L’orologio molecolare applicato a scimpanzé e uomo segnò una data di circa 5 milioni di anni, poi aggiornata con tecniche di comparazione diretta delle mutazioni genetiche del Dna e dell’Rna. Si trattava di un tempo molto più ristretto dei 25 milioni di anni supposti ai tempi della teoria del ‹Ramapithecus›. Nel 1982, dopo quindici anni di ricerche e di accesi dibattiti sull’effettiva regolarità del ritmo delle mutazioni misurate dall’orologio molecolare, la datazione fu fissata intorno ai 6,5-7 milioni di anni. Oggi le stime, condotte con orologi molecolari molto più raffinati e ben calibrati, hanno ridotto leggermente questo arco di tempo, stabilendo un intervallo di separazione fra il ramo degli scimpanzé e gli ominini compreso tra i 5 milioni e 600.000 e i 6 milioni e 800.000 anni, un risultato in sostanziale accordo con i dati paleontologici e con la datazione provvisoria del ‹Sahelanthropus tchadensis› scoperto nel 2002 (che sarebbe dunque vicinissimo al punto di divergenza).
La genetica racconta, in sostanza, che 7 milioni di anni fa successe qualcosa nel ramo degli antenati degli scimpanzé, quel qualcosa che Coppens ha cercato di spiegare attraverso l’ipotesi della East Side Story: probabilmente a seguito di una o più speciazioni connesse alla separazione di una parte delle scimmie antropomorfe a est della Rift Valley, iniziò la diversificazione (quantomeno genetica) fra le altre scimmie antropomorfe e gli ominini. La tettonica delle placche terrestri ci mandò “alla deriva”, creando forse una famiglia di scimmie esploratrici come Toumai che si espansero in altre regioni del continente.
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K E Y W O R D S
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[] T. P i e v a n i, ‹H o m o s a p i e n s e a l t r e c a t a s t o f i›, M e l t e m i, 2 0 1 8³ (r i v.).
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