ToscanaOggi (11/4/2004) • Dentro la Bibbia. Ravasi… (e1-2)

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Il libro di Liverani


Gerico non è crollata al suono delle trombe di Giosuè, la conquista della Terra Promessa non è mai avvenuta così come narrato, Salomone non aveva un grande regno. Secondo Mario Liverani, docente di Storia del Vicino Oriente antico alla Sapienza di Roma, sono molti gli eventi narrati nella Bibbia che non corrispondono al vero. E nel suo ultimo libro affronta queste ed altre tematiche sintetizzando il punto dei lavori in corso da decenni tra gli archeologi israeliani e non.

• Mario Liverani, ‹Oltre la Bibbia. Storia antica di Israele›, Editori Laterza, pagine 514, euro 24

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ToscanaOggi (11/4/2004) • Dentro la Bibbia. Ravasi… (d10-12)

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•  Dal punto di vista della ricerca, l’opera di Liverani può considerarsi un punto di partenza?

«Sì, può essere un buon punto di partenza per una ricerca scientifica, perché esistono nel testo biblico molti elementi arcaici, su cui si può discutere a livello storico. Però solo a livello storico. Non si può affrontare con questo metodo la qualità specifica del testo biblico che è molto più complessa».


•  Se si trovasse faccia a faccia con Liverani, che cosa gli suggerirebbe?

«Sul suo libro io ho già curato una lunga recensione. Non avrei altro da dirgli se non quanto ho già scritto in proposito».


•  Quindi lo stima.

«È un biblista che merita certamente attenzione, anche se un dibattito più approfondito potrebbe mettere meglio in evidenza luci e ombre della sua opera».

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ToscanaOggi (11/4/2004) • Dentro la Bibbia. Ravasi… (d9)

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•  Si può, secondo lei, pensare che Liverani sia uscito fuori dalle righe?

«Senza dubbio Liverani ha marcato eccessivamente la portata della rielaborazione post-esilica: ritiene, cioè, sostanzialmente che i nuclei storici della Bibbia siano fioriti solo perché c’è stata tutta una rivisitazione posteriore. Su questo argomento però è necessario aprire un dibattito molto accurato, da non condursi solo semplicemente cancellando. Secondo me, tuttavia, quell’opera è indubbiamente discutibile. Credo che sia da rivedere soprattutto per lo sbilanciamento eccessivo sull’epoca post-esilica come epoca creativa quasi dell’intera teologia, anche se sono convinto che quello è un periodo importante per la determinazione qualitativa del testo biblico».

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ToscanaOggi (11/4/2004) • Dentro la Bibbia. Ravasi… (…d8s)

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[⇐]  «Se poi Liverani sostiene che, dal punto della redazione del testo, l’elaborazione post-esilica è stata decisiva, avendo costruito ed ordinato tutto l’insieme dei Libri storici, non fa che richiamare un elemento fondante generalmente riconosciuto nel processo di formazione delle tradizioni orali e scritte. L’importante è che nel condurre questa ricerca, si tengano sempre sul crinale, coniugate tra di loro, da un lato la storia e dall’altro la teologia. La Bibbia, proprio per sua natura, si fonda sulla storia. Il Nuovo Testamento, per esempio, parte da una testimonianza storica verificabile, sulla quale però si radica fortemente il ‹kerigma›, che poi dà sostanza a quella componente. Dobbiamo, quindi, evitare di cadere in quella forma di apologetica dove tutta la fede si ridurrebbe a dimostrare la verità di determinati eventi storici e dove Gesù si troverebbe a ricoprire il ruolo di un grande personaggio storico e niente più; ma dobbiamo anche evitare di calarci su un versante dove ci troveremmo di fronte soltanto tesi teologiche, elementi mitici e una figura di Gesù che sarebbe solo epifania del trascendente».

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ToscanaOggi (11/4/2004) • Dentro la Bibbia. Ravasi… (d8…)

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•  Secondo Liverani, i Libri storici della Bibbia sono il prodotto di un’elaborazione più tardiva. Qual è la sua opinione in proposito?

«È vero che Liverani ritiene che i Libri storici siano sostanzialmente frutto di una elaborazione post-esilica, ma se si legge attentamente il testo (e questo lo affermo anche in una recensione che ne ho fatto), l’autore non manca di segnalare che già prima esistevano delle radici, esistevano dei temi che successivamente sono stati ripresi ed elaborati. Quasi in ogni capitolo Liverani afferma la possibile presenza di un elemento germinale arcaico. Perciò non si può dire che Liverani non riconosca l’esistenza di elementi reali collegati alle vicende storiche, che, quindi, non sono il semplice prodotto di una riflessione teologica posteriore. Questo egli lo riconosce spessissimo».  [⇒]

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ToscanaOggi (11/4/2004) • Dentro la Bibbia. Ravasi… (d7)

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•  Queste ricerche e le ipotesi che ne conseguono non rischiano di provocare un generale disorientamento?

«Una volta riconosciuta la legittimità di questi percorsi, direi che i fedeli devono indubbiamente conoscere anche la componente scientifica e storica, purché ricordino che la finalità della Bibbia, come diceva San Agostino, non è quella di insegnarci come vadano il cielo, le stelle o le meccaniche celesti (pensiamo alla Genesi), ma come si vada in cielo. Questa è, dunque, la vera finalità, ma non dimentichiamo che nella Bibbia c’è un appello costante alla storicità, alla concretezza. Questo equilibrio negli studi biblici è un elemento essenziale».

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ToscanaOggi (11/4/2004) • Dentro la Bibbia. Ravasi… (d6)

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•  In generale mi sembra che anche oggi, pur nel grande interesse che la Bibbia riscuote, si debba registrare qualche dissonanza. Mi riferisco al volume di Mario Liverani su Bibbia e storia antica d’Israele.

