Molti indizi anatomici confermarono che anche ‹A. africanus› aveva adottato un comportamento misto: era pienamente bipede, ma viveva ancora in ambienti di foresta, usava liane e si arrampicava frequentemente sugli alberi. È pertanto probabile che ‹A. afarensis› e ‹A. africanus› siano due forme cugine di australopitecine, adattate a due ambienti leggermente diversi e divisesi in tempi antichi. Anche se l’idea che si tratti di una specie unica con due sottospecie regionali non è ancora tramontata, secondo Ian Tattersall non è da escludere, al contrario, che nei siti di ‹A. africanus› sia presente almeno una seconda forma di australopiteco, poiché la variazione morfologica riscontrata nei reperti è molto alta e difficilmente riconducibile a una sola forma, un ragionamento che potrebbe essere valido anche per ‹A. afarensis›. In effetti anche Dart aveva diviso ‹A. africanus› in due specie, coniando per la seconda l’affascinante nome di ‹Australopithecus prometheus›, l’australopiteco domatore del fuoco. Secondo Steven Stanley, furono proprio l’andatura mista e la flessibilità comportamentale a favorire la stabilità evolutiva delle australopitecine e il loro dominio del territorio africano orientale per il milione e mezzo di anni che precede l’arrivo del genere ‹Homo›.
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K E Y W O R D S
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[] T. P i e v a n i, ‹H o m o s a p i e n s e a l t r e c a t a s t o f i›, M e l t e m i, 2 0 1 8³ (r i v.).
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