà.

Non è affatto chiaro, infatti, dove debba avvenire la rottura della catena causale deterministica che porta all’azione: le possibilità in questo senso sono molteplici. Si potrebbe, ad esempio, ipotizzare che il ‹quid› indeterministico intervenga al momento della valutazione dei diversi possibili corsi d’azione da parte dell’agente o al momento della sua deliberazione oppure nel tragitto causale tra la deliberazione e l’azione che ne discende o ancora all’atto della formazione delle credenze e dei desideri che poi porteranno l’agente a propendere per una certa scelta o, addirittura, nel corso del processo della formazione del carattere dell’agente (e, naturalmente, si potrebbe anche pensare che nel processo che conduce all’azione vi siano ‹diversi› momenti indeterministici).  [⇒]

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Libero arbitrio… • 1.5. … del regresso all’infinito (2)

  •  D e C a r o  (2 0 0 4)  •  1.  L i b e r t à  e  i n d e t e r m i n i s m o  •

Nella prospettiva libertaria, la libertà di un agente non riguarda solo la sua capacità di agire secondo i decreti della propria volontà (decisioni, scelte, deliberazioni), ma si estende anche a tali decreti. Da ciò segue, secondo questa obiezione, che la decisione di agire in un certo modo deve essere stata a sua volta preliminarmente vagliata e prescelta dall’agente, senza che egli sia stato in ciò determinato (altrimenti si ricadrebbe nello scenario deterministico): in una parola, è necessario presupporre una metascelta fondata su un criterio liberamente scelto dall’agente. Ma ovviamente anche ‹questa› metascelta deve essere stata operata liberamente, e così via ‹ad infinitum[29]. In una parola, secondo questo argomento l’autodeterminazione è impossibile perché essa presupporrebbe che un agente finito abbia compiuto un numero infinito di scelte. I libertari, dunque, devono spiegare quale processo possa fare sì che un agente determini liberamente le proprie azioni senza innescare un regresso all’infinito.

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[29]. Per una dettagliata analisi di questo argomento, già sviluppato da Hobbes contro Bramhall, cfr. G. Strawson (1986, cap. 2). L’argomento del regresso potrebbe anche essere considerato come una variante dell’argomento della mancanza di controllo: se esso è vero, infatti, il libertarismo non può dare ragione del controllo dell’agente sulle proprie azioni (come potremmo controllare un numero infinito di scelte?). Per la sua rilevanza, tuttavia, mi sembra utile tenere separato questo argomento da quello generale della mancanza di controllo. Per una discussione, da una diversa prospettiva, di questo ‘paradosso della scelta’, cfr. Marramao 2000, p. 325).

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Libero arbitrio… • 1.5. … del regresso all’infinito (1)

  •  D e C a r o  (2 0 0 4)  •  1.  L i b e r t à  e  i n d e t e r m i n i s m o  •

Le versioni del libertarismo che considereremo in questo capitolo si differenziano innanzitutto per il tipo di soluzione che danno ai due problemi appena menzionati: per il modo cioè in cui essi tentano di mostrare — senza ricorrere a oscurità metafisiche — come gli agenti controllino le loro azioni. Altre difficoltà tuttavia minacciano le concezioni libertarie. In particolare, una terza accusa, filosoficamente molto grave, è quella di incorrere in un regresso all’infinito. L’argomento che sorregge questa accusa è declinato in maniera diversa, a seconda delle concezioni libertarie contro il quale viene rivolto; la sua struttura essenziale, comunque, è molto semplice.

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Libero arbitrio… • 1.4. … dell’oscurità metafisica (3-4)

  •  D e C a r o  (2 0 0 4)  •  1.  L i b e r t à  e  i n d e t e r m i n i s m o  •

L’accusa di oscurità e di antiscientificità è stata spesso mossa contro le concezioni libertarie: da quella radicalmente dualistica di Cartesio e dei cartesiani a quella trascendentale di Kant — che esplicitamente assumeva l’insolubilità del problema del libero arbitrio sul piano empirico —, da quella tichistica di Peirce al contingentismo di Boutroux [27]. Molti assertori contemporanei del libertarismo, peraltro, sembrano consapevoli della plausibilità di queste accuse. Di recente, ad esempio, Robert Kane ha descritto (auto)ironicamente una situazione in cui «la mente (del libertario) si obnubila e viene visitata da visioni di sé noumenici, di cause non-occorrenti, di io transempirici, e da altre fantasie» [28].

