1978·01·20 - Giorno • Freud non è più un lusso (d10)

  •  2 0 / 1 / 1 9 7 8  –  G i o r n o  •  A.  C a m b r i a  •

Un altro dogma freudiano che tu stai abbattendo è quello del pagamento. I tuoi gruppi sono gratuiti. Allora non è vero quello che diceva Freud, che, se non si paga, l’analisi non funziona, non riesce?

Il fatto del pagamento ha attinenza con la cura soltanto quando il rifiuto di pagare — se se ne hanno i mezzi — esprime la bramosia del paziente nei riguardi dell’analista. Se tu guadagni tre milioni al mese, e mi vuoi dare mille lire a seduta, questa tua bramosia va frustrata, e me ne devi dare venti. Nella società di domani, comunque, l’analista dovrebbe essere retribuito dalla collettività. E quindi, gradatamente, scomparire.

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1978·01·20 - Giorno • Freud non è più un lusso (d8-9)

  •  2 0 / 1 / 1 9 7 8  –  G i o r n o  •  A.  C a m b r i a  •

Che cosa significa per te “interpretazione”?

Significa che io, analista, debbo interpretare, cioè rendere esplicito il significato di ciò che tu mi porti in analisi: sogni, associazioni di idee, fatti tuoi ecc.

Ma questo rigore — interpretare e basta, non dar consigli, non intervenire — non è in contraddizione con la tua polemica contro gli analisti che ascoltano, tacciono e intascano l’onorario del paziente?

Ma quelli non ascoltano neppure. Ricevono telefonate, pensano ai fatti propri. Fanno, insomma, fantasie di sparizione sulla persona che hanno davanti. E questo succede perché l’analista, spesso, è più malato del paziente: malato di invidia, di bramosia, di istinto di morte/annullamento. L’analisi buona è quella che realizza interamente il rapporto umano, per incominciare, tra analista e analizzando…

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1978·01·20 - Giorno • Freud non è più un lusso (d6-7)

  •  2 0 / 1 / 1 9 7 8  –  G i o r n o  •  A.  C a m b r i a  •

“Invidia, bramosia, frustrazione positiva” sono le altre nozioni portanti della tua teoria. Che significano?

L’invidia non ha niente a che fare col desiderio, come diceva Freud. Ha a che fare con l’odio; la bramosia è il voler introiettare l’altro, mangiarlo, divorarlo: amore come possesso e distruzione, e quindi non-amore. La ‹frustrazione positiva› è invece un atteggiamento da assumere da parte di chiunque voglia, o debba, «fare l’analista» nei confronti di un altro: e significa saper dire no all’altro, nel suo stesso interesse. Esempio: quando il bambino infila le dita nella presa di corrente, tu lo strappi via dal pericolo: lo fai nel suo interesse, e gli dimostri, così, di avere interesse per lui.

Tu infatti l’adoperi nei tuoi gruppi di analisi collettiva: qual è l’obiettivo di questa attività?

L’analisi ha sempre come obiettivo la ‹cura› della psiche: è la trasformazione della psiche, che sottintende, nella maggior parte dei casi, la cura di essa. L’analisi è: interpretazione (strumento) — trasformazione (obiettivo) — cura (effetto).

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1978·01·20 - Giorno • Freud non è più un lusso (d5)

  •  2 0 / 1 / 1 9 7 8  –  G i o r n o  •  A.  C a m b r i a  •

E il rapporto col seno materno, come primo rapporto da cui dipenderanno tutti gli altri?

Non è importante che la madre allatti, è importante l’investimento sessuale della madre nei confronti del figlio, perciò una maternità felice è soltanto quella della donna realizzata sessualmente, che conosce il piacere del proprio corpo, che gioca col proprio corpo e con quello del bambino.

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1978·01·20 - Giorno • Freud non è più un lusso (d4)

  •  2 0 / 1 / 1 9 7 8  –  G i o r n o  •  A.  C a m b r i a  •

Ma con questa teoria non ti pare di rafforzare la pressione che l’intera cultura dominante (maschile) ha fatto fino ad oggi sopra la donna, responsabilizzando soltanto lei dell’eventuale infelicità del figlio? L’inconscio mare calmo, il seno materno… Tutto dipende da noi, l’aborto — come del resto aveva scritto Pasolini — è un’aggressione all’eden pre-natale, al tuo, quindi, “inconscio mare calmo…”. O no?

L’aborto è comunque un fallimento, ma il rapporto col corpo della madre è qualcosa che si stabilisce gradualmente — non prima, senza dubbio, del 180esimo giorno dal concepimento — e, ci tengo a sottolinearlo, ha importanza soltanto dopo la nascita del bambino. In questo, davvero, siamo tutti uguali, e tutti, quindi, potenzialmente felici, al contrario di ciò che diceva Freud, perché tutti disponiamo di un identico inconscio-mare-calmo, al sicuro da qualsiasi aggressione, anche dalle eventuali nevrosi delle madri incinte….

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1978·01·20 - Giorno • Freud non è più un lusso (d3)

  •  2 0 / 1 / 1 9 7 8  –  G i o r n o  •  A.  C a m b r i a  •

Ma perché, nascendo, si dovrebbe avere voglia di tornare indietro? Perché dare per scontata questa situazione di «pessimismo esistenziale»?

È una questione di pura e semplice sopravvivenza. Il contatto con la realtà esterna, la realtà inanimata (luce, freddo, ecc.) è ostile al bambino, che finallora se n’è rimasto immerso beatamente nel liquido amniotico….

