PeSU (1979, n. 2) • Le malie della strega (9)

  •  P o g g i a l i  (1 9 7 9)  •  P s i c o t e r a p i a  e  S c i e n z e  U m a n e,  n. 2  •

Il pessimismo è soprattutto — in Freud e per Freud — un assunto che riceve ‹dal basso› la propria legittimazione e coerenza, che ‹gli› si propone consuntivamente come l’unico approdo possibile. Tutto lo sviluppo della metapsicologia lo conferma ogni volta, e ogni volta esso pare emergere come l’unica possibile verità; come la Verità sull’uomo, quando non si cerchi consolazione nell’illusione. Dalla fiducia tutta illuministica nella terapia e nella migliorabilità dell’ordine sociale degli anni del primo decennio del ’900 [3] fino alla proposta del carattere illusorio, «sostitutivo» di ogni politica con intenzioni modificatrici, espressa nel «Disagio nella civiltà» (1929), e del carattere illusorio della stessa immagine di guarigione, proposta in «Analisi terminabile e interminabile» (1937), il pessimismo si fonda rigorosamente attraverso un processo che investe il piano della elaborazione e della strutturazione della metapsicologia. Via via che si penetra nell’intimo dell’uomo, nel suo profondo costitutivo e originario, via via che si taglia il legame con «l’esterno» nel definirne la dinamica psichica — dalla teoria del trauma a quella della sessualità infantile, all’istinto di morte — via via che si vede l’uomo per quello ‹che è›, la vita dell’uomo assume le coloriture di un destino tragico [4].

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N O T E
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[3]. Cfr. soprattutto: «Istruzione sessuale dei bambini», 1907, «La morale sessuale civile e il nervosismo moderno», 1908, «Le prospettive future della terapia psicoanalitica», 1910.

[4]. Del resto l’approdo al pessimismo è già tutto contenuto nel progressismo illuministico delle origini e nel positivismo della sua formazione scientifica. In relazione a queste coordinate la rilevazione a cui è costretto Freud della ineliminabilità del conflitto non ha — per lui — altra possibilità di definirsi che come segno di una condizione umana ineluttabile, secondo suggestioni interamente caratterizzanti la cultura europea di quel periodo, in lui appena dissimulate dalla sua netta sobrietà. La non eliminabilità del conflitto diventa l’impossibilità della guarigione, laddove la guarigione era stata pensata come superamento definitivo del conflitto. E ancora, la non eliminabilità del conflitto comporta che si stigmatizzi come illusione qualsiasi immagine di ordine sociale giusto, laddove invece si pensava che la società avrebbe potuto costruire e raggiungere la propria giusta organizzazione a partire anche da una sorta di psicoterapia sociale spontanea e generalizzata, germinante dalla mera socializzazione «naturale» delle conoscenze psicoanalitiche, in grado come tali, per il loro operare spontaneo, di tamponare i sintomi nevrotici e smascherare il «tornaconto della malattia». (S. Freud. Le prospettive future della terapia psicoanalitica, Opere vol. VI, pagg. 204-205 Torino 1974).

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K E Y W O R D S
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