Questa è una sfida che il libertarismo contemporaneo non può eludere: dare conto della libertà nei propri termini senza per questo entrare in conflitto con la visione scientifica del mondo. Ma ciò significa che si deve chiarire che cosa la visione scientifica del mondo sia esattamente: un punto — per nulla ovvio, peraltro — su cui occorrerà tornare nell’ultimo capitolo.

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[27]. Su questi temi, cfr. Dessi (1997) e Mori (2001).

[28]. Kane (1996, p. 14).

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Libero arbitrio… • 1.4. … dell’oscurità metafisica (1-2)

  •  D e C a r o  (2 0 0 4)  •  1.  L i b e r t à  e  i n d e t e r m i n i s m o  •

Il secondo problema che il libertarismo deve affrontare è il rischio dell’oscurità metafisica. Spesso, infatti — nel tentativo di sfuggire all’accusa di schiacciare la libertà sul caso —, le concezioni libertarie ricorrono a spiegazioni metafisicamente molto ardite, che non a torto vengono tacciate di essere oscure, antiscientifiche, miracolistiche o addirittura incoerenti [25].

Già Hobbes, nel suo dibattito con John Bramhall, vescovo arminiano di Derry, attaccò il libertarismo su questo terreno. Hobbes infatti riteneva che la teoria libertaria di Bramhall presupponesse una concezione di libertà del tutto ‹ad hoc›, che non aveva nemmeno il pregio dell’intelligibilità. A parere di Hobbes, nelle tesi di Bramhall gli errori, le confusioni e le contraddizioni erano così numerosi che si potevano spiegare soltanto assumendo che il vescovo fosse incapace di comprendere l’inglese o che difendesse in mala fede tesi ovviamente false o, ancora, che usasse le parole del tutto a caso [26]. In particolare, Hobbes — come tutta la tradizione compatibilistica successiva — non riteneva intelligibile la nozione di una volontà che si autodetermina.

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[25]. Cfr. Mele (1995, cap. 11).

[26]. Cfr. Hobbes (1656, pp. 170, 172, 186).

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Libero arbitrio… • 1.3. … della mancanza di controllo (12)

  •  D e C a r o  (2 0 0 4)  •  1.  L i b e r t à  e  i n d e t e r m i n i s m o  •

Nondimeno, se anche questi autori avessero ragione, se cioè fosse vero che esistono processi causali indeterministici, il libertario dovrebbe ancora provare che il riferimento a tali processi è effettivamente utile alla sua causa; resterebbe da chiarire, cioè, in che modo la causalità indeterministica possa aiutare a spiegare come gli agenti possano controllare le azioni che compiono. Come si vedrà, molti libertari (ma non tutti) tentano di rispondere a questa sfida contestando la classica tesi di matrice humeana secondo la quale la causalità indeterministica è impossibile. Se infatti si dimostrasse che indeterminismo e causalità possono coesistere, ci sarebbe forse spazio per impostare una soddisfacente risposta al problema della mancanza di controllo.

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Libero arbitrio… • 1.3. … della mancanza di controllo (11)

  •  D e C a r o  (2 0 0 4)  •  1.  L i b e r t à  e  i n d e t e r m i n i s m o  •

Ma che cosa c’è di intermedio tra il caso e la causalità deterministica? Una promettente indicazione in questo senso è venuta da alcuni filosofi della scienza che, negli ultimi decenni, hanno lavorato sull’idea di causalità indeterministica, ovvero una forma di causalità in cui le cause non necessitano gli eventi, ma si limitano ad accrescere la possibilità che si verifichino (o, per metterla diversamente, una forma di causalità in cui le cause non sono sufficienti per l’occorrenza degli effetti) [23]. Così, un autore come David Lewis, che pure simpatizzava con il compatibilismo, poteva scrivere:
Io certamente non penso che la causalità richieda il determinismo. Eventi che accadono casualmente possono nondimeno essere causati. In verità, sembra probabile che nella maggior parte dei casi la causalità sia proprio di questo tipo. [Dunque faremmo bene] a tener conto della causalità indeterministica ovvero della causalità che concerne eventi per i quali le condizioni antecedenti non sono nomicamente sufficienti [24].