Il contatto sessuale, stabilito attraverso la cute, con il corpo della madre, produce nel bambino, appena nato, il ricordo di ciò che io chiamo ‹inconscio mare calmo›. Il meccanismo della nascita è il seguente: il bambino nasce e in lui opera immediatamente l’istinto di morte, come pulsione a ritornare nel ventre della madre: per sopravvivere, egli ha bisogno di annullare la realtà esterna, ostile, che lo circonda (‹fantasia di sparizione›); però, nello stesso momento, si forma in lui il ricordo dell’‹inconscio mare calmo›, e il bambino, esprimendo la propria libido, cerca un ‹investimento sessuale› nel rapporto umano: cerca la madre, il seno materno.

Se questo primo rapporto fallisce, fallisce anche l’‹uomo come essere sociale› (secondo la definizione di Marx). Quindi depressione, schizofrenia, ecc.

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1978·01·20 - Giorno • Freud non è più un lusso (d2)

  •  2 0 / 1 / 1 9 7 8  –  G i o r n o  •  A.  C a m b r i a  •

Ci sono alcuni concetti-chiave della teoria che tu hai formulata, e che pratichi nei gruppi di analisi collettiva, Essi sono, mi pare, quelli di “istinto di morte, fantasia di sparizione, inconscio mare calmo, investimento sessuale”, — tutto un meccanismo, se ho capito bene, che si mette in moto nell’istante della nascita — e poi, ancora, “invidia e bramosia”. Puoi spiegare di che si tratta?

Dell’istinto di morte Freud ha parlato tardi, nel 1920; ma, oltre ad essere stato preceduto, su questo argomento, almeno da due dei suoi allievi, Adler e Steckel (il «furto», in Freud, è sempre presente), c’è da dire che, ancora una volta, non si inventava nulla: l’istinto di morte appartiene al nichilismo russo, si profila già nell’Ottocento. Per me istinto di morte non è, necessariamente, tendenza negativa, distruttività: è piuttosto la prima pulsione del neonato a tornare da dove è venuto, nell’utero materno…

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1978·01·20 - Giorno • Freud non è più un lusso (d1)

  •  2 0 / 1 / 1 9 7 8  –  G i o r n o  •  A.  C a m b r i a  •

Si può essere psicoanalisti e non freudiani (né junghiani, né lacaniani)?

«Non è nuova la psicoanalisi, è nuovo Freud. Così come non era nuova l’America, era nuovo Colombo». Questo lo scriveva il romanziere Arthur Schnitzler, nel primo decennio del secolo. Oggi, a quarant’anni dalla morte di Freud, si può e si deve dire la verità: non era nuovo neanche Freud. La psicoanalisi è sempre esistita: è esistita in Shakespeare, nella tragedia greca. Si tratta di tradurre in scienza, utilizzabile da tutti, ciò che per gli artisti è intuizione.

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1978·01·20 - Giorno • Freud non è più un lusso (a9-10)

  •  2 0 / 1 / 1 9 7 8  –  G i o r n o  •  A.  C a m b r i a  •

Scrive «Istinto di morte e conoscenza», e nel cerchio chiuso dei freudiani ortodossi viene allora considerato un talento: Franco Fornari, tra gli altri, parla di «scoperta» nella psicoanalisi (Congresso di Vietri, 1971). Dal momento in cui il libro è pubblicato sopravviene l’ostracismo: nel febbraio del 1976 lo si costringe ad uscire dalla Spi. Già alla fine del ’75, però, erano incominciati i suoi seminari.

Sentiamo, adesso, ciò che dice Massimo Fagioli.

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1978·01·20 - Giorno • Freud non è più un lusso (a6-8)

  •  2 0 / 1 / 1 9 7 8  –  G i o r n o  •  A.  C a m b r i a  •

Per capire, serve intanto sapere chi è Massimo Fagioli. Buon rieducatore o guru?

Professionalmente ha tutte le carte in regola. Medico psichiatra, prime esperienze «manicomiali» a Venezia e quindi a Padova, primi tentativi (metà degli anni Sessanta) di gestione diversa del manicomio, poi trasferimento in Svizzera, nella clinica dell’antropsichiatra Ludwig Binswanger, dove vive per un anno in una comunità terapeutica (malati di mente, medici, infermieri).

Tornato in Italia costituisce egli stesso una comunità di questo tipo, ed incomincia a fare ‹analisi› didattica con il freudiano Nicola Perrotti. Ammesso nella Società Psicoanalitica Italiana (Spi), esercita la professione privata, e comincia ad elaborare le teorie oggi contenute nei suoi testi, attraverso le quali si pone come «eretico» rispetto a tutt’intera la tradizione e la prassi psicoanalitica (con l’esclusione parziale di Wilhelm Reich, come dell’unico che abbia tentato la saldatura tra psicoanalisi e politica).

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1978·01·20 - Giorno • Freud non è più un lusso (a4-5)

  •  2 0 / 1 / 1 9 7 8  –  G i o r n o  •  A.  C a m b r i a  •

Su questo strato di fondo si innestano poi iscritti al PCI (ma sempre giovani), molte donne, alcuni medici (non soltanto psichiatri o psicoanalisti), qualche «nome» del mondo dello spettacolo, ovviamente più politicizzato (il regista Marco Bellocchio; la sua compagna, l’attrice Gisella Burinato).

Fin qui gli elementi esteriori che pure distinguono questo gruppo dagli altri. Gli elementi invece più profondi di diversità sono da rintracciare nella persona dell’analista, Massimo Fagioli, e nel fatto che in questa sede si sperimenta una teoria che Fagioli rivendica come ‹originale›. Qui non si fa analisi secondo Freud, Jung, Lacan, ecc. o attraverso una miscellanea di teorie e pratiche diverse: si fa analisi secondo quanto è scritto nei testi di Massimo Fagioli, che sono tre: «Istinto di morte e conoscenza», «Psicoanalisi della nascita e castrazione» [sic!], «La marionetta e il burattino».