«Il fatto che si conducano sulla Bibbia ricerche di tipo scientifico, come ha fatto Liverani, non ci deve meravigliare più di tanto. Con tutto ciò, dobbiamo sempre affermare che la Bibbia è, sì, un testo che si interessa di storia, ma ha specificamente una finalità di annuncio. Quindi, se da una parte il Libro sacro non è da considerarsi un vero libro di storia, né un verbale di riunione, dall’altra, dobbiamo ritenere che la Bibbia si radica davvero nella storia, perché senza di essa non avrebbe senso, essendo una rivelazione storica: Dio non parla dai cieli mitici e mistici, ma parla, passando all’interno del tempo e dello spazio, agli uomini di ieri e di oggi. Sotto questa luce, dunque, non possiamo negare la possibilità e la legittimità di una ricerca scientifica, purché si operi una netta distinzione tra verità storica e verità teologica».

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ToscanaOggi (11/4/2004) • Dentro la Bibbia. Ravasi… (d5)

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•  Ciò significa negazione dei valori cristiani?

«Non direi che ai nostri giorni ci sia una negazione dei valori cristiani che si presenta come una sfida, in maniera aggressiva, come avvenne all’epoca della Rivoluzione francese e dell’Illuminismo, o in forme completamente alternative, come l’ipotesi materialista. Ai nostri giorni assistiamo invece a fenomeni sotto molti aspetti peggiori: forme di indifferenza, di superficialità, di banalità, persino di volgarità. Il codice contemporaneo, rappresentato soprattutto dal codice egemone, che è il mezzo televisivo, ci dice tutto su come dobbiamo mangiare, bere, vestire, sulle mode da seguire, ma non sa dirci nulla sul senso profondo della vita, sul bello, sul bene, sui grandi valori. Ma ancora una volta credo di poter affermare che esistono tentativi di riavvicinamento dovuti forse al fatto che la stessa cultura contemporanea si accorge di non poter vivere soltanto di pelle, di superficie, ma sente il bisogno di ritornare in profondità».

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ToscanaOggi (11/4/2004) • Dentro la Bibbia. Ravasi… (d4)

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•  Che cosa pensare di altre «bibbie», di altri codici di comportamento oggi accettati e che dettano una mentalità laica e regole di vita alternative al messaggio cristiano?

«Sicuramente i nostri giorni sono, sotto questo aspetto, proprio sfortunati, perché abbiamo oggi un codice di riferimento alternativo non solo al codice biblico, ma anche a tutto quello che esso ha prodotto in grandezza e splendore. Pensiamo solo a come sono talvolta sfregiate le nostre città dalla bruttura e dalle bruttezze; come lo stile stesso del pensiero e del comportamento, anche ai più alti livelli, è affermato e codificato secondo modalità ed espressioni che sono il più delle volte di basso profilo».

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ToscanaOggi (11/4/2004) • Dentro la Bibbia. Ravasi… (d3)

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•  Sarà possibile assistere ad un riavvicinamento, ad un dialogo con le componenti della società?

«Se penso a quanto avviene nel mondo dell’arte, per esempio al grande interesse che oggi suscita l’architettura sacra nei grandi artisti contemporanei, credo di poter affermare che questo riavvicinamento non solo è possibile, ma sta già avvenendo se pur lentamente. Tutto ciò presuppone dei passi sia da parte della comunità ecclesiale, sia da parte degli artisti. C’è, comunque, da sperare che, pur con declinazioni e modalità nuove, si possa ancora intessere un dialogo».

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ToscanaOggi (11/4/2004) • Dentro la Bibbia. Ravasi… (d2)

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•  Eppure questa stessa parola, povera e debole, è stata il grande codice della nostra cultura.

«È stata l’alfabeto colorato della speranza nella quale i pittori hanno intinto il loro pennello per secoli. La Parola è diventata sorgente di cultura o, come diceva Paul Claudel, il nostro comune vocabolario. Nella Bibbia infatti ritroviamo lo splendore della fede, dell’arte e della cultura occidentale. Purtroppo, a partire dal secolo scorso, o poco prima, si sono consumati un divorzio e una divaricazione, che però (è necessario riconoscerlo) non hanno favorito nell’arte possibilità espressive più alte».

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ToscanaOggi (11/4/2004) • Dentro la Bibbia. Ravasi… (d1)

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•  Ma la parola è un elemento così fragile…

«Ecco il grande paradosso: Dio, infinito ed eterno, si adatta e penetra in questa realtà che è così fragile, sospesa, inconsistente. Ma ecco pure la grande intuizione: dov’è Dio? Nella folgore? Nel terremoto? Nel vento impetuoso? Dio è nel mormorio di un vento leggero o, traducendo più esattamente, Dio è una voce di silenzio sottile. Non un silenzio che è triste assenza di suoni, ma un silenzio in cui tutte le parole si compendiano».

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ToscanaOggi (11/4/2004) • Dentro la Bibbia. Ravasi… (a1)

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«La Bibbia è la celebrazione per eccellenza della Parola, della Parola in tutta la sua energia, in tutta la sua potenza. Dio si rivela nella Parola, una Parola efficace, luminosa, che rompe e lacera il nulla, la tenebra del non essere». Ecco quello che la Bibbia dovrebbe rappresentare per ciascun cristiano a parere del noto biblista Gianfranco Ravasi, che aggiunge: «La Bibbia conserva ancora oggi tutta la sua attualità perché è un libro per sua natura dotato di una fragranza, di una freschezza, di uno splendore straordinari».

