La neotenia è un adattamento costoso: implica che i gruppi umani dovettero portarsi appresso cuccioli del tutto dipendenti, indifesi e soggetti a predazione. Ma valse la pena pagare quel prezzo, visto che ci restituì in cambio le premesse biologiche per l’evoluzione culturale (apprendimento prolungato, imitazione, gioco, relazioni sociali). Affinché quell’adattamento fosse tollerato, dobbiamo ipotizzare che i gruppi sociali umani fossero già sufficientemente protettivi da garantire la sopravvivenza dei cuccioli. Ovvero, dobbiamo ipotizzare che nel genere ‹Homo› le pressioni selettive di mera sopravvivenza si fossero indebolite grazie alla socialità e alla tecnologia, non invece rafforzate come si è sempre pensato in un’ottica adattazionista. Inoltre, nel genere ‹Homo› si riscontrano segni genetici e morfologici di auto-addomesticazione: le pressioni selettive sociali hanno favorito una tendenza alla docilità.
Le straordinarie potenzialità espresse successivamente da questo cervello “abnorme” andrebbero considerate tutte ricadute exattative a partire da quell’effetto collaterale. La selezione naturale avrebbe agito per fissare la mutazione neotenica in virtù dei suoi benefici effetti adattativi, ma non per produrre direttamente la crescita del cervello. La neotenia sarebbe cioè un adattamento, la crescita ipertrofica del cervello sarebbe un ‹exaptation› e le performances prodotte da questo cervello espanso sarebbero “‹exaptations› di ‹exaptation›”, una sorta di ‹exaptation› di secondo grado.
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K E Y W O R D S
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[] T. P i e v a n i, ‹H o m o s a p i e n s e a l t r e c a t a s t o f i›, M e l t e m i, 2 0 1 8³ (r i v.).
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