Per Luzi, che non lo sapeva, il nome della figlia di Teone è un nome mantra: ne sgorga «un fiotto, messaggio o avviso o riserva di un’inespressa forza». Perché Alessandria, perché Ipazia?, si domanda nel narrarne per ultimo e con arbitri di tempo e spazio, conscio di non essere in realtà interessato, in quanto poeta, «a quelle persone intraviste tra le frasi di ricapitolazione di un filologo», di non essere davvero «attratto a ravvisarle». La storia «non è finita con il suo essere accaduta». Nessun poeta parla, in realtà, se non alla prima persona presente; ma in quanto moderno Luzi non teme l’infedeltà della poesia, anzi, la celebra:
‹Questo timore d’infedeltà… a che cosa, diciamo al preciso
struggimento
dell’attimo come fu vissuto — o come ci parve.
Eppure quale realtà è più reale in sé
che nella sua trasformazione in altro?›
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DOCUMENTAZIONE RAGIONATA
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⬚ Le parole di M. Luzi sono tratte dal ‹Libro di Ipazia›, introd. di G. Pampaloni, con una nota di G. Quiriconi…
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[] S. R o n c h e y, ‹I p a z i a. L a v e r a s t o r i a› (2 0 1 0), B U R, 2 0 1 1.
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