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ToscanaOggi (11/4/2004) • Dentro la Bibbia. Ravasi… (0)

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Dentro la Bibbia. Ravasi: «Dio è una voce di silenzio sottile»


«La Bibbia è la celebrazione per eccellenza della Parola, della Parola in tutta la sua energia, in tutta la sua potenza. Dio si rivela nella Parola, una Parola efficace, luminosa, che rompe e lacera il nulla, la tenebra del non essere». Ecco quello che la Bibbia dovrebbe rappresentare per ciascun cristiano a parere del noto biblista Gianfranco Ravasi, che aggiunge: «La Bibbia conserva ancora oggi tutta la sua attualità perché è un libro per sua natura dotato di una fragranza, di una freschezza, di uno splendore straordinari». In questa intervista ci parla dell’attualità della Bibbia e delle tesi di Mario Liverani nel discusso volume «Oltre la Bibbia. Storia antica di Israele».

di Benito Chiarabolli  
ToscanaOggi — al n. 15 dell’11 aprile 2004

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l’Espresso (15/2/1976) • Questi due mi danno l’angoscia (7)

  •  R o s s e t t i  (1 9 7 6)  •  ‹e s p u l s i o n e  d i  F a g i o l i  e  A r m a n d o  d a l l a  S P I›  •

Il gruppo contrario all’espulsione ha comunque preparato un documento che ha già raccolto molte adesioni in tutta Italia. Nel documento, stilato per iniziativa di Elvio Fachinelli e Diego Napolitani, si afferma che «le opinioni e le azioni contestate ad Armando e Fagioli non rappresentano una particolare bizzarria della mente dei due espulsi ma si inseriscono nel processo di ricerca teorico pratico che è comune, in molti paesi, a numerosi psicanalisti… Ma queste considerazioni sono state sacrificate a un rigido procedimento giudiziale di condanna. Per questo motivo i dissenzienti si costituiscono in un gruppo di iniziativa che, lasciando a ciascuno dei suoi membri la più completa autonomia sia dentro che fuori le società psicanalitiche esistenti, provveda ad organizzare le condizioni per un reale lavoro di ricerca e di discussione».
Serena Rossetti

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l’Espresso (15/2/1976) • Questi due mi danno l’angoscia (5-6)

  •  R o s s e t t i  (1 9 7 6)  •  ‹e s p u l s i o n e  d i  F a g i o l i  e  A r m a n d o  d a l l a  S P I›  •

Ma l’arco del dissenso all’interno della Società di psicoanalisi è più ampio e articolato, varie sono le tendenze e le esperienze: dal gruppo dell’Erba voglio e di Elvio Fachinelli a quello di Diego Napolitani a Milano, dal gruppo detto “del giovedì”, costituitosi intorno agli altri autori di “Il potere della psicanalisi”, a quello di Paolo Perrotti che opera al centro Lo spazio e pubblica la rivista “Il quadrangolo”.

Non tutti costoro apprezzano fino in fondo la condotta di Armando e Fagioli. «Accusano la Spi di operare una selezione», dicono di Fagioli e Armando alcuni colleghi dissenzienti come loro, «ma sono i primi a discriminare quando si tratta della collana Documenti di psicoanalisi dell’editore Armando che gestiscono: quello non è potere!».

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l’Espresso (15/2/1976) • Questi due mi danno l’angoscia (3-4)

  •  R o s s e t t i  (1 9 7 6)  •  ‹e s p u l s i o n e  d i  F a g i o l i  e  A r m a n d o  d a l l a  S P I›  •

«Il vero motivo della nostra espulsione», dice Massimo Fagioli, «è il discorso teorico che portiamo avanti da anni. È il discorso del fallimento di Freud, la sua mancata scoperta della pulsione di annullamento, il suo rifiuto di analizzare l’istinto di morte. Questo rifiuto fa sì che gli analisti della Spi diventino a loro volta prede ed esecutori di quello stesso istinto di morte che in loro è rimasto allo stato inconscio. Queste cose Freud non le ha mai capite e la Spi con lui».

Dice Cesare Musatti che era contrario all’espulsione: «Io non li avrei espulsi perché una società psicanalitica che espelle fa ridere. Le loro opere meritavano di essere prese in considerazione come qualsiasi altra cosa. Ma i colleghi sono stati di diverso avviso perché non vogliono più avere degli scocciatori tra di loro». Scocciatori? «Sì, sono due rompiscatole, ma soprattutto sono stati scorretti nei confronti dei colleghi». In che modo? «Interferendo in maniera indelicata e critica nel rapporto tra i colleghi e i loro pazienti». Ma gli espulsi lamentano anche la totale mancanza di spazio dato al dissenso nell’interno della Società. «La condizione perché si potesse discutere è l’accettazione delle norme di convivenza all’interno della Società e loro le hanno non dico violate, ma scarsamente rispettate».

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l’Espresso (15/2/1976) • Questi due mi danno l’angoscia (1-2)

  •  R o s s e t t i  (1 9 7 6)  •  ‹e s p u l s i o n e  d i  F a g i o l i  e  A r m a n d o  d a l l a  S P I›  •

Firenze. La settimana scorsa gli iscritti alla Società psicanalitica italiana, riuniti in assemblea a Firenze, hanno deciso a stragrande maggioranza (più di due terzi) di espellere due soci. Uno è Massimo Fagioli (autore di “Istinto di morte e conoscenza”, “La marionetta e il burattino”, “Psicoanalisi della nascita e castrazione umana”).

L’altro è Antonello Armando (autore di “Mito e realtà del ritorno a Freud” e “Per una psicanalisi politica”). Imputazione, per entrambi: essere autori, insieme con altri, del libro “Il potere della psicanalisi” che mette sotto accusa la struttura gerarchica e di potere della Spi, contesta il metodo di formazione degli analisti e contiene la prima denuncia, corredata di documenti, delle resistenze opposte dalla Società ad ogni tentativo di riforma. I principali accusatori dei due eretici sono stati Franco Fornari, presidente della Società, e Eugenio Gaddini, vicepresidente, che ha parlato nella sua requisitoria di «oltraggio all’istituzione»; i più appassionati difensori: Giorgio Sassanelli e Fausto Ciolfi.