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1978·01·20 - Giorno • Freud non è più un lusso (a3)

  •  2 0 / 1 / 1 9 7 8  –  G i o r n o  •  A.  C a m b r i a  •

Come esempio e campione, traverso il quale svolgere questo primo tema, mi pare cronisticamente corretto scegliere una realtà terapeutica che emerge, nel paesaggio a volte confuso della «analisi di gruppo», con caratteristiche non ordinarie. Alcune di esse sono percettibili, per così dire, ad occhio nudo: la gratuità assoluta e il numero dei partecipanti, complessivamente valutabile a circa seicento persone, divise in tre gruppi, che si riuniscono in tre giorni diversi della settimana, con lo stesso analista. La qualità dei partecipanti, pur non essendo esclusiva di questa situazione, è, qui, sottolineata da una forte omogeneità: è quello che, a partire dal febbraio scorso si definisce come il «Movimento», a formare la ‹popolazione di base› in questa sede (una piccola aula dell’Istituto di Psichiatria dell’Università di Roma, diretto dal professor Giancarlo Reda). È dunque la folla giovanile — maschi e femmine — diventata protagonista, anche drammaticamente, della scena politica italiana negli ultimi dieci mesi.

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1978·01·20 - Giorno • Freud non è più un lusso (a2)

  •  2 0 / 1 / 1 9 7 8  –  G i o r n o  •  A.  C a m b r i a  •

Dopo sessant’anni, oggi nessuno potrebbe sostenere quelle tesi. Il bisogno di investigazione di sé, di conoscenza e di aiuto è diventato, se non bisogno di massa, certo una domanda che avanza e si fa drammatica, specie tra i giovani e le donne; le risposte istituzionali sono largamente inadeguate: da una parte, e nei casi più gravi, la psichiatrizzazione (manicomio o clinica per malattie mentali) e dall’altra psicofarmaci più o meno rimborsati dalle mutue, qualche CIM (Centro di Igiene Mentale) assediato da richieste cui non può rispondere, e le sedute di analisi individuale, inabbordabili da chi, pur proletario o proletarizzato (operai, disoccupati, studenti, donne), l’inconscio ce l’ha, ma non ha i soldi per occuparsene. Nel silenzio delle istituzioni nascono allora i gruppi, più o meno spontanei, più o meno «selvaggi», in cui la gente si aggrega e parla di sé.

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1978·01·20 - Giorno • Freud non è più un lusso (a1)

  •  2 0 / 1 / 1 9 7 8  –  G i o r n o  •  A.  C a m b r i a  •

«Si potrebbe dire — scriveva Gramsci nei “Quaderni del carcere” — che l’inconscio comincia solo dopo tante decine di migliaia di lire di rendita». Insomma, per Gramsci l’inconscio ce l’avevano i ricchi, i poveri no. Problemi di lusso, quindi, i problemi dell’inconscio, e già Lenin del resto nelle sue conversazioni con Clara Zetkin (1921), s’era riferito alla psicanalisi come a qualcosa che «fiorisce con esuberanza sul terriccio della società borghese».

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1978·01·20 - Giorno • Freud non è più un lusso (0)

  •  2 0 / 1 / 1 9 7 8  –  G i o r n o  •  A.  C a m b r i a  •

Freud non è più un lusso


La psicanalisi da privilegio per pochi ad attività terapeutica di gruppo

I giovani della nuova sinistra, in rottura con la psichiatria tradizionale, si riuniscono sempre più numerosi a Roma intorno a un transfuga della Società Psicoanalitica Italiana, il professor Massimo Fagioli – L’analisi non si fa più individualmente, è una ricerca collettiva degli equilibri perduti – Terapia scientifica o psicodramma? – Parla il promotore del nuovo movimento

di Adele Cambria

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Origine delle specie… • ‹4. La genetica e l’evoluzione› (e2-3)

  •  D a r w i n  (1 8 5 9,  1 8 7 2⁶)  •  I n t r o d u z i o n e  (M o n t a l e n t i,  ~1 9 6 9)  •

Chi legga, come spero che molti abbiano a fare, quest’opera di Darwin, troverà pur nel suo stile scarno e disadorno, il riflesso del continuo lavoro di quella grande mente, e sarà sorpreso d’incontrare quasi in ogni pagina quei problemi, quei motivi d’indagine, e soprattutto quella posizione intellettuale che, sviluppati, estesi, arricchiti di nuove cognizioni, formano la solida trama della migliore produzione della genetica moderna.

Non si potrebbe desiderare miglior dimostrazione della vitalità di quest’opera insigne, la quale, come tutte le opere grandi, inspira [sic!] profonda reverenza, suscita la riflessione, ed è inesauribile motivo di studio e incitamento alla ricerca.

