Lo zoologo Valerius Geist, alla fine degli anni Settanta, aveva proposto di definire le caratteristiche “espansive” delle specie ominine (e così di molte altre specie di mammiferi africani del Pleistocene) come un “fenotipo di dispersione” (‹dispersal phenotype›, contrapposto al “fenotipo di mantenimento” tipico delle specie immerse in un ambiente stabile e ricco). Secondo Geist, gli ominini, le iene maculate e molti altri carnivori divennero a un certo punto, a causa delle instabilità ecologiche, gruppi di specie tendenzialmente girovaghe ed esploratrici, perennemente alla ricerca di habitat più generosi e con meno competitori diretti. Il “fenotipo di mantenimento” delle australopitecine, di ‹Homo habilis› e di ‹Homo rudolfensis›, per i quali l’esplorazione ai confini del territorio di un clan era probabilmente un comportamento occasionale dei maschi giovani, si tramutò in qualche popolazione in un “fenotipo di dispersione”. Inoltre, la regione sahariana, che per tutto il Pleistocene oscillò fra periodi di aridità e periodi di fertilità, potrebbe aver funzionato come una grande “pompa” per le migrazioni dei primi ominini e di altri animali, attirandoli a sé nei periodi fertili ed espellendoli in tutte le direzioni nei periodi di siccità.
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K E Y W O R D S
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[] T. P i e v a n i, ‹H o m o s a p i e n s e a l t r e c a t a s t o f i›, M e l t e m i, 2 0 1 8³ (r i v.).
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