La distribuzione della materia in questo volume è dichiarata nell’Introduzione, e appare perfettamente logica. Prima è lo studio della variabilità, cioè del fenomeno che rende possibile l’evoluzione; ché se tutti gli individui di ciascuna specie fossero identici, non vi sarebbe possibilità d’evoluzione. La variabilità degli animali e delle piante in domesticazione viene primamente studiata, come quella ch’è a noi più evidente, più cospicua, e più facilmente analizzabile anche nelle sue cause. E qui già vien fatto cenno agli effetti della selezione praticata dall’uomo e alla sua efficacia nel dare origine a varie razze, talvolta profondamente differenti nei caratteri morfologici, fisiologici, psicologici.
Viene poi studiata la variabilità in condizioni naturali (cap. 2). Il punto di vista è quello del naturalista sistematico, che si pone il problema della validità dei concetti di specie e varietà e li analizza acutamente. È l’indagine di quelle lievi variazioni di cui, aveva detto Linneo, il botanico non ha il dovere di tener conto, e che invece sono la base dell’evoluzionismo. E qui Darwin pone chiaramente il dilemma: molte cose si spiegano se si ammette che le specie siano prima esistite come varietà, mentre sarebbero completamente inesplicabili se le specie fossero creazioni indipendenti.
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[] C h. D a r w i n, ‹L’ o r i g i n e d e l l e s p e c i e›, B o l l a t i B o r i n g h i e r i, 2 0 1 5.
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