Il primo problema — vera ‹crux› del libertarismo — è che tale concezione, radicando la libertà nell’indeterminismo, sembra farla coincidere con la casualità, che della libertà appare come la negazione. Questo argomento, cui ho già accennato nel primo capitolo, è molto importante; dunque dobbiamo analizzarlo in qualche dettaglio.
Come abbiamo visto, una delle due condizioni essenziali della libertà è che al soggetto siano accessibili corsi d’azione alternativi. Questa possibilità, naturalmente, è costitutivamente implicita nell’indeterminismo, proprio perché secondo questa concezione nessun fattore predetermina ciò che accadrà: dunque, come spesso si dice, in un mondo indeterministico il futuro è aperto (se il lancio di un dado fosse effettivamente un processo indeterministico, non sarebbe pertanto predeterminato il numero che ne risulterebbe). Sembrerebbe che l’indeterminismo sia l’humus adatto per la libertà; ma le cose, purtroppo, non sono affatto così semplici. In un ambiente indeterministico, infatti, per definizione nulla — e dunque ‹nemmeno l’agente› — può determinare quale tra i corsi d’azione possibili si attualizzerà: in questo senso, la selezione appare governata dal caso. E il caso è la negazione della libertà.
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K E Y W O R D S
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[] M. D e C a r o, ‹I l l i b e r o a r b i t r i o …›, L a t e r z a, 2 0 0 4.
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