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l’Espresso (15/2/1976) • Questi due mi danno l’angoscia (0)

  •  R o s s e t t i  (1 9 7 6)  •  ‹e s p u l s i o n e  d i  F a g i o l i  e  A r m a n d o  d a l l a  S P I›  •

Questi due mi danno l’angoscia


Psicanalisti

La Società italiana di psicoanalisi ha espulso due suoi soci. Motivazione: oltraggio all’istituzione

di Serena Rossetti
l’Espresso — 15/2/1976 (lunedì 15 febbraio 1976)

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Repubblica (5/1/2004) • Dove sbaglia la bibbia (e1-2)

  •  P o l i t i  (2 0 0 4)  •  ‹i n t e r v i s t a  c o n  M a r i o  L i v e r a n i›  •

Mario Liverani confida che voleva intitolare il suo libro “Morte e nascita di una nazione”. Per esprimere che la morte dei regni di Giuda e Samaria, dopo l’annientamento da parte di Assiri e Babilonesi, ha dato vita a una realtà molto più grande. La crisi nazionale apre la strada ad una nuova filosofia della storia e a un nuovo concetto di Dio. Nel crogiolo dell’Esilio babilonese e nel ritorno nasce veramente il grande fatto storico del Monoteismo.

«Il monoteismo non è semplicemente un’unificazione delle funzioni svolte dagli dei preesistenti, è un punto di vista radicalmente diverso. Una svolta. Al posto della religione cerimoniale subentra la religione etica. Dio è buono e giusto e il fedele in rapporto personale con Dio è impegnato ad un comportamento che sarà giudicato non per i suoi atti di culto ma per la bontà e la giustizia che avrà esercitato. In questa dimensione cresce anche la dignità individuale. Il vero Israele — conclude Liverani — nasce a Babilonia». Ed è una storia che segnerà il mondo.
MARCO POLITI

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Repubblica (5/1/2004) • Dove sbaglia la bibbia (d10-11)

  •  P o l i t i  (2 0 0 4)  •  ‹i n t e r v i s t a  c o n  M a r i o  L i v e r a n i›  •

•  Al processo di formazione di un popolo, sembra di capire, professor Liverani, che si accompagna il processo di formazione di “Dio”.

«Il monoteismo è un punto di arrivo. Yahweh è di probabile origine meridionale e ha una lunga storia prima di diventare Dio nazionale, Dio statale e infine Dio unico. I figli di Davide, per fare un esempio, hanno dei nomi che si richiamano ad altri dei. Solo nel IX secolo avanti Cristo appaiono tra i re di Giuda e di Samaria nomi stabilmente yahwisti come Yosafat a Giuda o Yehoram e Yehu a Samaria. È interessante che in un frammento di intonaco in una fortezza del Sinai, a Kuntillet ‘Ajrud, si sia trovata nell’VIII secolo a.C. un’iscrizione che recita “ti benedico per Yahweh di Teman e per la sua Asherah”. Lo stesso in un’altra località dove Yahweh è associato “alla sua Asherah” per aver salvato un certo Uriyahu dai suoi nemici».


•  Asherah è una dea cananea. E sarebbe la compagna della divinità degli Israeliti?

«La paredra, come dicono gli studiosi. Alcuni ne deducono che in questa iscrizione la dea Asherah è la paredra di Yahweh, altri dicono che l’espressione debba intendersi come Palo Sacro. In ogni caso assistiamo a un intreccio di culti».

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Repubblica (5/1/2004) • Dove sbaglia la bibbia (d7-9)

  •  P o l i t i  (2 0 0 4)  •  ‹i n t e r v i s t a  c o n  M a r i o  L i v e r a n i›  •

•  Che cosa si sa del Tempio, di cui la Bibbia ci illustra minuziosamente i dettagli?

«Non lo sapremo mai esattamente, perché i suoi resti stanno incapsulati nel basamento del Secondo Tempio, che a Gerusalemme fa da piattaforma alla Moschea della Roccia».


•  Doveva essere grandissimo.

«Non credo. Ritengo fosse un edificio modesto poiché nello stesso secolo i templi in Siria sono piuttosto piccoli».


•  Grande quanto?

«Forse come San Lorenzo in Lucina a Roma. Quanto leggiamo sul tempio di Salomone più che la descrizione di un edificio reale è il progetto di costruzione del Secondo Tempio come se lo immaginano coloro che ritornano dall’Esilio babilonese».

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Repubblica (5/1/2004) • Dove sbaglia la bibbia (d5-6)

  •  P o l i t i  (2 0 0 4)  •  ‹i n t e r v i s t a  c o n  M a r i o  L i v e r a n i›  •

•  Una volta insediatesi nella terra di Canaan e dopo il periodo dei Giudici, le dodici tribù d’Israele danno vita a un regno che con Salomone assurge a grande splendore. Così dice il racconto e lei invece nega che sia così?

«Già il numero di dodici è artificioso, i nomi ogni tanto variano e certamente la realtà tribale dev’essere stata molto fluida. Ma Salomone è il vero punto cruciale del dibattito attuale fra gli studiosi. Ci sono studiosi che negano persino il Regno Unificato. Certamente di Salomone non si trova conferma nelle epigrafi o in fonti estere. Di Davide, indirettamente sì. C’è un’iscrizione siriana rinvenuta a Tel Dan che cita la “casa di Davide”. Ma di Salomone non c’è traccia e i resti di edifici che in passato l’archeologia biblica attribuiva a lui — le porte e le celebri stalle a Megido, Gezer e Hazor — vengono ora assegnate a un’epoca più tarda, quando in Samaria regnava la dinastia di Omri. Non appare plausibile che una capitale di pochi ettari e povera com’era Gerusalemme in quel tempo possa aver dominato città molto importanti al nord».


