La vista ha un ruolo preponderante per gli esseri umani, mentre altri sensi sono deboli o addirittura assenti. I cani storcerebbero il naso per la nostra incapacità di orientarci fiutando gli odori come fanno loro. Quanto all’udito, siamo davvero messi male rispetto per esempio ai gufi, che hanno orecchie asimmetriche, una specializzazione (unica tra tutti i vertebrati) che consente loro di misurare l’elevazione di una sorgente sonora con una tecnica che (forse) è stata re-inventata durante la seconda guerra mondiale — il cosiddetto radar a impulso singolo. È interessante notare, commentano Denny e McFadzean, che a quanto pare la natura è «pervenuta alle stesse soluzioni trovate dai progettisti radar e sonar, anche se in anticipo su di loro di un buon 30 milioni di anni». Per non parlare delle strabilianti capacità di orientamento delle formiche del deserto o degli ecolocalizzatori in dotazione a balene e delfini — il delfino dal naso a bottiglia è dotato di un sofisticato sistema di localizzazione e analisi dell’obbiettivo migliore dei nostri più avanzati apparati radar militari — e dei sonar naturali di stupefacente precisione come quelli delle centinaia di specie di pipistrelli. Insomma, ad ogni pagina questo libro ci rivela un mondo affascinante e sorprendente, invitandoci a guardarci intorno con occhi diversi giacché, come concludono Denny e McFadzean, in molti casi considerazioni di tipo ingegneristico hanno in natura un peso tale da avvalorare l’opinione che tutti gli animali si possono considerare come delle opere di ingegneria … naturale.
• Mark Denny, Alan McFadzean, ‹L’ingegneria degli animali›, Adelphi, Milano, pagg. 408, € 36,00.
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K E Y W O R D S
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