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[23]. Non è questa la sede per discutere degli aspetti, peraltro estremamente interessanti, che distinguono le varie teorie della causalità indeterministica (essa si applica a singoli eventi o a tipi di eventi? È meglio analizzarla in termini di probabilità condizionali o di condizionali controfattuali?). Cfr., comunque, Reichenbach (1956), Suppes (1970), Salmon (1980 e 1998), Eels (1991) e Laudisa (1999). Va però ricordato che la falsità della tesi deterministica non implica in sé la confutazione del compatibilismo: come ho detto, infatti, questa concezione si limita ad affermare che tra il determinismo causale e la libertà c’è compatibilità logica. Per questo David Lewis (1986) va considerato un compatibilista anche se crede nell’indeterminismo causale, mentre Anthony Kenny (1989, cap. 10) è un compatibilista che si dichiara agnostico rispetto alla questione determinismo-indeterminismo.

[24]. Lewis (1986, p. 175).

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Libero arbitrio… • 1.3. … della mancanza di controllo (10)

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I libertari più consapevoli si rendono ben conto della rilevanza del problema del controllo. Popper, ad esempio, scrive che il problema fondamentale è quello di «combinare la libertà e il controllo» [20]. E, in questa prospettiva, l’indeterminismo, se è certamente condizione necessaria per una soddisfacente spiegazione della libertà, non ne può essere condizione sufficiente:
Il mero indeterminismo fisico non è abbastanza. È certo che noi dobbiamo essere indeterministi; ma dobbiamo anche riuscire a capire come gli uomini, e forse gli animali, possano essere ‘influenzati’ o ‘controllati’ da cose come i propositi, gli scopi, le regole o gli accordi [21].
Ciò di cui abbiamo bisogno per comprendere il comportamento umano razionale […] è qualcosa di ‹intermedio› tra il perfetto caso e il perfetto determinismo [22].

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[20]. Popper (1966, p. 232).

[21]. Ivi, p. 230.

[22]. Ivi, p. 228.

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Libero arbitrio… • 1.3. … della mancanza di controllo (…8a-9)

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[⇐]  Secondo Hume, esiste un solo tipo di necessità, quella fisico-causale (in termini contemporanei, quella deterministica), la quale viene inferita dalla mente in presenza della congiunzione costante di eventi [17]; e dove non si dà questo tipo di necessità, c’è solo il puro caso:
C’è un solo tipo possibile di necessità, come c’è un solo tipo di causa (ovvero) la congiunzione costante di ‹oggetti›, insieme alla determinazione della mente, la quale costituisce la necessità fisica: e la rimozione di questi elementi è la stessa cosa del ‹caso›. (Così) è impossibile ammettere nulla di intermedio tra il caso e l’assoluta necessità [18].

Per Hume, allora, se c’è causalità, c’è determinismo; e, di conseguenza, dove c’è indeterminismo c’è solo il caso:
La libertà [come la intendono i libertari] rimuove la necessità, e dunque anche le cause, ed è la stessa cosa del caso [19].

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[17]. Sebbene Hume (1748, p. 76) scriva che «si può definire una causa come un oggetto seguito da un altro oggetto, nel caso in cui tutti gli oggetti simili al primo siano seguiti da oggetti simili al secondo», i filosofi contemporanei interpretano il termine ‘oggetto’ come se significasse ‘evento’ (così, ad esempio, Davidson 1967). Altri interpretano i relata causali in termini di proprietà (ad esempio, Crane 2001, cap. 2).

[18]. Hume (1739-40, p. 221; corsivo mio). Sulle ricadute della concezione humeana della causalità rispetto alla discussione sul libero arbitrio, si vedano le interessanti e molto originali osservazioni sviluppate da Paul Russell (1995, cap. 3 e 𝘱𝑎𝑠𝑠𝑖𝑚).

[19]. Hume (1739-40, pp. 454-455).