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[]  C h.  D a r w i n,  ‹L’ o r i g i n e  d e l l e  s p e c i e›,  B o l l a t i  B o r i n g h i e r i,  2 0 1 5.
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Origine delle specie… • ‹4. La genetica e l’evoluzione› (e1)

  •  D a r w i n  (1 8 5 9,  1 8 7 2⁶)  •  I n t r o d u z i o n e  (M o n t a l e n t i,  ~1 9 6 9)  •

Si suol dire che l’atteggiamento dei genetisti nei confronti dell’evoluzione è darwiniano, e da taluni si parla di neodarwinismo. Questo appellativo è forse da evitare, perché indica il ben preciso movimento di pensiero che fu condotto dal Weismann negli ultimi decenni del XIX secolo, come abbiamo detto. Ma non v’ha dubbio che l’indirizzo della genetica evoluzionistica moderna si riallaccia direttamente all’opera di Darwin, e l’ha sviluppata, completandola e modificandola dove necessario, riprendendone i motivi e i problemi fondamentali nonché l’impostazione scientifica generale. Si può dire che dopo un periodo tempestoso, in cui molti, immemori dell’insegnamento darwiniano, s’erano lanciati in arditi voli sull’ali d’una fantasia spesso non sorretta da reale vigore di pensiero né frenata dal peso della documentazione di fatti, dopo molti smarrimenti e incertezze determinate da speculazioni arrischiate e non sempre ben fondate, si sia ritrovata oggi in questo campo la strada della vera conoscenza scientifica: l’interrogazione della natura, mediante l’osservazione e l’esperimento, con spirito vigile e con assoluto rispetto dei fatti, con atteggiamento d’umiltà.

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[]  C h.  D a r w i n,  ‹L’ o r i g i n e  d e l l e  s p e c i e›,  B o l l a t i  B o r i n g h i e r i,  2 0 1 5.
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Origine delle specie… • ‹4. La genetica e l’evoluzione› (d8)

  •  D a r w i n  (1 8 5 9,  1 8 7 2⁶)  •  I n t r o d u z i o n e  (M o n t a l e n t i,  ~1 9 6 9)  •

Se gli storici non sono riusciti a stabilire l’anno di nascita o di morte di personaggi vissuti pochi secoli or sono, non deve sembrar strano che vi siano lacune e incertezze nell’interpretazione di documenti antichi di centinaia di migliaia o milioni di anni. Comunque il quadro delineato da Darwin si va sempre più precisando nei particolari. La biologia cammina ancora lungo la traccia segnata da quel grande.

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[]  C h.  D a r w i n,  ‹L’ o r i g i n e  d e l l e  s p e c i e›,  B o l l a t i  B o r i n g h i e r i,  2 0 1 5.
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Origine delle specie… • ‹4. La genetica e l’evoluzione› (d7)

  •  D a r w i n  (1 8 5 9,  1 8 7 2⁶)  •  I n t r o d u z i o n e  (M o n t a l e n t i,  ~1 9 6 9)  •

Gli anni recenti sono stati particolarmente fertili di nuove scoperte di resti fossili, sia di forme sicuramente riferibili alla specie umana (basti ricordare in Italia i crani di Saccopastore e del Circeo, 1925-35), sia di forme che possono con molta probabilità considerarsi come preominidi (pitecantropi di Giava, 1892, 1938, e di Pechino, 1927-29; australopitechi dell’Africa meridionale, 1925-27; ziniantropo e ‹Homo habilis› della gola di Olduvai nel Tanganika, 1959). Possiamo quindi costruire un albero genealogico abbastanza soddisfacente, che non è certo da considerarsi definitivo ma è di gran lunga più completo e sicuro di quello che si potesse mettere insieme ai tempi di Darwin [26].

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NOTE
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[26]. Vedi W. E. LeGros Clark, ‹The Fossil Evidence for Evolution›, University of Chicago Press, Chicago 1955; Id., ‹The Antecedents of Man›, Quadrangle Books, Chicago 1960; F. Weidenreich, ‹Scimmie, giganti e uomini› [trad. a cura di G. Frizzi, Cortina, Pavia 1956]; J. Piveteau, ‹L’origine de l’homme›, Hachette, Paris 1962.

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Origine delle specie… • ‹4. La genetica e l’evoluzione› (d4-6)

  •  D a r w i n  (1 8 5 9,  1 8 7 2⁶)  •  I n t r o d u z i o n e  (M o n t a l e n t i,  ~1 9 6 9)  •

La realizzazione più importante della genetica moderna, in questo campo di studi, è stata l’aver portato il problema evoluzionistico sul terreno della ricerca positiva e sperimentale, sottraendolo a quel mare di vaghe congetture e speculazioni in cui, dopo Darwin, era caduto e minacciava di naufragare.

Molti e gravi sono i problemi anche in quello che abbiamo chiamato l’aspetto storico dell’evoluzione. Se il quadro del processo evolutivo appare disegnato nelle sue grandi linee in modo abbastanza plausibile, quando si cerchi di fissare il particolare s’incontrano spesso grandi incognite.

Anche il problema che più da vicino c’interessa e a cui Darwin dedicò un libro: l’origine dell’uomo, non può ancora dirsi completamente risolto. Tuttavia, anche in questo caso, come in molti altri, le pazienti ricerche degli antropologi e dei paleontologi recano sempre nuovi dati, i quali si articolano l’uno con l’altro, così che si può sperare di arrivare un giorno a ricostruire un albero genealogico abbastanza completo dell’umanità.

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Origine delle specie… • ‹4. La genetica e l’evoluzione› (d3)

  •  D a r w i n  (1 8 5 9,  1 8 7 2⁶)  •  I n t r o d u z i o n e  (M o n t a l e n t i,  ~1 9 6 9)  •

Nell’attuale rinascimento degli studi sull’evoluzione non è a credere che tutto sia chiaro, che tutti i problemi siano risolti. Al contrario, molti rimangono aperti e intorno ad essi ferve la discussione e la ricerca; così ad esempio: se oltre ai meccanismi d’evoluzione cui abbiamo accennato, che sono sperimentalmente dimostrati, ne esistano altri tuttora incogniti; se al citoplasma delle cellule non spetti una parte più importante che non si creda nella trasmissione dei caratteri ereditari; se oltre ai modi ormai abbastanza ben conosciuti di trasmissione dei caratteri non ne esistano altri di diversa natura, come quelli che infatti sono stati scoperti in alcuni microrganismi; e se — soprattutto — i modi di evoluzione finora accertati, che possono dar ragione di piccoli salti evolutivi (la «microevoluzione», cioè l’origine di razze nel senso di una specie, o di specie tra loro affini) siano sufficienti a spiegare anche i grandi corsi dell’evoluzione che ci sono rivelati dalla paleontologia, siano cioè atti a dar ragione dell’origine dei grandi gruppi (macroevoluzione). Le opinioni dei genetisti non sono concordi in proposito: ferve il lavoro di ricerca, ed è sperabile che in futuro si possa ottenere risposta ad alcuni di tali quesiti.

