Ma se il ‹Dossier Freud› ci mostra quanto la psicoanalisi (e magari più per colpa di Freud che non di uno Jung, per esempio) sia «vulnerabile alla sua storia», il recente lavoro revisionista radicale di Ffytche sulle fonti dell’inconscio psicoanalitico compie il passo ulteriore di scavare nelle idee romantiche e nell’idealismo postkantiano per far luce sugli impliciti, anche morali e “politici”, di concetti centrali nelle teorie di Freud quali quelli di inconscio e di rimozione. Per Ffytche, tra gli inizi dell’Ottocento e gli inizi del Novecento, teorie filosofiche del soggetto e teorie della psiche si intrecciano, e l’inconscio diventa, sì, oggetto di ricerca empirica, ma insieme anche una soluzione ai dilemmi legati allo statuto “ontologico” dell’individuo e al problema della sua libertà. Dall’Io di Fichte, alla “psiche” di Schelling, all’apparato psichico di Freud (non a caso da lui ancora indicato col termine Seele, comune alle filosofie idealiste) si verifica un progressivo distacco da una concezione assoluta e teologica del mondo, fondante la vita individuale, ad un’immagine di strutture che governano l’individuo come un’unità indipendente.
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K E Y W O R D S
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