Le sorprese non erano finite. Nel 1998, dopo un’accurata analisi durata più di otto anni, Tim White annunciò che una serie di reperti fossili, rinvenuti nella valle dell’Awash in Etiopia e risalenti a circa 2 milioni e mezzo di anni fa, non potevano essere attribuiti a nessuna specie nota di australopitecina a causa di alcune caratteristiche morfologiche uniche che le distinguono sia da ‹africanus› che da ‹afarensis›. La specie, che presenta una conformazione facciale più arcaica di quella di ‹africanus› e una dentatura più forte rispetto ad ‹afarensis›, è stata chiamata da White ‹Australopithecus garhi›, che nella lingua afar significa proprio “sorpresa”.
È molto significativo che il nome di un ominino per la prima volta rispecchi una visione evolutiva improntata all’imprevedibilità! Rappresenta in un certo senso la presa d’atto che la scoperta di nuove specie ominine può scardinare da un momento all’altro le costruzioni teoriche valide fino al giorno prima: il cespuglio degli ominini è da ridisegnare ogni volta, è da riscrivere come una storia dai molteplici finali. La fedeltà a un modello astratto di progressione ha lasciato il posto alla meraviglia, alla contingenza, alla pluralità di percorsi evolutivi.
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K E Y W O R D S
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[] T. P i e v a n i, ‹H o m o s a p i e n s e a l t r e c a t a s t o f i›, M e l t e m i, 2 0 1 8³ (r i v.).
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