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Origine delle specie… • ‹4. La genetica e l’evoluzione› (d2)

  •  D a r w i n  (1 8 5 9,  1 8 7 2⁶)  •  I n t r o d u z i o n e  (M o n t a l e n t i,  ~1 9 6 9)  •

Le recenti spettacolari conquiste della genetica e della biochimica, che hanno spinto l’indagine della base fisica dell’eredità fino al livello molecolare, hanno recato notevoli contributi anche ad alcuni problemi evoluzionistici. Esse hanno chiarito l’intima essenza del fenomeno di mutazione, che consiste in una variazione della composizione chimica di determinati segmenti della molecola dell’acido desossiribonucleico (DNA), molecola su cui è iscritto il messaggio ereditario. Hanno inoltre dimostrato che tale messaggio è trasmesso dal DNA, tramite l’acido ribonucleico (RNA), agli organi effettori della cellula, i ribosomi, e non vi è la possibilità che da questi, cioè dal citoplasma, si trasmettano segnali in senso inverso, che vadano a modificare la costituzione del DNA. Anche a livello molecolare, dunque, si ha la negazione del principio lamarckiano.

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Origine delle specie… • ‹4. La genetica e l’evoluzione› (d1)

  •  D a r w i n  (1 8 5 9,  1 8 7 2⁶)  •  I n t r o d u z i o n e  (M o n t a l e n t i,  ~1 9 6 9)  •

Molta parte della ricerca biologica moderna è inspirata da questi princìpi. La disciplina che più ne ha ricevuto impulso è la sistematica. In verità il rinnovamento della sistematica zoologica e botanica, la sua trasformazione da scienza puramente descrittiva a scienza interpretativa, erano impliciti nella formulazione darwiniana. Ma l’effetto fu differito fino ai giorni nostri. Prima si delineò il quadro generale dell’evoluzione, e ci si compiacque di affrontare i grandi problemi dell’origine ed evoluzione dei gruppi più vasti. Soltanto con l’impostazione genetica fu possibile studiare sperimentalmente il problema basale: l’origine delle specie. Questo nuovo impulso dato agli studi sistematici ridiede vita e vigore a una disciplina che sembrava morta e rinsecchita come le collezioni dei musei; ed è invece di grande importanza. Come la sistematica linneana era l’espressione di una concezione teistica e creazionistica, così la sistematica moderna, quella che Julian Huxley ha chiamato «la nuova sistematica», è la viva rappresentazione di un’altra concezione del mondo: la concezione evoluzionistica.

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Origine delle specie… • ‹4. La genetica e l’evoluzione› (c1-2)

  •  D a r w i n  (1 8 5 9,  1 8 7 2⁶)  •  I n t r o d u z i o n e  (M o n t a l e n t i,  ~1 9 6 9)  •

Negazione del principio lamarckiano e rivalutazione della selezione naturale sono dunque i motivi principali cui hanno portato i risultati della sperimentazione moderna. L’ambiente è capace di far sentire la propria influenza sugli organismi, plasmandoli convenientemente, ma non più nel modo grossolano e diretto postulato dai lamarckiani, bensì per il tramite della selezione.

Sulla base dei princìpi scaturiti dalla sperimentazione moderna, si può quindi intendere il modo di formazione di nuove specie. Dapprima in una popolazione geneticamente omogenea, si formano razze che differiscono fra di loro per le frequenze relative degli alleli di una o più coppie di geni. Differenze che insorgono soprattutto per effetto di adattamento, tramite la selezione, ad ambienti diversi, oppure per forte limitazione del numero degli individui, o per qualcuna delle altre cause sopra elencate. Se un lungo periodo d’isolamento riproduttivo favorisce il mantenimento di tali differenze, può infine presentarsi, in modi che sono in parte conosciuti, in parte prevedibili e attualmente in via di studio, l’isolamento genetico vero e proprio, cioè l’impossibilità alla procreazione, o la sterilità degli ibridi. Con ciò è raggiunto il livello del differenziamento specifico, l’origine delle specie.

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Origine delle specie… • ‹4. La genetica e l’evoluzione› (b20)

  •  D a r w i n  (1 8 5 9,  1 8 7 2⁶)  •  I n t r o d u z i o n e  (M o n t a l e n t i,  ~1 9 6 9)  •

Ma le ricerche recenti di fisiologia sessuale hanno dimostrato in molti casi che i colori brillanti, certi istinti complicati che inducono alcuni animali (uccelli, insetti, ragni e altri) a eseguire danze o veri e propri riti nuziali, hanno un significato fisiologico ben preciso in quanto determinano l’ovulazione, e l’orgasmo indispensabile all’accoppiamento, o rappresentano comunque una condizione necessaria all’efficace svolgimento dell’atto riproduttivo. Quindi la «selezione sessuale», che non è se non un aspetto particolare della selezione naturale, è oggi completamente riabilitata e forma oggetto di studio sperimentale in molti organismi.