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Libero arbitrio… • 1.3. … della mancanza di controllo (8…)

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A proposito di questo celebre argomento occorre approfondire, però, un aspetto cui ho già accennato nell’Introduzione. Sovente, a sostegno della tesi che l’indeterminismo rende impossibile il controllo degli agenti sulle loro azioni, e dunque la stessa libertà, molti autori apportano — o sostengono implicitamente — una tesi ulteriore: quella secondo la quale l’unica forma possibile di causalità è quella deterministica. Secondo questo punto di vista, l’idea stessa di causalità indeterministica è un ossimoro (per questo, spesso si afferma che il libertarismo fa necessariamente appello ad una nozione ‘contro-causale’ di libertà). Fino a tempi recenti la tesi della coincidenza di causalità e determinismo è stata accettata quasi universalmente e su essa si sono accordati autori per altri versi molto distanti tra loro: da Hobbes a Spinoza, da Leibniz a Kant, da Mill a Peirce (che pure era un antideterminista) [16]. Una classica esposizione di questa tesi si trova ad esempio nel ‹Trattato sulla natura umana› di Hume.  [⇒]

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[16]. Cfr. Mori (2001, 𝘱𝑎𝑠𝑠𝑖𝑚). Sull’identificazione teorica di determinismo e causalità, cfr. Earman (1986, cap. 2), Dorato (1997, cap. I), Pizzi (1997), Laudisa (1999).

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Libero arbitrio… • 1.3. … della mancanza di controllo (7)

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Non si tratta, d’altra parte, di un argomento nuovo [14]. Molti decenni fa, ad esempio, Moritz Schlick affermava:
La libertà d’azione, la responsabilità e la sanità mentale […] terminano dove comincia il caso […] Un alto livello di casualità [significa semplicemente] un alto livello di irresponsabilità [15].

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[14]. In sede teologica, ad esempio, fu già usato nel Medioevo (contro i sostenitori della cosiddetta ‹libertas indifferentiae›) e da Leibniz: cfr. Kenny (1973) e Mori (2001, p. 29).

[15]. Cit. in Popper (1966, pp. 226-227).

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Il libertarismo è dunque esposto all’accusa che l’appello all’indeterminismo, implicando la casualità, lungi dal permettere di dare conto della libertà, di fatto la rende impossibile, perché rende impossibile il controllo degli agenti sulle proprie azioni: e in tal modo anche le idee di responsabilità e razionalità paiono inesorabilmente compromesse. Oggi, come detto nell’introduzione, un argomento di questo genere è sovente ripetuto contro i libertari che tentano di dimostrare la libertà umana facendo appello all’indeterminismo quantistico [13].

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[13]. Cfr. Kane (2002, p. 86).

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Libero arbitrio… • 1.3. … della mancanza di controllo (5)

  •  D e C a r o  (2 0 0 4)  •  1.  L i b e r t à  e  i n d e t e r m i n i s m o  •

Intuitivamente, però, è chiaro che, per dirsi libera, un’azione o una scelta non può essere meramente casuale, ma deve essere, in qualche misura rilevante, ‹sotto il controllo› dell’agente (o della sua volontà o della sua razionalità o di qualche suo adeguato stato mentale). Quando una persona getta due dadi — non truccati — sperando che diano sette, e ciò accade effettivamente, non diciamo certo che si tratti di un caso di esercizio della libertà, ma solo di mera accidentalità (o di ‘fortuna’, per usare una categoria della metafisica ingenua — ma non solo di essa) [11]. Quell’agente, infatti, non poteva in alcun modo ‹controllare› il risultato che i dadi avrebbero prodotto [12].

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[11]. Cfr. Nagel (1976) e Williams (1976), che riprendono un tema kantiano.

[12]. Ai fini della nostra discussione è irrilevante se in realtà il risultato del lancio dei dadi sia causalmente determinato o meno; il punto rilevante è che l’agente non può controllare il risultato del suo lancio.

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Libero arbitrio… • 1.3. … della mancanza di controllo (4)

  •  D e C a r o  (2 0 0 4)  •  1.  L i b e r t à  e  i n d e t e r m i n i s m o  •

Ora la domanda che dobbiamo porci è questa: dato che l’agente e il suo gemello sono per definizione assolutamente identici — e dunque sono identici tutti i loro stati mentali (credenze, desideri, intenzioni ecc.) — su quale base l’uno sceglie il corso d’azione A e l’altro il corso d’azione B? Qual è, per usare un termine della metafisica classica, la ‹ragione sufficiente› di tale divaricazione? La differenza di tali scelte, in effetti, non può essere ascritta né agli agenti né alla loro volontà né ai loro stati mentali, che sono identici. In nessun modo si può allora dire che gli agenti determinino ciò che accade o che essi controllino le proprie scelte e le azioni. Esse avvengono, dunque, per puro caso, per mera accidentalità. Ma se il nostro universo fosse effettivamente indeterministico, allora questa situazione si potrebbe generalizzare a ‹tutte› le nostre azioni. Tutte, cioè, sarebbero frutto del caso.

