• Nell’era dei “big data” (‹dashuju shidai› 大数据时代) la poesia può ancora esistere? Il mondo ha ancora bisogno dei poeti? Questo tipo di società è ancora in grado di apprezzare l’arte?
Non si tratta di un qualcosa che riguarda solo la Cina, ma il mondo intero: l’esplosione di internet insieme allo sviluppo del cinema e della televisione hanno portato alla diffusione di una società che “legge le immagini” (‹dutu› 读图) in cui le persone vogliono soltanto guardare delle cose che siano intuitive, per le quali non bisogna usare troppo il cervello (‹butai dongnaozi de› 不太动脑子的), trasparenti e da dimenticare velocemente una volta viste, “guarda e getta” (‹kan le jiu wang› 看了就忘). In una simile situazione, si pensa che le arti visive riceveranno sempre maggiore interesse e attenzione, raggiungendo un elevato grado di apprezzamento, mentre, al contrario, saranno sempre meno apprezzate quelle forme letterarie complesse, ricche di giochi di parole, pensieri profondi e metafore, dato che le persone sono sempre meno pazienti. Per non parlare di quei discorsi lunghi e profondi (‹changpian dalun› 长篇大论) che ormai nessuno ha più voglia di leggere o di sentire. Tuttavia, ha preso piede una certa interpretazione della questione, che secondo me è estremamente interessante: secondo alcuni l’era dei big data è forse proprio quella in cui la poesia può godere di maggior accettazione poiché i social ci obbligano a esprimerci entro un limite di non più di qualche centinaio di caratteri con i quali dobbiamo riuscire a essere il più chiari possibile, raffinando la lingua a un livello pari soltanto a quello poetico. [⇒]
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K E Y W O R D S
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