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Origine delle specie… • ‹4. La genetica e l’evoluzione› (b19)

  •  D a r w i n  (1 8 5 9,  1 8 7 2⁶)  •  I n t r o d u z i o n e  (M o n t a l e n t i,  ~1 9 6 9)  •

Anche un particolare modo di selezione che Darwin aveva individuato, la selezione sessuale, e che era stato accolto con notevole scetticismo, è stato recentemente rivalutato, soprattutto per merito di un discendente di T. H. Huxley, lo zoologo Julian Huxley, a cui si devono molti lavori speciali e pubblicazioni sintetiche di genetica evoluzionistica. La selezione sessuale, com’è noto, era stata invocata da Darwin per spiegare la formazione e lo sviluppo di alcuni caratteri, quali per esempio le smaglianti livree dei maschi dei pavoni, dei fagiani e di molti altri uccelli. Caratteri che, rendendo gli animali che ne sono provvisti assai vistosi, e talvolta impacciati nei movimenti, sembrerebbero dover far sì che essi cadano più facilmente in preda ai nemici, venendo eliminati dalla selezione naturale. Darwin aveva pensato che le femmine preferissero concedersi ai maschi più belli ed eleganti, e che questo finisse col contrastare efficacemente gli effetti della selezione naturale. L’interpretazione è ovviamente alquanto semplicistica e piuttosto vulnerabile, perché postula un senso estetico e una facoltà di scelta da parte della femmina, che non sono affatto dimostrati; tanto che la teoria, in questa forma, fu per lo più considerata insostenibile.

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Origine delle specie… • ‹4. La genetica e l’evoluzione› (b18)

  •  D a r w i n  (1 8 5 9,  1 8 7 2⁶)  •  I n t r o d u z i o n e  (M o n t a l e n t i,  ~1 9 6 9)  •

Se è vero che le mutazioni sono processi saltuari, discontinui, è anche vero che la discontinuità, il salto, sono nella maggior parte dei casi (contrariamente all’affermazione originale di De Vries) di piccola entità. Inoltre un carattere è di solito sotto il controllo di molti geni, ciascuno dei quali può mutare indipendentemente dagli altri. Perciò la selezione non opera tanto su singoli geni, quanto su complessi genici, e solo raramente su variazioni di grande ampiezza (come nell’esempio citato sopra: animali pigmentati o albini). Per lo più agisce su caratteri di piccola entità, che, nel complesso, variano in modo continuo, anziché saltuario. La rappresentazione darwiniana dell’azione della selezione ci appare dunque assai più attendibile che non quella di De Vries dell’evoluzione per grandi salti.

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Origine delle specie… • ‹4. La genetica e l’evoluzione› (b17)

  •  D a r w i n  (1 8 5 9,  1 8 7 2⁶)  •  I n t r o d u z i o n e  (M o n t a l e n t i,  ~1 9 6 9)  •

La selezione naturale è un processo continuamente operante, e lavora con grande finezza e precisione, rendendo ogni specie di organismi adatta all’ambiente nella massima misura consentita dalla struttura stessa dell’organismo, e dalle circostanze. Può essere, secondo i casi che vengono man mano studiati e precisati dai genetisti, più o meno severa; ma è sempre all’opera. Ogni carattere di qualsiasi organismo è sempre sotto il controllo della selezione, che in ogni momento della vita della specie decide quali siano le qualità e l’intensità del carattere compatibili con le esigenze della vita in un dato ambiente.

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Origine delle specie… • ‹4. La genetica e l’evoluzione› (b16)

  •  D a r w i n  (1 8 5 9,  1 8 7 2⁶)  •  I n t r o d u z i o n e  (M o n t a l e n t i,  ~1 9 6 9)  •

A proposito dell’azione della selezione si devono fare alcune considerazioni importanti. Il concetto di selezione non è necessariamente legato a quello di lotta per l’esistenza: un organismo poco adatto a un certo ambiente non prospera e finisce per estinguersi, anche senza che si possa parlare di vera e propria lotta con altri organismi della stessa o di altra specie. La selezione non deve dunque necessariamente essere rappresentata con quell’aspetto che argutamente fu da T. H. Huxley definito «gladiatorio». Anche l’espressione di Spencer adottata dal Darwin: «sopravvivenza del più adatto», non deve essere presa alla lettera, in quanto presuppone l’estinzione del meno adatto, che non avviene sempre necessariamente. La selezione è oggi concepita come una «riproduzione differenziale»: alcuni individui o alcune coppie contribuiscono, in misura maggiore di altre, cioè con un maggior numero di discendenti, alla generazione successiva.

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Origine delle specie… • ‹4. La genetica e l’evoluzione› (b15)

  •  D a r w i n  (1 8 5 9,  1 8 7 2⁶)  •  I n t r o d u z i o n e  (M o n t a l e n t i,  ~1 9 6 9)  •

Le mutazioni rappresentano, per così dire, il materiale grezzo su cui operano i fattori di evoluzione, che orientano la variazione della specie secondo una certa direzione. Fra questi fattori indubbiamente il più efficace è la selezione. In molti casi si può rendersi conto direttamente dell’azione del fattore selettivo, e anche misurarne l’intensità. Non v’ha dubbio che la selezione naturale è la causa più efficace che determina l’adattamento degli organismi all’ambiente in cui vivono, nonché l’armonia fra le varie parti del corpo di ogni individuo.

