L’esaltazione di Ipazia e il suo accostamento a Socrate si trovano in C.M. Wieland, ‹Sämtliche Werke›, XIII, ‹Supplemente›, 1. Band: ‹Die Natur der Dinge - Moralische Briefe›, Leipzig 1798, rist. fot. Hamburg 1984, ‹Vierter Brief›, p. 329, nel contesto di una celebrazione del «maestro ateniese di virtù» e nella rievocazione del suo martirio laico, imposto dalla sua «odiosa città». Nel parallelismo dei destini, la «mercede» di Ipazia appare ancora ben più crudele della cicuta di Socrate e apre nell’ex severo pietista legittimi interrogativi sul misterioso operato di Dio.
La definizione dei due filosofi come «sorta di alfa e di omega della grecità» si legge in Gajeri, cit., p. 72.
In tedesco, la citazione riportata nel testo è: «Wer stösst [sic!] Hypatien, die Perle weiser Schönen, / Zu Menschen, die mit Wut dem Aberglauben frönen, / Wo blind für ein Verdienst, das noch die Nachwelt preist, / Auf eines Bischofs Wink der Pöbel sie zerreisst?».
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