Ci si può chiedere perché, fino a un periodo recente, i più autorevoli naturalisti e geologi viventi non abbiano creduto nella mutabilità delle specie. Non si può sostenere che gli esseri viventi allo stato di natura non sono soggetti a variazione; non si può dimostrare che la quantità delle variazioni nel corso di lunghe epoche è limitata; una chiara distinzione non è stata, né può essere tracciata fra specie e ben definite varietà. Non si può sostenere che le specie, se incrociate, sono invariabilmente simili, e le varietà invariabilmente feconde; o che la sterilità è una speciale qualità e un segno della creazione. La credenza che le specie fossero produzioni immutabili fu quasi inevitabile finché si ritenne che la storia del mondo fosse di breve durata; e, ora che abbiamo acquisito qualche nozione sul lasso di tempo trascorso, siamo troppo inclini ad ammettere senza prova che i documenti geologici sono talmente perfetti da fornirci la chiara dimostrazione della mutazione delle specie, se queste avessero subìto mutazioni.
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[] C h. D a r w i n, ‹L’ o r i g i n e d e l l e s p e c i e›, B o l l a t i B o r i n g h i e r i, 2 0 1 5.
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