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Origine delle specie… • ‹4. La genetica e l’evoluzione› (b14)

  •  D a r w i n  (1 8 5 9,  1 8 7 2⁶)  •  I n t r o d u z i o n e  (M o n t a l e n t i,  ~1 9 6 9)  •

Le conclusioni generali a cui finora si è giunti si possono così riassumere. La massima parte dei caratteri ereditari sembrano essere riconducibili ai geni localizzati nei cromosomi, quindi dallo studio di questi e dalla loro dinamica nelle popolazioni possiamo attenderci utili informazioni sui meccanismi evolutivi. La sorgente di variabilità di questo patrimonio ereditario è rappresentata dalle mutazioni, di cui si conoscono tre tipi, corrispondenti ai tre livelli di organizzazione fisica del patrimonio ereditario: genico, cromosomico e nucleare (o del cariotipo). Le mutazioni sono casuali, non orientate, cioè si producono in direzioni diverse e non prevedibili, con frequenza di solito molto bassa. Tale frequenza può essere notevolmente aumentata da alcuni trattamenti sperimentali come le radiazioni ionizzanti o alcune sostanze chimiche (mutageni chimici): ma anche in questo caso non si è finora riusciti a produrre mutazioni orientate in un dato senso.

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Origine delle specie… • ‹4. La genetica e l’evoluzione› (b12-13)

  •  D a r w i n  (1 8 5 9,  1 8 7 2⁶)  •  I n t r o d u z i o n e  (M o n t a l e n t i,  ~1 9 6 9)  •

Intorno al 1920 alcuni genetisti, e particolarmente R. A. Fisher, S. Wright e J. B. S. Haldane, cominciarono a studiare statisticamente il problema dell’evoluzione, riconoscendo l’importanza del principio di Hardy-Weinberg e analizzando le cause che possono determinare lo spostamento dell’equilibrio genico, cioè l’evoluzione. I modelli matematici elaborati dagli autori citati sono poi stati portati al paragone dell’esperimento, con risultati di grande importanza. Nel 1937 una prima sintesi dell’indirizzo teorico-statistico e di quello sperimentale venne presentata da Theodosius Dobzhansky nel suo libro ‹Genetics and the Origin of Species›.

Da allora in poi le ricerche vennero estese e intensificate, sia con esperimenti di laboratorio, sia con lo studio di popolazioni in natura, e le pubblicazioni su questi argomenti si susseguirono numerose. Perfino la specie umana, che per molte ragioni sembrava poco adatta allo studio di questi problemi, ha fornito e continua a fornire materiali importanti per la genetica di popolazioni.

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Origine delle specie… • ‹4. La genetica e l’evoluzione› (b11)

  •  D a r w i n  (1 8 5 9,  1 8 7 2⁶)  •  I n t r o d u z i o n e  (M o n t a l e n t i,  ~1 9 6 9)  •

Evidentemente, se queste quattro condizioni determinano la stabilità, cioè la non evoluzione, le condizioni opposte possono costituire altrettanti fattori di evoluzione; e precisamente:
  1. mutazione da 𝐴 ad 𝑎 o viceversa;
  2. vantaggio degli individui aventi una determinata costituzione genetica rispetto agli altri, cioè selezione;
  3. limitazione numerica della popolazione;
  4. emigrazione di geni da popolazioni contigue.

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Origine delle specie… • ‹4. La genetica e l’evoluzione› (b10)

  •  D a r w i n  (1 8 5 9,  1 8 7 2⁶)  •  I n t r o d u z i o n e  (M o n t a l e n t i,  ~1 9 6 9)  •

Se due geni allelomorfi 𝐴 ed 𝑎 hanno, in una determinata popolazione, le frequenze iniziali 𝘱 e 𝑞 (dove 𝘱 e 𝑞 possono assumere valori qualsiasi compresi fra zero e uno, e 𝘱 + 𝑞 = 1) per effetto delle leggi di Mendel tali frequenze non variano nelle generazioni successive, purché vengano rispettate alcune condizioni. Così, per fare un esempio concreto, supponendo che in una popolazione di un qualsiasi animale, vi siano, com’è caso molto frequente, due alleli 𝐴, che determina la colorazione cutanea, e 𝑎, che impedisce invece la formazione di pigmento (gene dell’albinismo); se le frequenze iniziali dei due alleli sono, per esempio, del 99,9 per cento per il gene 𝐴, e dello 0,1 per cento per il solo allelomorfo 𝑎 (frequenze che si possono esprimere con 0,999 e 0,001), esse non tendono a variare nel corso delle generazioni. Le condizioni necessarie perché si realizzi questa invariabilità sono quattro:
  1. che non vi sia mutazione da 𝐴 ad 𝑎, o viceversa;
  2. che nessuno dei tre tipi di individui che si possono formare per la combinazione di tali geni, e cioè 𝐴𝐴, 𝐴𝑎, 𝑎𝑎, sia avvantaggiato rispetto agli altri;
  3. che il numero degli individui che compongono la popolazione sia indefinitamente grande;
  4. che non vi siano immigrazioni di geni 𝐴 od 𝑎 per effetto di incroci con popolazioni contigue.

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Origine delle specie… • ‹4. La genetica e l’evoluzione› (b8-9)

  •  D a r w i n  (1 8 5 9,  1 8 7 2⁶)  •  I n t r o d u z i o n e  (M o n t a l e n t i,  ~1 9 6 9)  •

Il secondo aspetto del problema è quello del modo con cui l’evoluzione si è prodotta, cioè delle cause dell’evoluzione. Qui la genetica odierna, come abbiamo accennato, può dire la sua parola. La quale è esposta e dichiarata in numerose pubblicazioni di carattere sia altamente specializzato sia divulgativo, facilmente accessibile. Perciò non è necessario — né sarebbe opportuno — estenderci qui su questo argomento. Basti accennare sinteticamente ai principali orientamenti in questo settore della biologia.

