L’attribuzione a Pallada è stata discussa, per (in realtà inconsistenti) motivi cronologici; oppure la si è mantenuta, ma si è allora voluto supporre che l’Ipazia cui è dedicata non sia la figlia di Teone: cfr. Meyer, cit., p. 52; G. Luck, ‹Palladas: Christian or Pagan›, in «Harvard Studies in Classical Philology», 63 (1958), pp. 455-471, che vuole leggervi una celebrazione cristiana; confutato da J. Irmscher, ‹Pallas und Hypatia (Zu Anthologia Palatina 9, 40)›, in ‹Actes de la VIème Conférence Internationale des Etudes Classiques des Pays Socialistes› (Plovdiv, 24-28 aprile 1962), a c. di B. Gerov - V. Velkov - V. Tapkova-Zaimova, Sofija 1963, pp. 313-318; cfr. anche A. Bowra, ‹Palladas and the converted Olympias›, «Byzantinische Zeitschrift» 53 (1960), pp. 1-17; A. Cameron, ‹Palladas and Christian Polemic›, «Journal of Roman Studies» 55 (1965), pp. 17-30, nonché, recentemente, A. Cameron, ‹The Greek Anthology from Meleager to Planudes›, Oxford 1993, pp. 323-325, che giunge a identificare l’Ipazia dell’epigramma con «una monaca autrice di carmi religiosi, di cui la poesia descrive l’immagine effigiata accanto a quella della Theotokos in una chiesa annessa al monastero»; estremizzando provocatoriamente, con ciò, l’erronea interpretazione cristiana della poesia, già proposta da Luck, ‹Palladas›, cit. e ripresa da Dzielska, cit., pp. 22-23. Il (falso) problema è trattato a più riprese anche in Beretta, cit., pp. 89-90, 139-40, 187-233, 250-51.
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[] S. R o n c h e y, ‹I p a z i a. L a v e r a s t o r i a› (2 0 1 0), B U R, 2 0 1 1.
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