L’argomento merita di essere discusso a lungo, ma parlerò qui di un solo caso, quello delle formiche operaie o formiche sterili. Come le operaie sono state rese sterili, è difficile dire; ma non molto più difficile che spiegare qualsiasi altra stupefacente modificazione di struttura; poiché si può dimostrare che certi insetti e altri animali articolati diventano occasionalmente sterili allo stato di natura; e se tali insetti fossero stati sociali, e fosse stato vantaggioso, per la comunità, che nascesse annualmente un certo numero di individui atti al lavoro ma incapaci di procreazione, non vedo particolare difficoltà ad ammettere che ciò sia avvenuto attraverso la selezione naturale. Devo tuttavia lasciare da parte questa difficoltà preliminare. La grande difficoltà sta soprattutto nelle profonde differenze di struttura tra operaie da un lato, maschi e femmine fertili dall’altro, così nella forma del torace, nella mancanza di ali — e talvolta di occhi, nelle operaie — e nell’istinto. Per quanto riguarda il solo istinto, la spettacolosa differenza sotto questo aspetto tra le operaie e le femmine perfette sarebbe stata meglio esemplificata dalle api. Se una formica operaia o un altro insetto neutro fossero animali comuni, ammetterei senza esitare che tutti i suoi caratteri sono stati lentamente acquisiti attraverso la selezione naturale, che avrebbe agito in individui nati con lievi modificazioni vantaggiose, ereditate dalla discendenza; e che queste nuovamente variarono e nuovamente vennero selezionate, e così di seguito. Ma nella formica operaia abbiamo un insetto grandemente differente dai suoi progenitori eppure assolutamente sterile; cosicché non avrebbe mai potuto trasmettere alla progenie le modificazioni, gradualmente acquisite, di struttura o d’istinto. Ci si può dunque giustamente domandare come si può conciliare questo caso con la teoria della selezione naturale.
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[] C h. D a r w i n, ‹L’ o r i g i n e d e l l e s p e c i e›, B o l l a t i B o r i n g h i e r i, 2 0 1 5.
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