Fin dal 1908-09 due studiosi particolarmente versati in matematica, l’inglese G. H. Hardy, matematico di professione, e il tedesco W. Weinberg, medico ginecologo, avevano sviluppato indipendentemente l’uno dall’altro alcune considerazioni, che rimasero pressoché ignorate per alcuni decenni, e che oggi sono universalmente conosciute sotto il nome di «legge di Hardy-Weinberg». Questa si può enunciare in forma molto semplice.

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[]  C h.  D a r w i n,  ‹L’ o r i g i n e  d e l l e  s p e c i e›,  B o l l a t i  B o r i n g h i e r i,  2 0 1 5.
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Origine delle specie… • ‹4. La genetica e l’evoluzione› (b6-7)

  •  D a r w i n  (1 8 5 9,  1 8 7 2⁶)  •  I n t r o d u z i o n e  (M o n t a l e n t i,  ~1 9 6 9)  •

La grande maggioranza dei biologi moderni è unanime nel riconoscere — al di sopra della varietà delle interpretazioni delle cause e delle eventuali limitazioni che taluni credono di dover porre al processo evolutivo — la validità, l’importanza, la vitalità della dottrina evoluzionistica, che è la più vasta e comprensiva teoria cui siano pervenute le scienze biologiche.

Sono dunque in errore coloro che, fermi su alcune posizioni intellettuali che vigevano mezzo secolo fa, credono che la teoria dell’evoluzione sia stata scartata dai biologi: al contrario essa è viva e operante nella scienza moderna.

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Origine delle specie… • ‹4. La genetica e l’evoluzione› (b4-5)

  •  D a r w i n  (1 8 5 9,  1 8 7 2⁶)  •  I n t r o d u z i o n e  (M o n t a l e n t i,  ~1 9 6 9)  •

Le prove tratte da quelle discipline che Darwin ha considerato, convergono tutte verso la dimostrazione del «fatto» dell’evoluzione. Di nessuna può dirsi che, sola, sia decisiva e incontrovertibile, ma tutte insieme assumono un peso schiacciante.

Inoltre si deve rilevare e tener sempre presente che la dottrina dell’evoluzione conserva ancor oggi tutto il suo valore d’interpretazione razionale di moltissimi fenomeni biologici, sul quale abbiamo più volte insistito. Se questa possibilità d’interpretazione dovesse venire a mancare, quei fenomeni, fra cui alcuni di importanza fondamentale, ripiomberebbero inevitabilmente nel mistero.

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Origine delle specie… • ‹4. La genetica e l’evoluzione› (b3)

  •  D a r w i n  (1 8 5 9,  1 8 7 2⁶)  •  I n t r o d u z i o n e  (M o n t a l e n t i,  ~1 9 6 9)  •

Per quanto riguarda il primo aspetto, si può dire — e credo che praticamente tutti i biologi ne convengano — che il fenomeno storico dell’evoluzione, come svolgimento di fatti che si sono succeduti in una determinata sequenza sulla faccia della terra durante il corso dei tempi geologici, è accertato — come dice il Dobzhansky — con quanta sicurezza si può accertare un evento che non ha avuto a testimone occhio umano. Lacune e incertezze certo esistono nella documentazione storica: ma il quadro generale risulta assai plausibile. E, se vogliamo istituire paragoni, quale studioso di storia umana non deve lamentare l’incompletezza dei documenti, tanto più ampia quanto più il periodo considerato è lontano dal nostro tempo?

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Origine delle specie… • ‹4. La genetica e l’evoluzione› (b1-2)

  •  D a r w i n  (1 8 5 9,  1 8 7 2⁶)  •  I n t r o d u z i o n e  (M o n t a l e n t i,  ~1 9 6 9)  •

A distanza di un secolo dalla pubblicazione dell’opera di Darwin, sedati i bollori di molti ferventi entusiasmi privi di critica e di radicali dissensi altrettanto acritici, è più facile ai biologi moderni, resi scaltri e cauti da tanto ardore polemico e lavorio critico, dare un giudizio obiettivo sull’evoluzionismo.

È necessario anzitutto distinguere due aspetti del problema: l’aspetto storico-descrittivo e quello interpretativo delle cause.

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Origine delle specie… • ‹4. La genetica e l’evoluzione› (a12-13)

  •  D a r w i n  (1 8 5 9,  1 8 7 2⁶)  •  I n t r o d u z i o n e  (M o n t a l e n t i,  ~1 9 6 9)  •

Darwin e l’evoluzionismo sembravano dimenticati. Scarsi cenni se ne trovano nei trattati di genetica scritti prima del 1930. Pareva che questa disciplina non potesse arrecare alcun contributo originale all’ormai annoso problema evoluzionistico: anzi, constatando una notevole costanza del patrimonio ereditario, sembrò ad alcuni che essa fosse antievoluzionistica.

Ma non era così. Soltanto, per potere considerare l’evoluzione da un punto di vista nuovo, che non fosse una ripetizione di quei fatti, di quei pochi esperimenti e di quelle molte speculazioni di cui s’era ormai sazi, era necessario aver risolto prima il grande problema dell’ereditarietà. Quando la genetica ebbe raccolto dati sufficienti a illustrare le basi fisiche dell’eredità (geni e cromosomi) e della variabilità ereditaria (mutazioni geniche, cromosomiche, cariotipiche), e le leggi che regolano la trasmissione dei caratteri ai discendenti, allora, sulla base di queste informazioni, essa si volse a considerare nuovamente il problema dell’evoluzione. Ebbe così inizio, circa il 1930, l’indirizzo che si suol chiamare «genetica delle popolazioni» e che è oggi fiorente.

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[]  C h.  D a r w i n,  ‹L’ o r i g i n e  d e l l e  s p e c i e›,  B o l l a t i  B o r i n g h i e r i,  2 0 1 5.
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