Origine delle specie… • ‹3. Dopo Darwin› (c5-6)

  •  D a r w i n  (1 8 5 9,  1 8 7 2⁶)  •  I n t r o d u z i o n e  (M o n t a l e n t i,  ~1 9 6 9)  •

Del primo credette aver trovato una soluzione il botanico olandese Hugo de Vries, con la scoperta delle variazioni da lui chiamate «mutazioni» nella pianta ‹Œnothera lamarckiana›. Sono variazioni saltuarie, di notevole ampiezza, che compaiono improvvisamente senz’alcuna apparente relazione con fattori esterni, e sono subito e totalmente ereditarie: così il nanismo, le foglie di forma allungata e stretta in ‹Œnothera›, gli arti corti dei bassotti, e, nell’uomo, dei nani acondroplastici, l’albinismo, comune in tante specie animali ecc. De Vries sostenne che le specie animali e vegetali, nel corso della loro vita, traversano un periodo di alta variabilità, durante il quale producono un notevole numero di varianti di questo tipo, su cui poi opera la selezione. Questa teoria, che fu chiamata «mutazionismo», s’integrava dunque col darwinismo: dava una descrizione — se non una spiegazione — dell’origine della variabilità, rappresentata dalla comparsa delle mutazioni, e nel tempo stesso, introducendo il concetto di evoluzione a salti, in contrapposto all’evoluzione per gradi insensibili postulata da Darwin, dava modo di superare le obiezioni che furono spesso mosse all’azione della selezione su variazioni di minima entità, obiezioni che Darwin considera nel sesto capitolo dell’‹Origine›.

Della teoria della mutazione sono rimasti nella biologia moderna il nome e il concetto, benché quest’ultimo notevolmente modificato.

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[]  C h.  D a r w i n,  ‹L’ o r i g i n e  d e l l e  s p e c i e›,  B o l l a t i  B o r i n g h i e r i,  2 0 1 5.
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