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Libero arbitrio… • 1.3. … della mancanza di controllo (3)

  •  D e C a r o  (2 0 0 4)  •  1.  L i b e r t à  e  i n d e t e r m i n i s m o  •

Questo ragionamento può essere reso più perspicuo modificando i termini di un classico esperimento mentale contemporaneo proposto da Hilary Putnam [10]. Immaginiamo dunque un universo parallelo che sia governato dalle stesse leggi di natura e che fino ad ora abbia avuto una storia assolutamente uguale al nostro universo. Da ciò segue che lo stato in cui l’universo parallelo si trova ora è identico a quello in cui si trova il nostro. Immaginiamo, allora, che nel nostro universo un agente si trovi a dover compiere una scelta tra due corsi d’azione, A e B. Per definizione, nell’universo parallelo c’è il duplicato di questo agente, a lui assolutamente identico, che si trova a dover compiere esattamente la stessa scelta. Ammettiamo ora che da questo momento in poi i due universi comincino ad essere governati da leggi indeterministiche. A questo punto, dunque, le storie dei due universi si divaricano: così, ad esempio, nel nostro universo l’agente sceglie il corso d’azione A e nell’altro il suo gemello sceglie il corso d’azione B (ciò è possibile perché in un universo indeterministico gli stati dell’universo non sempre determinano gli stati successivi).

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[10]. Cfr. Putnam (1975), che peraltro discuteva di tutt’altra questione: il significato dei termini che denotano generi naturali, come ‘oro’ o ‘acqua’.

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Libero arbitrio… • 1.3. … della mancanza di controllo (1-2)

  •  D e C a r o  (2 0 0 4)  •  1.  L i b e r t à  e  i n d e t e r m i n i s m o  •

Il primo problema — vera ‹crux› del libertarismo — è che tale concezione, radicando la libertà nell’indeterminismo, sembra farla coincidere con la casualità, che della libertà appare come la negazione. Questo argomento, cui ho già accennato nel primo capitolo, è molto importante; dunque dobbiamo analizzarlo in qualche dettaglio.

Come abbiamo visto, una delle due condizioni essenziali della libertà è che al soggetto siano accessibili corsi d’azione alternativi. Questa possibilità, naturalmente, è costitutivamente implicita nell’indeterminismo, proprio perché secondo questa concezione nessun fattore predetermina ciò che accadrà: dunque, come spesso si dice, in un mondo indeterministico il futuro è aperto (se il lancio di un dado fosse effettivamente un processo indeterministico, non sarebbe pertanto predeterminato il numero che ne risulterebbe). Sembrerebbe che l’indeterminismo sia l’humus adatto per la libertà; ma le cose, purtroppo, non sono affatto così semplici. In un ambiente indeterministico, infatti, per definizione nulla — e dunque ‹nemmeno l’agente› — può determinare quale tra i corsi d’azione possibili si attualizzerà: in questo senso, la selezione appare governata dal caso. E il caso è la negazione della libertà.

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Libero arbitrio… • 1.2. Le sfide del libertarismo (3)

  •  D e C a r o  (2 0 0 4)  •  1.  L i b e r t à  e  i n d e t e r m i n i s m o  •

Nondimeno, il libertarismo incontra molte gravi difficoltà teoriche — al punto che Hume sarcasticamente definiva questa concezione un «fantastico sistema della libertà» [9]. In particolare, quattro almeno sono i problemi fondamentali ai quali le teorie libertarie devono dare risposta. Essi sono: a) l’apparente incapacità di spiegare come gli agenti possano controllare le azioni che compiono; b) il costante rischio di formulare ipotesi metafisicamente oscure; c) il pericolo di cadere in un regresso all’infinito nella definizione del momento in cui la libertà si esplica; d) la difficoltà di localizzare il cruciale momento indeterministico nel processo che conduce al compimento di un’azione. Il primo di questi problemi — quello relativo al controllo delle azioni — è senz’altro il più grave e da esso, dunque, è bene incominciare.