•  Tuttavia Salomone non è celebrato come grande costruttore?

«Questo non fa che rendere ancora più incomprensibile la sua invisibilità edilizia».

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Repubblica (5/1/2004) • Dove sbaglia la bibbia (d3-4)

  •  P o l i t i  (2 0 0 4)  •  ‹i n t e r v i s t a  c o n  M a r i o  L i v e r a n i›  •

•  Le città sono quelle dei Cananei?

«Sì. E le popolazioni che noi possiamo chiamare proto-israelitiche si insediano negli altipiani intorno a Shechem e Shiloh prevalentemente in zone disabitate o rimaste prive di insediamenti stabili da secoli. Non è una sostituzione ai Cananei. Più che una conquista è una colonizzazione di terre nuove. In ogni caso, assistiamo ad una accelerazione nell’arco di quattro generazioni».


•  L’infiltrazione avviene più o meno alla stessa epoca dell’arrivo dei Filistei?

«I Filistei sono élite militari immigrate dall’esterno. Il loro destino, per certi aspetti, è parallelo a quello degli Israeliti. Occuperanno le loro ricche e vivaci città costiere fino all’invasione da parte degli Assiri e dei Babilonesi. Nello stesso arco di tempo in cui saranno cancellati i regni di Giuda e di Samaria, in confronto più poveri».

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Repubblica (5/1/2004) • Dove sbaglia la bibbia (d2)

  •  P o l i t i  (2 0 0 4)  •  ‹i n t e r v i s t a  c o n  M a r i o  L i v e r a n i›  •

•  Che cosa è avvenuto allora in quella terra, che diverrà in seguito crocevia delle religioni mondiali?

«Ecco, ai suoi inizi il quadro è del tutto diverso. Nel passaggio dalla fine dell’Età del Bronzo all’Età del Ferro, quindi tra il XIII e il X secolo avanti Cristo, la Palestina è uno snodo debole tra l’Egitto e la Mesopotamia, tra il Mediterraneo e la Penisola arabica. è un mosaico mobile con movimenti di genti, fluttuazioni demografiche, abbandoni di terre e rioccupazioni. Anche geograficamente è un territorio molto articolato con colline, poche valli, montagne, deserto e pre-deserto. Una regione in cui pastori seminomadi vengono a incontrarsi e scontrarsi con città e mondi agricoli».

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Repubblica (5/1/2004) • Dove sbaglia la bibbia (d1)

  •  P o l i t i  (2 0 0 4)  •  ‹i n t e r v i s t a  c o n  M a r i o  L i v e r a n i›  •

•  Dunque Gerico non fu conquistata da Giosuè, professor Liverani?

«L’evento narrato in quei termini non è mai avvenuto, è leggenda. Al tempo in cui sarebbe arrivato Giosuè la città era già in rovina da quattro, cinque secoli, abbandonata dall’epoca del Bronzo Antico. Lo stesso vale per l’episodio della conquista di Ai, una città che nel nome stesso significa già “rudere, rovina”. L’idea in sé della presa della Terra Promessa come evento in cui un popolo conquistatore caccia ed elimina i precedenti abitanti è una descrizione ideologica, non suffragata dai fatti. Anzi si può fare un elenco di popoli-fantasma distrutti secondo la Bibbia nella guerra santa di Giosuè ma anacronistici per l’Età del Ferro, cioè l’epoca della presunta conquista. Mentre invece i popoli reali, i Filistei, i Cananei, i Fenici, gli Edomiti, i Moabiti e gli Ammoniti rimasero bene al loro posto».

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Repubblica (5/1/2004) • Dove sbaglia la bibbia (a1)

  •  P o l i t i  (2 0 0 4)  •  ‹i n t e r v i s t a  c o n  M a r i o  L i v e r a n i›  •

ROMA — Gerico non è crollata al suono delle trombe di Giosuè, la conquista della Terra Promessa non è mai avvenuta così come narrato, Salomone non aveva un grande regno e forse il Dio del Sinai un tempo aveva anche una compagna. L’ultimo libro di Mario Liverani, docente di Storia del vicino oriente antico all’università romana della Sapienza, è fatto per provocare una scossa a quanti si sono nutriti per decenni di quel filone che nel dopoguerra fu trionfalmente inaugurato da un best-seller trascinante come ‹La Bibbia aveva ragione› di Werner Keller. Libro pieno di fascino perché fra resoconti archeologici, dati scientifici e illustrazioni faceva rivivere “nella realtà” i racconti della Bibbia. Ed era emozionante scoprire che esisteva davvero la “manna” caduta dal cielo per ristorare gli ebrei di Mosè in marcia nel deserto o che il regno di Salomone aveva lasciato le sue tracce in rovine poche ma imponenti. Quelle pagine erano il bagliore dell’Archeologia Biblica. «Concetto inaccettabile, anche se da alcuni ancora praticato — dice oggi il professor Liverani — perché basato prevalentemente sul desiderio di trovare conferma o sconfessione di episodi, località, eventi narrati dalla Bibbia». Da qualche decennio la via imboccata da parecchi studiosi è diversa. Si tratta di affrontare la ricerca di quell’area, che gli archeologi politically correct chiamano “Levante meridionale”, guardando concretamente ai processi storici e considerando i testi biblici parte della storia e non baricentro. ‹Oltre la Bibbia. Storia antica di Israele› (Laterza, pagg. 526, euro 24) di Mario Liverani rappresenta in questo senso la sintesi affascinante di lavori in corso da decenni tra gli archeologi israeliani e non. Ed è sintomatico che il libro sia diviso in due parti. “Una storia normale” recita la prima, “Una storia inventata” si intitola la seconda.

