Nel tessuto di interdipendenze che ha abbracciato insieme l’evoluzione cosmologica, biologica, ecologica e umana, le glaciazioni artiche ebbero un impatto decisivo anche sulla lontana Africa. Il raffreddamento delle acque di superficie oceaniche, durante i periodi di massima espansione dei ghiacci, modificò la direzione dei venti e la distribuzione delle precipitazioni su tutto il pianeta. In alcune regioni esse aumentarono, in altre diminuirono. Il clima africano divenne più secco, il Sahara si espanse, i laghi si ritirarono e le zone al limitare delle foreste si inaridirono progressivamente. Il livello dei mari si abbassò di quasi cento metri. La foresta pluviale venne intaccata, anche nella fascia equatoriale a ovest della Rift Valley. Nella zona orientale, a maggior ragione, la savana rubò spazio alla foresta, aprendo grandi distese aride o erbose. Gli habitat africani vennero frammentati, isolando piccole popolazioni periferiche. Per molte forme animali fu l’inizio della fine, per altre una grande occasione. Dai margini, dalle periferie delle specie stavano per nascere nuovi protagonisti.
Il cespuglio degli ominini, come ogni altro cespuglio di mammiferi africani, ne risentì. La fascia di confine fra foresta e prateria svanì, lasciando molte scimmie bipedi in balia dei predatori. Il mondo delle australopitecine era al tramonto, ma dalla catastrofe emersero le condizioni per un nuovo inizio…
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K E Y W O R D S
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[] T. P i e v a n i, ‹H o m o s a p i e n s e a l t r e c a t a s t o f i›, M e l t e m i, 2 0 1 8³ (r i v.).
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