CorSera (12/8/2010) • Platone è totalitario… (5)

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Ma, in ogni caso, Gadamer è pronto a riconoscere — sempre ne ‹Il pensiero di Platone nelle utopie› — che «il contributo di Popper rientra in una grande tradizione che da Hobbes e Grozio attraverso il positivismo e Hegel e i filologi viennesi del livello di Theodor e Heinrich Gomperz (ma pure Toynbee rientra in questa linea) porta sino a Popper». In realtà, nel ‹Compendio di storia della filosofia greca›, Eduard Zeller asserisce che «la costituzione dello Stato platonico è aristocratica, governo assoluto degli intendenti, dei filosofi, non limitato da alcuna legge». Da parte sua, Theodor Gomperz, nella monumentale opera ‹Pensatori greci›, fa notare che alla classe dei dominatori Platone accorda «una potenza senza limiti». E sarà Max Pohlenz a dire ne ‹L’uomo greco› che, «poiché i filosofi sono i soli a disporre anche del sapere necessario all’uomo di governo per assicurare a tutta la cittadinanza prosperità, pace ed eudaimonia, sarebbe assurdo limitarli nell’esercizio delle loro mansioni con un corpo di leggi». Interpretazioni analoghe a queste richiamate le ritroviamo in altri studiosi di Platone come G. Grote, R. H. Crosman [sic!] e A. D. Winspear. E se Werner Fite (‹Platonic Legend›, 1939) ha condotto una interessante analisi sulla volontà di potenza che emerge dagli scritti di Platone, tale analisi trova sviluppi di sorprendente acutezza e durezza in tre saggi di Hans Kelsen: ‹La giustizia platonica› (1933); ‹L’amore platonico› (1933) e ‹La verità platonica› (1936).

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K E Y W O R D S
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