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Repubblica (5/1/2004) • Dove sbaglia la bibbia (0)

  •  P o l i t i  (2 0 0 4)  •  ‹i n t e r v i s t a  c o n  M a r i o  L i v e r a n i›  •

Dove sbaglia la bibbia


di Marco Politi
Repubblica - Archivio — 05/01/2004

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LibriOggi (giugno 1978) • Risponde Massimo Fagioli (d3·r2-4)

  •  L i b r i O g g i  (1 9 7 8)  •  ‹i n t e r v i s t a  c o n  M a s s i m o  F a g i o l i›  •

Far emergere l’inconscio in una situazione collettiva di centinaia di persone avrebbe dovuto portare alla catastrofe, all’orgia, alla fine del mondo in una furia incontrollata di cannibalismo e di violenza: cosa che, a distanza di ormai tre anni, non risulta. E non risulta in quanto teoria e metodo scientifici reali, coerenti, radicali (cfr. Marx: una teoria perché si riporti alla massa deve essere radicale, e radicale vuoi dire prendere le cose alla radice — cito a memoria quindi la dizione non è letterale) riportati alla massa trovano il loro rapporto (inconscio!) con quella dimensione di Io interno, non astratto, con l’Io che deriva dal rapporto materiale del feto con il liquido amniotico.

È qui che le verbalizzazioni, le immagini, le pulsioni inconscie verificano continuamente la più grande e tragica panzana freudiana del narcisismo umano. Anche nella violenza maggiore dell’annullamento di alcuni può essere scoperta e interpretata la dimensione di rapporto per annullamento della realtà collettiva dì lavoro comune, cioè il rapporto violento come rapporto astratto, risultato di fare di ciò che è presente, reale, dinamico e vivo qualcosa che non è, non è reale, dinamico e vivo, ma irreale, fantastico, inesistente.

Questo rapporto concreto, materiale, senza ruoli e dimensioni istituzionali, presuppone una dimensione non pazza degli uomini, dimensione che sta appunto nella materialità del rapporto stesso (200 persone in una piccola stanza costituiscono la base per il cannibalismo secondo una psicologia sperimentale riferita però… ai sorci!) smentendo, nei fatti oltreché nella teoria, l’ideologia freudiana secondo la quale l’essere umano può essere sociale soltanto nella repressione, nell’istituzione, nella religione, nel dominio dell’istinto di morte.

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LibriOggi (giugno 1978) • Risponde Massimo Fagioli (d3-r1)

  •  L i b r i O g g i  (1 9 7 8)  •  ‹i n t e r v i s t a  c o n  M a s s i m o  F a g i o l i›  •

Passando ora al piano della pratica analitica, quali implicazioni ha su questo terreno la sua teoria, e in particolare quali motivazioni e obiettivi stanno alla base del metodo della psicanalisi collettiva?

La psicoanalisi collettiva è psicoanalisi come cura specifica proprio perché rifiuta, nelle sue basi teoriche e metodologiche il freudismo. Rifiuta che l’essere umano sia originariamente e fondamentalmente pazzo, rifiuta che l’inconscio perverso sia l’unica realtà dell’inconscio umano. Afferma, nel suo stesso essere fatto concreto, che l’inconscio perverso è determinato da rapporti interumani perversi e violenti e da società in cui la ragione astratta lascia all’uomo soltanto la furbizia e la masturbazione. Rifiuta che l’inconscio sia soltanto un mondo di micro e macromostri da controllare e possibilmente da annullare nel setting privato in cui la microistituzione delirante del ruolo dell’analista ha la funzione della divinità annullante. Afferma che allorché esista e venga proposta la scoperta dell’io originario interno e inconscio come disposizione naturale al rapporto (cfr. Marx: l’uomo è per sua natura essere sociale), allorché esista una conoscenza, un sapere concreto come dinamica di prassi di rapporto interumano, come risposta e non come concetto astratto, è possibile e reale una cura psichica di massa, che diventa lavoro collettivo di emancipazione dall’ignoranza, dalla confusione, dai rapporti privati parziali e sadomasochisti, liberazione dal dominio dei più astratti, dei più forti, dei più violenti.

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LibriOggi (giugno 1978) • Risponde Massimo Fagioli (d2·r5-6)

  •  L i b r i O g g i  (1 9 7 8)  •  ‹i n t e r v i s t a  c o n  M a s s i m o  F a g i o l i›  •

Un problema, nella storia del socialismo, è che delle tre note alienazioni: la religiosa, la sociopolitica, la economica (mi permetto un rapido e approssimativo nesso con le tre «streghe» che fanno la pazzia umana: annullamento, invidia e bramosia), la terza, pur fondamentale, ha lasciato in ombra le altre due e particolarmente la prima. La possibilità di una psicoanalisi reale si fonda invece sulla lotta contro tutte e tre e, come si usa dire, nello specifico, particolarmente sulla prima, nel senso che si tratta di scoprire la religiosità, il feticismo che è nei rapporti interumani quotidiani, nell’adorazione dei ruoli che gli uomini assumono annullando e negando la propria identità reale e concreta. Si tratta di scoprire che, nella norma, domina l’astratto, il modo di essere in rapporto per indifferenza e negazione e per controllo della mente.

Un altro nesso fondamentale con la metodologia marxiana sta nella proposizione della trasformazione (i filosofi hanno in vario modo interpretato il mondo, ora si tratta di trasformarlo, ecc.) totalmente assente in Freud. Metodologia che impone la prassi di confronto con la situazione attuale, l’altro, gli altri, la continua ricerca, scoperta, conoscenza e verbalizzazione di essa, il rifiuto che non è negatività (annullamento e negazione aprioristica, astratta, totalitaria e totalizzante) ma prassi positiva di rifiuto, cambiamento concreto e specifico, basata sulla conoscenza del negativo-disumano.