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[9]. Hume (1739-40, p. 452).

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Libero arbitrio… • 1.2. Le sfide del libertarismo (2)

  •  D e C a r o  (2 0 0 4)  •  1.  L i b e r t à  e  i n d e t e r m i n i s m o  •

L’appello dei libertari all’indeterminismo causale si inquadra in questa prospettiva: esso viene pensato come il fondamento ontologico adeguato per una concezione dell’agire che si incentra sulla possibilità di fare altrimenti, intesa in senso ‹categorico›: è ‹qui› e ‹ora› che l’agente, in quanto è libero, potrebbe compiere una scelta o un’azione diversa da quella che di fatto compirà.

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Libero arbitrio… • 1.2. Le sfide del libertarismo (1)

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Laddove, come si vedrà nel prossimo capitolo, la forza del compatibilismo è nel suo stretto rapporto con la visione scientifica del mondo (all’interno del quale questa concezione tenta di accomodare la nozione di libertà), il valore del libertarismo è nella sua contiguità con l’idea di libertà offertaci dal senso comune. Non è vero, forse, che quando riteniamo di agire liberamente pensiamo di poter scegliere tra diversi corsi d’azione che ci si aprono davanti? E, in tali casi, non pensiamo forse che la scelta tra i possibili corsi d’azione ‹non› sia già determinata, ma dipenda interamente da noi? Questa è esattamente l’intuizione che il libertarismo si propone prima di chiarire e poi di incorporare.

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Libero arbitrio… • 1.1. Potenzialità dell’indeterminismo (3)

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Anche in tradizioni filosofiche ben lontane dalla filosofia pragmatista si insiste sul ruolo dell’indeterminazione e della contingenza nella definizione della libertà umana [7]. Dallo spiritualismo all’esistenzialismo, infatti, l’esaltazione della spontanea autodeterminazione del soggetto insiste costitutivamente sul reciso rifiuto del determinismo e sulla centralità della contingenza: in questa prospettiva, la libertà diviene il tratto ontologico costitutivo dell’essere umano (per riprendere la celebre formula sartriana, «l’uomo è condannato alla libertà») [8]. Nondimeno, l’invisibile ma profondissimo solco che separa — non sempre giustificatamente — le tradizioni filosofiche ha fatto sì che la discussione anglosassone sulla libertà (sulla quale questo lavoro per la maggior parte si concentra) fosse pressoché impermeabile a quella continentale e viceversa.

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[7]. Per una prospettiva originale sull’emergere della nozione di contingenza nel moderno, alla luce del gioco endiadico tra le categorie di tempo-storia e potere-identità, cfr. Marramao (1985, 2000, cap. 15, e 2003, cap. 2). In Marramao (1992) l’analisi della contingenza connota un programma filosofico in cui limite e possibilità non sono considerati come un deficit ontologico, ma come nodi cruciali di intersezione e apertura di opportunità.

[8]. Sartre (1943, p. 495). Su queste correnti, cfr. Mori (2001, cap. 6).

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Libero arbitrio… • 1.1. Potenzialità dell’indeterminismo (2)

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La mancanza di determinazione è dunque condizione ‹necessaria› della libertà. In uno spirito simile, un altro grande filosofo pragmatista, William James — pur affermando l’insolubilità ‹teorica› della questione della libertà — insistette sul valore eminentemente ‹pratico› della concezione indeterministica, in ragione del suo intrinseco ‹pluralismo[4]. In un mondo indeterministico, infatti, il futuro non è già univocamente definito come accade in un mondo deterministico (nel quale «qualsiasi sviluppo futuro diverso da quello stabilito dall’eternità è impossibile») [5]. L’indeterminismo, dunque, crea lo spazio logico per l’idea che gli agenti contribuiscano in maniera decisiva a forgiare il proprio futuro. In una tale prospettiva, le scelte e le azioni degli individui possono, secondo James, caricarsi di senso e assumere valore morale (laddove, invece, la concezione deterministica implica un rigido monismo che, secondo James, non lascia spazio per alcuna attribuzione di significato all’agire umano) [6].

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[4]. James (1896).

[5]. James (1896, p. 174).

[6]. Mori (2001, pp. 197-200).

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