Se davvero esistono differenze nello sviluppo delle diverse regioni cerebrali fra l’uomo e le antropomorfe, e se, come è ragionevole supporre, le antropomorfe sono le più vicine alla condizione ancestrale, e infine se possiamo individuare qualche rapporto fra diverse aree cerebrali e diverse funzioni, sarebbe naturale domandarsi se i cervelli dei nostri progenitori possono dirci qualcosa sulla sequenza degli eventi evolutivi che li hanno modificati, modificando a loro volta il comportamento dell’umanità. La risposta è al contempo sì e no, con una netta propensione, per quanto sia spiacevole, verso il no. Questo è il motivo per cui quando tratterò la documentazione fossile umana quasi non mi soffermerò sull’evoluzione cerebrale. Un fatto positivo è che la volta cranica si sviluppa (in sostanza) in modo da assumere la forma del cervello che dovrà contenere, e poiché esso è separato dall’osso solo da una serie di membrane e da alcuni spazi e canali per i fluidi, l’endocranio conserva le tracce della forma esterna del cervello. In questo modo, facendo il calco della parete interna dei crani ben conservati (calco endocranico), otteniamo con ragionevole approssimazione la forma esterna del cervello dei nostri predecessori estinti, e in alcuni casi è accaduto persino che la natura stessa facesse il lavoro per noi. Fin qui, tutto bene.
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K E Y W O R D S
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[] I. T a t t e r s a l l, ‹I l c a m m i n o d e l l’ u o m o›, B o l l a t i B o r i n g h i e r i, 2 0 1 1.
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