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LibriOggi (giugno 1978) • Risponde Massimo Fagioli (d2·r3-4)

  •  L i b r i O g g i  (1 9 7 8)  •  ‹i n t e r v i s t a  c o n  M a s s i m o  F a g i o l i›  •

La codificazione scientifica del pensiero negativo non può ignorare la scoperta della fantasia di sparizione come prima e fondamentale dimensione negativa di rapporto dell’uomo con la realtà. Il pensiero negativo, che è poi prassi negativa, trova la sua prima fonte nella creazione dell’astratto, del nulla, di Dio, da parte dell’uomo stesso; da parte di una pulsione umana che messa fuori dell’uomo è momento di immobilità e di paralisi nella storia umana, momento di coazione a ripetere. La stessa pulsione riportata dal cielo alla terra, dallo spirituale astratto alla materialità umana, riconquistata dall’uomo dalla alienazione cui è sempre andata incontro, fa il cambiamento, la trasformazione, il progresso, la stessa creatività umana. Riportata cioè dall’alienazione esterna, in cui fa di ciò che è ciò che non è (ovvero annulla) alla realtà materiale essa fa di ciò che non è ciò che è (ovvero crea).

Si sa che Marx non ha mai fatto studi sulla dimensione psichica umana, men che meno sull’inconscio, ma è interessante che le formulazioni coscienti di Marx e l’impostazione metodologica siano di tutta attinenza con il lavoro di psicoanalisi, contrariamente ai discorsi freudiani che non sono di nessuna attinenza con il lavoro psicoanalitico.

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LibriOggi (giugno 1978) • Risponde Massimo Fagioli (d2-r2)

  •  L i b r i O g g i  (1 9 7 8)  •  ‹i n t e r v i s t a  c o n  M a s s i m o  F a g i o l i›  •

Lei ha accennato, contro Freud, alla necessità di pensare l’uomo in quanto inserito in una «realtà materiale di rapporto»: mi pare che in questo cenno si possa leggere un rimando implicito al materialismo storico, a Marx; ora, al di là del vecchio dibattito sui rapporti tra marxismo e psicanalisi, c’è un nesso, ed eventualmente quale, tra il suo discorso e Marx, in particolare il Marx teorico della reificazione dei rapporti sociali?

Di fronte allo svilupparsi di una possibilità di lavoro psicoanalitico reale, la ricerca di un nesso con quanto è accaduto in passato è di estremo interesse. Non ho dubbi sul fatto che tale ricerca vada puntualizzata sulla dialettica emersa sul finire della prima metà dell’800 tra Hegel-Feuerbach-Marx. La rivolta contro l’idealismo e la dialettica della negatività, intesa da Hegel come unica verità umana e storica, non fu rapportata, allora, alle dimensioni più profonde e inconscie dell’uomo nel suo rapporto con la realtà.

La proposizione per la quale non esiste la storia e la società ma esistono uomini che fanno la storia e la società obbliga alla conoscenza di questi uomini che fanno questa storia e costruiscono questa società. A sua volta la conoscenza di questi uomini concreti non può ignorare la realtà psichica di essi né tampoco la realtà inconscia. Sarebbe, appunto da pazzi, dire che conosciamo la realtà umana perché conosciamo il corpo umano e il suo funzionamento fisiologico o, ai limiti, perché abbiamo un certo qual orientamento sul pensiero cosciente.

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LibriOggi (giugno 1978) • Risponde Massimo Fagioli (d1·r8-9)

  •  L i b r i O g g i  (1 9 7 8)  •  ‹i n t e r v i s t a  c o n  M a s s i m o  F a g i o l i›  •

Mi sembra evidente come sia assurdo ritenere che si possa costruire un discorso psicoanalitico ignorando l’aggressività umana che, in termini analitici, non può essere neppure limitata alla considerazione del sadismo, della rabbia, della distruzione materiale di uomini e cose. Questa la grande scoperta di Freud dopo più di vent’anni di psicoanalisi, il sadismo! La scoperta di quanto gli uomini sanno da quando sono sulla faccia della terra!

L’aggressività umana, proprio perché umana e non animale, comprende due dimensioni più latenti, aldilà del sadismo, che sono appunto le pulsioni di annullamento e di negazione. La distruzione della mente umana fa capo, in primo luogo, a queste due pulsioni, e quindi un metodo analitico deve partire dalla scoperta e dall’analisi di esse in tutte le varie dinamiche con le quali si presentano nei rapporti interumani e nella cultura dominante. Freud? Non le ha non solo pensate ma neppure supposte o ipotizzate.

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LibriOggi (giugno 1978) • Risponde Massimo Fagioli (d1·r6-7)

  •  L i b r i O g g i  (1 9 7 8)  •  ‹i n t e r v i s t a  c o n  M a s s i m o  F a g i o l i›  •

Ho detto «tenta un discorso» perché, per l’ennesima volta, il fallimento ignominioso si rivela nella riduzione dell’enorme e fondamentale tema dell’istinto di morte ad una chiacchierata sull’anabolismo e catabolismo (cfr. ‹Al di là del principio del piacere›). Ennesimo fallimento: il primo fu ne ‹L’interpretazione dei sogni›: i sogni sono desideri (scusatemi, sembra la canzonetta di Cenerentola!); e la pulsione? Il secondo nei ‹Tre saggi sulla teoria della sessualità›: il bambino polimorfo perverso. Fallimento nel caso Schreber: la pulsione omosessuale. Non esiste una pulsione omosessuale; esistono pulsioni di annullamento e di invidia (cosiddette omosessuali) e pulsioni di investimento sessuale. Fallimento nell’uomo dei lupi: il desiderio cieco. Fallimento nella ‹Introduzione al narcisismo›, ne ‹La negazione› (cfr. ‹Il NO e il SI› di R. Spitz, Armando, Roma, 1975), ne ‹Il problema economico del masochismo› nel ‹Disagio della civiltà›, in ‹Analisi terminabile e interminabile›.

Forse le citazioni sono sufficienti! Comprendono tutto l’arco di tempo che va dal 1896 al 1937.

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LibriOggi (giugno 1978) • Risponde Massimo Fagioli (d1·r3-5)

  •  L i b r i O g g i  (1 9 7 8)  •  ‹i n t e r v i s t a  c o n  M a s s i m o  F a g i o l i›  •

La ragione di questa colossale montatura che sta nell’esaltazione di Freud, ancora in piena fioritura, per cui non ci si è accorti o non ci si vuole accorgere del suo totale fallimento e della sua stupidità?

Al di là di ragioni storiche, politiche, sociali, religiose, un motivo fondamentale è nella predominanza del pensiero negativo della società borghese, nel dominio della ragione astratta. Essa ragione astratta, ovvero il modo di essere neutrale nella ricerca scientifica, non permette nessuna scoperta sulla realtà psichica umana in quanto la ragione astratta poggia i suoi fondamenti ed è sostenuta proprio da quelle pulsioni di annullamento che si debbono scoprire, affrontare e risolvere prima di poter avere quelle possibilità di conoscenza che permettono dì fare psicoanalisi. Non aver risolto le pulsioni di annullamento lascia nell’uomo una sostanziale indifferenza nei riguardi della realtà psichica degli altri uomini, ovvero una sostanziale stupidità e ignoranza.

Se si rileva il fatto elementare che Freud tenta una ricerca sulla aggressività umana soltanto dopo il 1920 (ci voleva la prima guerra mondiale, sic!) si può comprendere come le mie affermazioni iniziali sulla totale mancanza di metodo e di un minimo di coerenza siano assolutamente esatte.

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LibriOggi (giugno 1978) • Risponde Massimo Fagioli (d1·r2)

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Oltreché dire che Freud non ha mai fatto un discorso sistematico sulla realtà psichica umana e che non ha nessun metodo di ricerca, avendo fatto sempre discorsi frammentari e quindi sempre errati su singoli e parziali argomenti di psicologia, si può affermare la abissale stupidità e ignoranza freudiana allorché si scopra (sembra paradossale!) che Freud non conosce i termini elementari della realtà psichica. Infatti: Freud non conosce la realtà (né tampoco, ovviamente, le dinamiche) dell’istinto di morte-fantasia di sparizione-indifferenza, di rabbia-bramosia-introiezione, di odio-invidia-negazione, di desiderio-sviluppo, di recettività-creatività, di investimento sessuale-ricerca-conoscenza-cura. Conseguentemente non conosce il come si sviluppino in senso progressivo e regressivo tali dinamiche del rapporto interumano. Il freudismo non ha mai potuto fare un discorso organico e coerente sulla realtà psichica umana per una ragione che, una volta scoperta, è semplicissima: per Freud l’uomo è, per sua natura, narcisista, cioè senza rapporto, cioè non ha nessuna derivazione da una realtà materiale di rapporto, l’uomo nascerebbe creta come Adamo. Conseguenza ovvia: l’originalità del pensiero di Freud è l’originalità della Bibbia!!

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LibriOggi (giugno 1978) • Risponde Massimo Fagioli (d1-r1)

  •  L i b r i O g g i  (1 9 7 8)  •  ‹i n t e r v i s t a  c o n  M a s s i m o  F a g i o l i›  •

In una fase come questa, in cui il dibattito sulla psicanalisi in Italia va registrando una notevole vivacità e articolazione di posizioni, la novità e la radicalità della sua critica a Freud hanno suscitato particolare scalpore, non solo negli ambienti specialistici. Ci può indicare i punti essenziali di questa sua critica?

La critica a Freud che, più che critica è rifiuto radicale, è il risultato di una prassi e una ricerca ormai ventennale. L’impossibilità, ovvia, di una dimostrazione sistematica in questo breve spazio mi obbliga a dichiarazioni essenziali che però, allorché si voglia verificare nei testi freudiani, sono dimostrabilissime.

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LibriOggi (giugno 1978) • Risponde Massimo Fagioli (0)

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Risponde Massimo Fagioli


LIBRIOGGI — 1/6/1978, pag. 16.

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Origin of Species… • Introduction (9)

  •  D a r w i n  (1 8 5 9,  1 8 7 2⁶)  •  I n t r o d u c t i o n  •  √it

No one ought to feel surprise at much remaining as yet unexplained in regard to the origin of species and varieties, if he make due allowance for our profound ignorance in regard to the mutual relations of the many beings which live around us. Who can explain why one species ranges widely and is very numerous, and why another allied species has a narrow range and is rare? Yet these relations are of the highest importance, for they determine the present welfare, and, as I believe, the future success and modification of every inhabitant of this world. Still less do we know of the mutual relations of the innumerable inhabitants of the world during the many past geological epochs in its history. Although much remains obscure, and will long remain obscure, I can entertain no doubt, after the most deliberate study and dispassionate judgment of which I am capable, that the view which most naturalists until recently entertained, and which I formerly entertained namely, that each species has been independently created — is erroneous. I am fully convinced that species are not immutable; but that those belonging to what are called the same genera are lineal descendants of some other and generally extinct species, in the same manner as the acknowledged varieties of any one species are the descendants of that species. Furthermore, I am convinced that Natural Selection has been the most important, but not the exclusive, means of modification.

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[]  C h.  D a r w i n,  ‹T h e  O r i g i n  o f  S p e c i e s›,  J o h n  M u r r a y,  1 8 7 2⁶.
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